Figlio della luna (Terminata)
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Figlio della luna (Terminata)
introduzione
Sono infermiera privata e mi occupo, per lo più, di assistenza a pazienti facoltosi che si rivolgono alla clinica che mi ha assunta 20 anni fa, e sono a disposizione di parenti che chiedono personale che si dedichi esclusivamente alle cure del loro congiunto ricoverato. Il mio nome è Abigail Coretti, sono nata negli U.S.A. ma sono di origini italiane e sono ‘nurse di notte’.
Voglio raccontarvi la storia di un’amicizia, molto particolare…eh si, perché questo non è un semplice legame affettivo, come ce ne sono tanti, è qualcosa di più, di solido, che va oltre i confini dell’orgoglio, dell’interesse, dell’egoismo e persino della morte. E’ vero amore. Il racconto di un sentimento profondo che mi ha insegnato ad apprezzare ancora di più, quei valori autentici che, nella società attuale, vengono troppo spesso relegati in un angolo, come fossero solo polvere che non vale nemmeno la pena di raccogliere. Mi ha insegnato molto in sole quattro notti, questa esperienza, arricchendomi di un bene prezioso e per questo ho pensato di condividerla con voi. Io ve la ‘passo’, così come mi è ‘arrivata’, dalle parole di una donna che ha vissuto la propria esistenza, fin dall’età di nove anni, in un mondo dorato, quello delle celebrità di Hollywood, ma che ha sempre conservato, a discapito della sua stessa felicità, uno spirito semplice, altruista e che ha avuto il privilegio di conoscere ed amare in modo del tutto disinteressato una persona davvero speciale, come lei.
Sono infermiera privata e mi occupo, per lo più, di assistenza a pazienti facoltosi che si rivolgono alla clinica che mi ha assunta 20 anni fa, e sono a disposizione di parenti che chiedono personale che si dedichi esclusivamente alle cure del loro congiunto ricoverato. Il mio nome è Abigail Coretti, sono nata negli U.S.A. ma sono di origini italiane e sono ‘nurse di notte’.
Voglio raccontarvi la storia di un’amicizia, molto particolare…eh si, perché questo non è un semplice legame affettivo, come ce ne sono tanti, è qualcosa di più, di solido, che va oltre i confini dell’orgoglio, dell’interesse, dell’egoismo e persino della morte. E’ vero amore. Il racconto di un sentimento profondo che mi ha insegnato ad apprezzare ancora di più, quei valori autentici che, nella società attuale, vengono troppo spesso relegati in un angolo, come fossero solo polvere che non vale nemmeno la pena di raccogliere. Mi ha insegnato molto in sole quattro notti, questa esperienza, arricchendomi di un bene prezioso e per questo ho pensato di condividerla con voi. Io ve la ‘passo’, così come mi è ‘arrivata’, dalle parole di una donna che ha vissuto la propria esistenza, fin dall’età di nove anni, in un mondo dorato, quello delle celebrità di Hollywood, ma che ha sempre conservato, a discapito della sua stessa felicità, uno spirito semplice, altruista e che ha avuto il privilegio di conoscere ed amare in modo del tutto disinteressato una persona davvero speciale, come lei.
Ultima modifica di marina56 il Mer Dic 28, 2011 4:55 pm - modificato 1 volta.
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Re: Figlio della luna (Terminata)
-1-
Quel pomeriggio alle tre mi raggiunse, nella mia casa di Los Angeles, la telefonata della caposala, Mrs.Wilder:
- Abby, sono Molly, scusa se ti disturbo, so che avresti dovuto riprendere servizio solo tra due giorni ma, vedi, stamane hanno ricoverato una persona molto importante, qui in clinica e il direttore della sezione cardiologica ha espressamente chiesto che fossi tu, ad occupartene. Non vuole che l’assistenza notturna a questa donna venga assegnata a qualcun altro.-
-Okay, puoi contare su di me. Mi dici il nome della paziente, o è top- secret?- chiesi per mascherare lo sconforto di vedere i miei ultimi due giorni di ‘libertà’ passarmi davanti con la valigia in mano.
- Mrs. Taylor, Elizabeth Taylor. E’ stata ricoverata qui con un codice giallo, questa mattina, era disperata in preda ad una crisi di pianto e il suo cuore già malandato non ha reagito bene, ha perso conoscenza ma per fortuna si è ripresa subito, il collasso si è risolto ma il Dr. Foster preferisce tenerla sotto controllo per qualche giorno, per sicurezza.-
Ero da poche ore ritornata a casa, dopo le ferie estive trascorse sulla Costa Amalfitana, a Positano, paese di origine dei miei nonni paterni, mi infilai la solita divisa con i pantaloni bianchi e la casacca color pesca,misi il mio fonendoscopio nella borsa, assicurai la molletta del cartellino di riconoscimento al taschino sul petto. La foto non era delle migliori ma chissà perché ogni volta che si posa per un documento , il risultato è sempre lo stesso: una faccia per nulla fotogenica nella quale stenti perfino a riconoscerti.
***
Camera 403, con la vista sulle colline di Beverly Hills, una delle migliori stanze che offre il reparto. Una grande finestra si affaccia proprio sul parco interno della clinica ed essendo al 6° piano, nelle sere d’estate limpide come quella del 14 luglio 2009, il cielo è più vicino e sembra di poter toccare le stelle.
-Buona sera, Mrs. Taylor - spinsi lentamente la porta che era appena socchiusa. Una donna di spalle, seduta su di una sedia a rotelle, guardava fuori dalla vetrata, la mano sotto il mento, indosso una vestaglia di seta bianca e piume di struzzo.
-Tu devi essere Abigail, vero?- si voltò verso di me facendo girare la carrozzina.
-Si, sono io ma mi chiami pure Abby, Mrs. Taylor - le sorrisi.
Era la prima volta che la vedevo di persona e ne rimasi subito incantata; da quegli occhi traspariva una dolcezza indescrivibile, il loro colore inusuale, che le era valso il titolo di ‘diva dagli occhi viola', riusciva a regalarle una luce intensa che le illuminava il viso, facendola apparire più giovane. Sapevo che fosse bellissima, lo sapevano tutti, in tutto il mondo, ma guardarla così da vicino era come entrare a far parte di un sogno, era come toccare con mano l’essenza della bellezza, conservata intatta nel tempo su di un corpo che ospitava in sé un’anima buona, resa fragile dalle prove cui la vita l’aveva sottoposta. Il tono di voce era pacato, sereno, forse solo rassegnato.
- Puoi chiamarmi Liz, se vuoi, lo preferisco- annuì con la testa.
-Come si sente, Liz?-
-Mmmh…….- il suo sguardo si abbassò, aprì lentamente le braccia e le abbandonò subito dopo in grembo, stanche, sospirando.
Bussò alla porta un inserviente ed entrò ad appoggiare una tazza sul tavolino della stanza.
-Le ho fatto preparare del tè, se lo gradisce. Ma prima deve prendere queste- mi avvicinai porgendole un piattino con tre capsule, dopo aver zuccherato il tè. Spostò con un dito quella bianca e blu. Ne bevve solo due.
-E’ buffo, non trovi?- mi domandò girando lo sguardo verso il finestrone, la luna era alta nel cielo e illuminava la stanza – tutta una vita a lottare contro gli spettri dell’anima, le proprie paure, le insicurezze, i nemici nascosti travestiti da amici, che aspettano il momento propizio per approfittare delle tue debolezze e ferirti, spingerti a fondo, di nuovo. Dover combattere con quella parte di te che è la tua vita ma che alla vita ti preclude………uff….- sbuffò scuotendo piano la mano per farmi capire di lasciar perdere, di non dare ascolto alle sue parole.
-Le accendo la luce….-
-Non importa, Abby, adoro la penombra e il chiarore lunare mi fa stare bene.-
-Manca una capsula Mrs., la prenda.-
-E’ il mio sonnifero, giusto? Grazie Abby ma non stasera. Voglio restare sveglia, voglio poter guardare la luna.-
Avevo sentito nelle sue parole un velo di profondo rammarico, misto a malinconica tristezza; capii che aveva bisogno di sfogarsi, parlare un po’, lenendo in tal modo quel dolore sordo che le attanagliava il cuore, segnato da una ferita che non si sarebbe forse mai più rimarginata. Spostai la sedia che era in fianco al letto e mi misi a sedere accanto a lei, mi prese la mano tra le sue, affusolate e morbide, tiepide, ben curate. Le unghie erano laccate con uno smalto color corallo che la sua amica Cindy, le aveva applicato nel pomeriggio. Guardava il cielo.
-Sai, Abby, quando lo conobbi era poco più che un ragazzino. La cosa che mi colpì maggiormente fu la sua timidezza che lo portava ad abbassare lo sguardo ogni qualvolta gli veniva rivolta la parola. Me lo presentò un amico, Quincy Jones, durante una di quelle cene a Hollywood, dove si è obbligati ad ingozzarsi di ostriche e champagne, se vuoi far vedere che sei ancora una del giro, sei ancora sulla breccia e devi dispensare sorrisi a destra e a manca, se non vuoi finire sulle pagine dei giornali come ‘ la star sul viale del tramonto'; quelle serate che finiscono immancabilmente con l’essere particolarmente noiose e che ti lasciano in eredità, per la mattina successiva, un feroce mal di testa che ti costringe a letto tutto il giorno fino a che non decidi di prendere le gocce, sempre lì in agguato sul comodino e che ti permettono di chiudere finalmente gli occhi e spegnere i pensieri per alcune ore, facendoti ritrovare te stessa.
Ricordo che si sedette al tavolo, accanto a me. Mi guardava con quegli immensi occhi scuri, ammirato, quasi incredulo ma compresi che si sentiva fuori posto, in quel contesto. Così iniziai a parlargli, per metterlo a suo agio, di quanto mi piacesse la sua musica, il suo modo di ballare, di quanto mi entusiasmasse il suo stile, domandai quali fossero i suoi progetti per il futuro e gli dissi anche del fatto che conoscessi il suo trascorso artistico con i fratelli alla Motown, ma mi resi conto che questo argomento lo metteva in imbarazzo, come se lo infastidisse e così intavolai un discorso incentrato sul suo rapporto con Quincy, che anche lui chiamava semplicemente “Q”.
“E’ il padre che non ho mai avuto”, disse “con lui posso parlare, esporre le mie idee, scherzare. Mi capisce, sa come prendermi, è un vero amico, gli voglio molto bene.”
Sapevo che il suo travagliato rapporto con il padre lo aveva segnato profondamente, che lo aveva privato del suo essere bambino obbligandolo a crescere in fretta, a lasciarsi alle spalle la spensieratezza per diventare uomo e vestire i panni di un ‘attore’ in un mondo spietato e illusorio. Non mangiò quasi nulla, quella sera, si capiva che era a disagio e non vedeva l’ora di andarsene.
Due giorni dopo mi telefonò scusandosi per essere stato poco di compagnia e per aver lasciato la festa prima che terminasse. Gli dissi che non importava, che anch’io mi annoiavo a morte, in quelle occasioni.
Ci sentivamo spesso al telefono ma non riuscimmo mai ad incontraci. Gli impegni di lavoro sembravano aumentare, per fortuna o purtroppo……..
Io precipitavo sempre più nell’abisso delle mie frustrazioni, insoddisfatta della vita, piangevo spesso, entravo e uscivo dalle cliniche dove tutto sembrava avere un senso finché il fantasma della depressione non tornava a farmi visita mentre lui, diventava Michael Jackson. Avrei tanto voluto potergli stare più vicina, essere più presente per proteggerlo dalle insidie che la scalata al successo comporta - si asciugò una lacrima.
Era il 1986 una sera mi chiamò e, con l’entusiasmo di un ragazzino, mi annunciò che il 12 settembre sarebbe stato trasmesso ad Epcot, in Florida, il suo primo cortometraggio ispirato alle fantasie disneyane che lui ha sempre amato particolarmente. Aveva una sorta di venerazione per Walt Disney, forse perché era in grado di restituirgli quei sogni di fanciullo che egli non aveva mai potuto fare. Così assistetti alla prima di ‘Capitan EO’, insieme a lui che , per l’occasione, aveva indossato il costume di scena. Era bellissimo, aveva uno sguardo angelico e si capiva che era animato da buone intenzioni. Con quel film desiderava mandare al mondo un messaggio di pace e amore, questa era la sua favola, questo era il suo sogno.-
- Mi perdoni, Liz- la interruppi alzandomi dalla sedia- è molto tardi, dovrebbe riposare, adesso – le dissi a bassa voce mentre avvicinavo la carrozzina al letto. L’aiutai a coricarsi e le diedi la compressa di tranquillante, che le avrebbe assicurato un sonno sereno, con un sorso d'acqua fresca. Le tenni la mano finché non si addormentò, misi la sedia accanto al letto, mi sedetti e aprii il mio libro.
Quel pomeriggio alle tre mi raggiunse, nella mia casa di Los Angeles, la telefonata della caposala, Mrs.Wilder:
- Abby, sono Molly, scusa se ti disturbo, so che avresti dovuto riprendere servizio solo tra due giorni ma, vedi, stamane hanno ricoverato una persona molto importante, qui in clinica e il direttore della sezione cardiologica ha espressamente chiesto che fossi tu, ad occupartene. Non vuole che l’assistenza notturna a questa donna venga assegnata a qualcun altro.-
-Okay, puoi contare su di me. Mi dici il nome della paziente, o è top- secret?- chiesi per mascherare lo sconforto di vedere i miei ultimi due giorni di ‘libertà’ passarmi davanti con la valigia in mano.
- Mrs. Taylor, Elizabeth Taylor. E’ stata ricoverata qui con un codice giallo, questa mattina, era disperata in preda ad una crisi di pianto e il suo cuore già malandato non ha reagito bene, ha perso conoscenza ma per fortuna si è ripresa subito, il collasso si è risolto ma il Dr. Foster preferisce tenerla sotto controllo per qualche giorno, per sicurezza.-
Ero da poche ore ritornata a casa, dopo le ferie estive trascorse sulla Costa Amalfitana, a Positano, paese di origine dei miei nonni paterni, mi infilai la solita divisa con i pantaloni bianchi e la casacca color pesca,misi il mio fonendoscopio nella borsa, assicurai la molletta del cartellino di riconoscimento al taschino sul petto. La foto non era delle migliori ma chissà perché ogni volta che si posa per un documento , il risultato è sempre lo stesso: una faccia per nulla fotogenica nella quale stenti perfino a riconoscerti.
***
Camera 403, con la vista sulle colline di Beverly Hills, una delle migliori stanze che offre il reparto. Una grande finestra si affaccia proprio sul parco interno della clinica ed essendo al 6° piano, nelle sere d’estate limpide come quella del 14 luglio 2009, il cielo è più vicino e sembra di poter toccare le stelle.
-Buona sera, Mrs. Taylor - spinsi lentamente la porta che era appena socchiusa. Una donna di spalle, seduta su di una sedia a rotelle, guardava fuori dalla vetrata, la mano sotto il mento, indosso una vestaglia di seta bianca e piume di struzzo.
-Tu devi essere Abigail, vero?- si voltò verso di me facendo girare la carrozzina.
-Si, sono io ma mi chiami pure Abby, Mrs. Taylor - le sorrisi.
Era la prima volta che la vedevo di persona e ne rimasi subito incantata; da quegli occhi traspariva una dolcezza indescrivibile, il loro colore inusuale, che le era valso il titolo di ‘diva dagli occhi viola', riusciva a regalarle una luce intensa che le illuminava il viso, facendola apparire più giovane. Sapevo che fosse bellissima, lo sapevano tutti, in tutto il mondo, ma guardarla così da vicino era come entrare a far parte di un sogno, era come toccare con mano l’essenza della bellezza, conservata intatta nel tempo su di un corpo che ospitava in sé un’anima buona, resa fragile dalle prove cui la vita l’aveva sottoposta. Il tono di voce era pacato, sereno, forse solo rassegnato.
- Puoi chiamarmi Liz, se vuoi, lo preferisco- annuì con la testa.
-Come si sente, Liz?-
-Mmmh…….- il suo sguardo si abbassò, aprì lentamente le braccia e le abbandonò subito dopo in grembo, stanche, sospirando.
Bussò alla porta un inserviente ed entrò ad appoggiare una tazza sul tavolino della stanza.
-Le ho fatto preparare del tè, se lo gradisce. Ma prima deve prendere queste- mi avvicinai porgendole un piattino con tre capsule, dopo aver zuccherato il tè. Spostò con un dito quella bianca e blu. Ne bevve solo due.
-E’ buffo, non trovi?- mi domandò girando lo sguardo verso il finestrone, la luna era alta nel cielo e illuminava la stanza – tutta una vita a lottare contro gli spettri dell’anima, le proprie paure, le insicurezze, i nemici nascosti travestiti da amici, che aspettano il momento propizio per approfittare delle tue debolezze e ferirti, spingerti a fondo, di nuovo. Dover combattere con quella parte di te che è la tua vita ma che alla vita ti preclude………uff….- sbuffò scuotendo piano la mano per farmi capire di lasciar perdere, di non dare ascolto alle sue parole.
-Le accendo la luce….-
-Non importa, Abby, adoro la penombra e il chiarore lunare mi fa stare bene.-
-Manca una capsula Mrs., la prenda.-
-E’ il mio sonnifero, giusto? Grazie Abby ma non stasera. Voglio restare sveglia, voglio poter guardare la luna.-
Avevo sentito nelle sue parole un velo di profondo rammarico, misto a malinconica tristezza; capii che aveva bisogno di sfogarsi, parlare un po’, lenendo in tal modo quel dolore sordo che le attanagliava il cuore, segnato da una ferita che non si sarebbe forse mai più rimarginata. Spostai la sedia che era in fianco al letto e mi misi a sedere accanto a lei, mi prese la mano tra le sue, affusolate e morbide, tiepide, ben curate. Le unghie erano laccate con uno smalto color corallo che la sua amica Cindy, le aveva applicato nel pomeriggio. Guardava il cielo.
-Sai, Abby, quando lo conobbi era poco più che un ragazzino. La cosa che mi colpì maggiormente fu la sua timidezza che lo portava ad abbassare lo sguardo ogni qualvolta gli veniva rivolta la parola. Me lo presentò un amico, Quincy Jones, durante una di quelle cene a Hollywood, dove si è obbligati ad ingozzarsi di ostriche e champagne, se vuoi far vedere che sei ancora una del giro, sei ancora sulla breccia e devi dispensare sorrisi a destra e a manca, se non vuoi finire sulle pagine dei giornali come ‘ la star sul viale del tramonto'; quelle serate che finiscono immancabilmente con l’essere particolarmente noiose e che ti lasciano in eredità, per la mattina successiva, un feroce mal di testa che ti costringe a letto tutto il giorno fino a che non decidi di prendere le gocce, sempre lì in agguato sul comodino e che ti permettono di chiudere finalmente gli occhi e spegnere i pensieri per alcune ore, facendoti ritrovare te stessa.
Ricordo che si sedette al tavolo, accanto a me. Mi guardava con quegli immensi occhi scuri, ammirato, quasi incredulo ma compresi che si sentiva fuori posto, in quel contesto. Così iniziai a parlargli, per metterlo a suo agio, di quanto mi piacesse la sua musica, il suo modo di ballare, di quanto mi entusiasmasse il suo stile, domandai quali fossero i suoi progetti per il futuro e gli dissi anche del fatto che conoscessi il suo trascorso artistico con i fratelli alla Motown, ma mi resi conto che questo argomento lo metteva in imbarazzo, come se lo infastidisse e così intavolai un discorso incentrato sul suo rapporto con Quincy, che anche lui chiamava semplicemente “Q”.
“E’ il padre che non ho mai avuto”, disse “con lui posso parlare, esporre le mie idee, scherzare. Mi capisce, sa come prendermi, è un vero amico, gli voglio molto bene.”
Sapevo che il suo travagliato rapporto con il padre lo aveva segnato profondamente, che lo aveva privato del suo essere bambino obbligandolo a crescere in fretta, a lasciarsi alle spalle la spensieratezza per diventare uomo e vestire i panni di un ‘attore’ in un mondo spietato e illusorio. Non mangiò quasi nulla, quella sera, si capiva che era a disagio e non vedeva l’ora di andarsene.
Due giorni dopo mi telefonò scusandosi per essere stato poco di compagnia e per aver lasciato la festa prima che terminasse. Gli dissi che non importava, che anch’io mi annoiavo a morte, in quelle occasioni.
Ci sentivamo spesso al telefono ma non riuscimmo mai ad incontraci. Gli impegni di lavoro sembravano aumentare, per fortuna o purtroppo……..
Io precipitavo sempre più nell’abisso delle mie frustrazioni, insoddisfatta della vita, piangevo spesso, entravo e uscivo dalle cliniche dove tutto sembrava avere un senso finché il fantasma della depressione non tornava a farmi visita mentre lui, diventava Michael Jackson. Avrei tanto voluto potergli stare più vicina, essere più presente per proteggerlo dalle insidie che la scalata al successo comporta - si asciugò una lacrima.
Era il 1986 una sera mi chiamò e, con l’entusiasmo di un ragazzino, mi annunciò che il 12 settembre sarebbe stato trasmesso ad Epcot, in Florida, il suo primo cortometraggio ispirato alle fantasie disneyane che lui ha sempre amato particolarmente. Aveva una sorta di venerazione per Walt Disney, forse perché era in grado di restituirgli quei sogni di fanciullo che egli non aveva mai potuto fare. Così assistetti alla prima di ‘Capitan EO’, insieme a lui che , per l’occasione, aveva indossato il costume di scena. Era bellissimo, aveva uno sguardo angelico e si capiva che era animato da buone intenzioni. Con quel film desiderava mandare al mondo un messaggio di pace e amore, questa era la sua favola, questo era il suo sogno.-
- Mi perdoni, Liz- la interruppi alzandomi dalla sedia- è molto tardi, dovrebbe riposare, adesso – le dissi a bassa voce mentre avvicinavo la carrozzina al letto. L’aiutai a coricarsi e le diedi la compressa di tranquillante, che le avrebbe assicurato un sonno sereno, con un sorso d'acqua fresca. Le tenni la mano finché non si addormentò, misi la sedia accanto al letto, mi sedetti e aprii il mio libro.
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Re: Figlio della luna (Terminata)
-2-
La sera seguente, presi la consegna dalla collega del turno di giorno che mi rassicurò ulteriormente sulle condizioni fisiche dell’attrice ma io sapevo perfettamente dove risiedeva, il suo male. Non era riuscita a trovare sollievo dalla sofferenza causata da quella improvvisa perdita che venti giorni prima, le aveva straziato l’anima, portandole via la voglia di lottare, privandola di una parte della sua stessa vita. La trovai ancora accanto alla grande vetrata, intenta a guardare la luna che, come la sera prima, brillava nel cielo sereno. Non appena entrai nella stanza, mi si avvicinò velocemente con la carrozzina.
-Per fortuna sei arrivata, Abby! –aveva tra le mani una pagina di giornale -Guarda!- disse allungando il pezzo di carta verso di me.
-Guarda che cosa hanno scritto!!! Dio quanto li odio!!!- fece una smorfia di disappunto.
Presi quel ritaglio tra le mani e lessi:
“LIZ TAYLOR- la grande assente.”
La famiglia del Re del Pop, non avrebbe gradito la presenza dell’attrice al Memorial in suo onore della scorsa settimana ed è per questo che Liz non si sarebbe recata allo Staples Center per porgere l’ultimo saluto all’amico scomparso il 25 Giugno. L’ipotesi più accreditata è quella che vede il riaffiorare di vecchi rancori nei confronti della Taylor da parte della madre di Jackson, Katherine, che non avrebbe mai approvato, per gelosia, il forte legame affettivo che univa suo figlio alla ‘Diva dagli occhi viola’.
-Maledette menzogne!- scrollava la testa agitandosi sulla sedia.
-Non faccia così, Liz, deve stare tranquilla, vedrà che ci sarà un modo per metterli a tacere – le dissi per rassicurarla prendendole le mani.
-Oggi pomeriggio – si calmò – ho chiesto a Sally, la mia portavoce ufficiale, di rilasciare un comunicato che smentisse questo articolo sul mio conto. Ascolta, questo è il testo:
"Mi era stato chiesto di parlare allo Staples Center. Il mio è un dolore privato. Non credo che Michael avrebbe voluto che io condividessi quello che provo con milioni di altre persone. Quello che provo riguarda solo noi due".
-Credo che queste parole sortiranno un effetto positivo, con i media- la confortai.
-Sono molto difficili da tenere a bada, credimi. Quando poi si accaniscono su qualcuno in particolare……..Quanto dolore, mio Dio, quanto male gli hanno fatto!!!!- si portò una mano sulla fronte, amareggiata, i lati della bocca contratti, verso il basso, disgustata.
-Loro sono come sciacalli, si insidiano nella tua vita e la sconvolgono, riportando notizie totalmente false che facciano scalpore perché per loro sei solo un pezzo di carne senza anima né cuore che fa girare le rotative dei loro giornali. Dopo tutti questi anni, si potrebbe pensare che ci si sia abituati, alle loro angherie scandalistiche, ma non è così. Non ci si abitua mai, si può morirne………..- i suoi occhi si chiusero, congiunse le mani e le portò davanti al viso quasi a voler coprire la commozione.
La invitai ad assumere la sua terapia e le controllai polso e pressione che poi riportai sulla tabella personale, ai piedi del letto.
Mi ringraziò per averle prestato la mia attenzione, la sera precedente e mi confidò che si sentiva molto meglio, che ricordare le faceva sopportare di più il dolore e, così, riprese il suo racconto.
-Lo rividi l’8 Maggio, tre anni dopo la proiezione del corto, in occasione dei BRE Awards. Gli consegnai personalmente, insieme con Eddie Murphy, i meritatissimi premi e fui davvero felice di poter affermare in tutta franchezza che quel ragazzo conosciuto tempo addietro e che arrossiva alla sola vista di tutte quelle celebrità, era di diritto entrato a far parte dell’Olimpo dell’Arte della Musica Pop, Rock e Soul, divenendone l’indiscusso Re. Cominciammo a frequentarci assiduamente, andavo a trovarlo spesso a Neverland. Era felice in quel luogo incantevole e fantastico dove riusciva ad evadere da un ‘sistema’ che lo soffocava, lo sfruttava e lo giudicava più nel male che nel bene, dove poteva dimenticare tutte le cattiverie e le falsità, tutte le assurdità che lo ferivano e che i media gli cucivano addosso. Non sarebbe corretto dire che tornava bambino, dietro i cancelli del Ranch, a Los Olivos, ma solo perché Michael lo è sempre stato, dentro di sé-abbozzò un sorriso, a richiamare un ricordo felice.
-Ci incontravamo spessissimo, ogni volta era una festa. La sua carriera stava regalandogli un universo di soddisfazioni, il mondo intero lo acclamava, ogni suo disco o video erano un vero successo, persino il suo libro autobiografico, riscosse molta approvazione per non parlare di ‘Moonwalker’, il film che aveva da sempre sognato di realizzare, perché Michael era un artista completo e non si accontentava mai di ciò che aveva ottenuto, in tanti anni di sacrifici, voleva costantemente mettersi alla prova, superare sé stesso, annullando ogni limite, nella ricerca della perfezione.
Eppure, in tutta quella immensità che era il suo personaggio, si sentiva solo ma, soprattutto, senza nulla di gioioso da ricordare, senza l’affetto di un padre che lo avesse, anche solo una volta nella vita, portato con se a pescare o a vedere una partita di Football, senza amici sinceri con i quali parlare, con cui condividere la vita di tutti i giorni, una volta che si spegnevano le luci del palco. In parte mi riconobbi in lui perché, anche se ebbi una vita più facile dal punto di vista affettivo, a soli 9 anni iniziai la mia carriera nel cinema e dovetti rinunciare a giocare con le bambole, perdendo così alcuni degli anni più belli dell’età dell’innocenza e fù questo il motivo che mi spinse ad avvicinarmi sempre più a lui, ad imparare ad amarlo, lo capivo, lo consolavo e lo sostenevo, come si fa con un figlio. Aveva un grandissimo bisogno di affetto, attenzione, considerazione che parevano svanire, disperdersi in una notte buia, ogni volta che la musica finiva, si chiudevano le scene, i fan tornavano alle loro occupazioni primarie e lui tornava ad essere il ragazzo timido con l’anima fanciulla che avevo conosciuto tanto tempo prima.-
Si alzò piano dalla sedia e mi chiese di uscire sul terrazzo; glielo permisi, accompagnandola, perché sapevo che il suo cuore aveva ripreso a battere regolarmente e anche la pressione era nella norma. Si appoggiò con i gomiti alla ringhiera e si incorniciò il volto tra le mani.
-Abby- disse malinconica, lo sguardo rivolto verso il cielo- lui amava tanto la Luna, diceva che riconduceva ad un continuo cambiamento, alla trasformazione, rivolta al divenire e se ne sentiva fortemente attratto. Per lui in essa è racchiusa l’essenza divina della totalità, della perfezione, suggerisce quella sospensione tra materiale e immateriale e Michael ha seguito spesso questa linea, durante la sua esistenza. Per questo motivo la Luna ha avuto un ruolo determinante per lui e la possiamo ritrovare nel film, nel libro, nei video, nei suoi passi di danza e nelle canzoni. Mi disse che era lì che avrebbe voluto andare, perché si sarebbe sentito protetto da quell’astro misterioso che lo ascoltava, come un’amica discreta, quando le parlava nelle notti di insonne solitudine e gli trasmetteva pace e tranquillità. Si sentiva figlio della Luna -sospirò voltandosi per rientrare nella stanza. Volle stendersi nel letto, sopra le lenzuola, il cuscino leggermente alzato.
Chiuse gli occhi per qualche minuto e quando li riaprì erano lucidi .
-Quel giorno era disperato. “Liz,” mi disse singhiozzando“mi hanno umiliato, annientato l’anima! Ho sempre cercato di aiutare le persone a trovare i loro sogni e adesso, mi hanno preso alle spalle e scaraventato in un incubo senza risveglio! Hanno usato le loro menzogne per distruggere la mia dignità.” Non sapevo come fare per calmarlo, avevo visto il filmato che rilasciò da Neverland, riguardo alla ‘perquisizione’ che dovette subire e, quel giorno non riuscii a mangiare. Ero veramente allibita, scioccata ma non potei raggiungerlo subito perché i medici, in quel periodo, mi proibirono di viaggiare anche per brevi tratte. Ma, in autunno, non appena ebbi il permesso di spostarmi, andai da lui, a Mexico City, una delle ultime tappe del ‘Dangerous Tour’, perché sapevo che stava molto male.-
Guardai l’orologio, era quasi mezzanotte, così l’aiutai a togliersi la vestaglia e a coprirsi con il lenzuolo.
-Sei una ragazza eccezionale, Abby, comprensiva e molto dolce. Grazie per la tua pazienza.- mi accarezzò .
Quella sera Mrs. Taylor non prese nemmeno la sua capsula per dormire, mi disse che non le sarebbe servita, che sapeva quanto male potessero fare, quei farmaci, ma probabilmente riuscì ad addormentarsi perché il pianto che seguì ai suoi ricordi, l’aveva aiutata a trovare riposo. Si svegliò il mattino seguente, alle prime luci dell’alba mentre stavo recuperando la mia borsa dopo aver fatto rapporto a Rachel, l’infermiera del turno diurno.
La sera seguente, presi la consegna dalla collega del turno di giorno che mi rassicurò ulteriormente sulle condizioni fisiche dell’attrice ma io sapevo perfettamente dove risiedeva, il suo male. Non era riuscita a trovare sollievo dalla sofferenza causata da quella improvvisa perdita che venti giorni prima, le aveva straziato l’anima, portandole via la voglia di lottare, privandola di una parte della sua stessa vita. La trovai ancora accanto alla grande vetrata, intenta a guardare la luna che, come la sera prima, brillava nel cielo sereno. Non appena entrai nella stanza, mi si avvicinò velocemente con la carrozzina.
-Per fortuna sei arrivata, Abby! –aveva tra le mani una pagina di giornale -Guarda!- disse allungando il pezzo di carta verso di me.
-Guarda che cosa hanno scritto!!! Dio quanto li odio!!!- fece una smorfia di disappunto.
Presi quel ritaglio tra le mani e lessi:
“LIZ TAYLOR- la grande assente.”
La famiglia del Re del Pop, non avrebbe gradito la presenza dell’attrice al Memorial in suo onore della scorsa settimana ed è per questo che Liz non si sarebbe recata allo Staples Center per porgere l’ultimo saluto all’amico scomparso il 25 Giugno. L’ipotesi più accreditata è quella che vede il riaffiorare di vecchi rancori nei confronti della Taylor da parte della madre di Jackson, Katherine, che non avrebbe mai approvato, per gelosia, il forte legame affettivo che univa suo figlio alla ‘Diva dagli occhi viola’.
-Maledette menzogne!- scrollava la testa agitandosi sulla sedia.
-Non faccia così, Liz, deve stare tranquilla, vedrà che ci sarà un modo per metterli a tacere – le dissi per rassicurarla prendendole le mani.
-Oggi pomeriggio – si calmò – ho chiesto a Sally, la mia portavoce ufficiale, di rilasciare un comunicato che smentisse questo articolo sul mio conto. Ascolta, questo è il testo:
"Mi era stato chiesto di parlare allo Staples Center. Il mio è un dolore privato. Non credo che Michael avrebbe voluto che io condividessi quello che provo con milioni di altre persone. Quello che provo riguarda solo noi due".
-Credo che queste parole sortiranno un effetto positivo, con i media- la confortai.
-Sono molto difficili da tenere a bada, credimi. Quando poi si accaniscono su qualcuno in particolare……..Quanto dolore, mio Dio, quanto male gli hanno fatto!!!!- si portò una mano sulla fronte, amareggiata, i lati della bocca contratti, verso il basso, disgustata.
-Loro sono come sciacalli, si insidiano nella tua vita e la sconvolgono, riportando notizie totalmente false che facciano scalpore perché per loro sei solo un pezzo di carne senza anima né cuore che fa girare le rotative dei loro giornali. Dopo tutti questi anni, si potrebbe pensare che ci si sia abituati, alle loro angherie scandalistiche, ma non è così. Non ci si abitua mai, si può morirne………..- i suoi occhi si chiusero, congiunse le mani e le portò davanti al viso quasi a voler coprire la commozione.
La invitai ad assumere la sua terapia e le controllai polso e pressione che poi riportai sulla tabella personale, ai piedi del letto.
Mi ringraziò per averle prestato la mia attenzione, la sera precedente e mi confidò che si sentiva molto meglio, che ricordare le faceva sopportare di più il dolore e, così, riprese il suo racconto.
-Lo rividi l’8 Maggio, tre anni dopo la proiezione del corto, in occasione dei BRE Awards. Gli consegnai personalmente, insieme con Eddie Murphy, i meritatissimi premi e fui davvero felice di poter affermare in tutta franchezza che quel ragazzo conosciuto tempo addietro e che arrossiva alla sola vista di tutte quelle celebrità, era di diritto entrato a far parte dell’Olimpo dell’Arte della Musica Pop, Rock e Soul, divenendone l’indiscusso Re. Cominciammo a frequentarci assiduamente, andavo a trovarlo spesso a Neverland. Era felice in quel luogo incantevole e fantastico dove riusciva ad evadere da un ‘sistema’ che lo soffocava, lo sfruttava e lo giudicava più nel male che nel bene, dove poteva dimenticare tutte le cattiverie e le falsità, tutte le assurdità che lo ferivano e che i media gli cucivano addosso. Non sarebbe corretto dire che tornava bambino, dietro i cancelli del Ranch, a Los Olivos, ma solo perché Michael lo è sempre stato, dentro di sé-abbozzò un sorriso, a richiamare un ricordo felice.
-Ci incontravamo spessissimo, ogni volta era una festa. La sua carriera stava regalandogli un universo di soddisfazioni, il mondo intero lo acclamava, ogni suo disco o video erano un vero successo, persino il suo libro autobiografico, riscosse molta approvazione per non parlare di ‘Moonwalker’, il film che aveva da sempre sognato di realizzare, perché Michael era un artista completo e non si accontentava mai di ciò che aveva ottenuto, in tanti anni di sacrifici, voleva costantemente mettersi alla prova, superare sé stesso, annullando ogni limite, nella ricerca della perfezione.
Eppure, in tutta quella immensità che era il suo personaggio, si sentiva solo ma, soprattutto, senza nulla di gioioso da ricordare, senza l’affetto di un padre che lo avesse, anche solo una volta nella vita, portato con se a pescare o a vedere una partita di Football, senza amici sinceri con i quali parlare, con cui condividere la vita di tutti i giorni, una volta che si spegnevano le luci del palco. In parte mi riconobbi in lui perché, anche se ebbi una vita più facile dal punto di vista affettivo, a soli 9 anni iniziai la mia carriera nel cinema e dovetti rinunciare a giocare con le bambole, perdendo così alcuni degli anni più belli dell’età dell’innocenza e fù questo il motivo che mi spinse ad avvicinarmi sempre più a lui, ad imparare ad amarlo, lo capivo, lo consolavo e lo sostenevo, come si fa con un figlio. Aveva un grandissimo bisogno di affetto, attenzione, considerazione che parevano svanire, disperdersi in una notte buia, ogni volta che la musica finiva, si chiudevano le scene, i fan tornavano alle loro occupazioni primarie e lui tornava ad essere il ragazzo timido con l’anima fanciulla che avevo conosciuto tanto tempo prima.-
Si alzò piano dalla sedia e mi chiese di uscire sul terrazzo; glielo permisi, accompagnandola, perché sapevo che il suo cuore aveva ripreso a battere regolarmente e anche la pressione era nella norma. Si appoggiò con i gomiti alla ringhiera e si incorniciò il volto tra le mani.
-Abby- disse malinconica, lo sguardo rivolto verso il cielo- lui amava tanto la Luna, diceva che riconduceva ad un continuo cambiamento, alla trasformazione, rivolta al divenire e se ne sentiva fortemente attratto. Per lui in essa è racchiusa l’essenza divina della totalità, della perfezione, suggerisce quella sospensione tra materiale e immateriale e Michael ha seguito spesso questa linea, durante la sua esistenza. Per questo motivo la Luna ha avuto un ruolo determinante per lui e la possiamo ritrovare nel film, nel libro, nei video, nei suoi passi di danza e nelle canzoni. Mi disse che era lì che avrebbe voluto andare, perché si sarebbe sentito protetto da quell’astro misterioso che lo ascoltava, come un’amica discreta, quando le parlava nelle notti di insonne solitudine e gli trasmetteva pace e tranquillità. Si sentiva figlio della Luna -sospirò voltandosi per rientrare nella stanza. Volle stendersi nel letto, sopra le lenzuola, il cuscino leggermente alzato.
Chiuse gli occhi per qualche minuto e quando li riaprì erano lucidi .
-Quel giorno era disperato. “Liz,” mi disse singhiozzando“mi hanno umiliato, annientato l’anima! Ho sempre cercato di aiutare le persone a trovare i loro sogni e adesso, mi hanno preso alle spalle e scaraventato in un incubo senza risveglio! Hanno usato le loro menzogne per distruggere la mia dignità.” Non sapevo come fare per calmarlo, avevo visto il filmato che rilasciò da Neverland, riguardo alla ‘perquisizione’ che dovette subire e, quel giorno non riuscii a mangiare. Ero veramente allibita, scioccata ma non potei raggiungerlo subito perché i medici, in quel periodo, mi proibirono di viaggiare anche per brevi tratte. Ma, in autunno, non appena ebbi il permesso di spostarmi, andai da lui, a Mexico City, una delle ultime tappe del ‘Dangerous Tour’, perché sapevo che stava molto male.-
Guardai l’orologio, era quasi mezzanotte, così l’aiutai a togliersi la vestaglia e a coprirsi con il lenzuolo.
-Sei una ragazza eccezionale, Abby, comprensiva e molto dolce. Grazie per la tua pazienza.- mi accarezzò .
Quella sera Mrs. Taylor non prese nemmeno la sua capsula per dormire, mi disse che non le sarebbe servita, che sapeva quanto male potessero fare, quei farmaci, ma probabilmente riuscì ad addormentarsi perché il pianto che seguì ai suoi ricordi, l’aveva aiutata a trovare riposo. Si svegliò il mattino seguente, alle prime luci dell’alba mentre stavo recuperando la mia borsa dopo aver fatto rapporto a Rachel, l’infermiera del turno diurno.
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Re: Figlio della luna (Terminata)
-3-
-Stamane, abbiamo fatto un ecocardiogramma a Mrs. Taylor – mi disse Rachel - e non va. Ci sono dei problemi e così il dottor Foster ha preso accordi con i cardiochirurghi. Deve essere operata entro breve o il rischio che il cuore ceda, potrebbe aumentare. E’ molto triste, Abby, sembra demotivata, come se non volesse guarire ma perché mai una donna bella, ricca e famosa come lei dovrebbe starsene lì, ad aspettare il corso degli eventi, senza far nulla??- mi chiese stranita la mia collega.
Mi voltai mentre ero sulla soglia, in procinto di recarmi alla 403. - Ha appena perso un figlio…..- dissi a testa bassa e uscii dall’infermeria.
Entrai nella stanza e la salutai con un abbraccio. Sorseggiò un poco di camomilla alla vaniglia, deglutendo piano.
-E’ ancora molto calda- disse poggiando la tazza sul tavolino.
-Può berla più tardi, se vuole.-
-Oggi non riesco a veder la luna. Questo cielo nuvoloso mi rattrista……..-
-Già. Speriamo che non si stia preparando un temporale- dissi avvicinando i battenti della porta finestra mentre guardavo i nuvoloni neri che oscuravano sempre più il cielo di Los Angeles.
Il sapore di vaniglia….- sussurrò- mi ricorda il suo mondo, mi ricorda Neverland. I chioschi dei gelati, i distributori di caramelle sparsi ovunque……..lo zucchero filato….le mele caramellate……..il suo stesso dolcissimo profumo…………- guardava la tazza dalla quale usciva un vapore aromatico che spandeva nella stanza.
-Oggi, il dottor Foster mi ha comunicato che presto dovrò sottopormi ad un intervento, il mio cuore è troppo malato, ha bisogno di un aiuto ma non credo che aggiustando il motore, una macchina possa funzionare, se manca il carburante…..Michael è stato l’energia dei miei giorni, con lui accanto riuscivo a fingere che tutto andasse bene, mi dava gioia, trasmetteva qualcosa di magico, di sublime con la sola presenza. Lui era tutto, troppo, il suo talento…..i suoi talenti -si corresse- non appartenevano a questa Terra egli era in grado di andare oltre, di varcare i confini del possibile e questo ha infastidito sempre alcune persone che lo hanno usato per i loro biechi scopi, salvo poi gettarlo nell’arena a combattere contro un nemico invulnerabile, la solitudine. Tanti gli hanno voltato le spalle, tanti hanno permesso che gli venisse puntato il dito contro, senza far nulla, tanti lo hanno tradito……- soffriva davvero e mi resi conto che, per lei, non importava la sua salute fisica, quanto il voler riscattare l’immagine di un uomo così tanto provato dalla vita e che considerava e amava come un figlio.
-Lo trovai in albergo, con una flebo nel braccio, era molto magro. I suoi occhi erano così stanchi……così spenti….- riprese i suoi ricordi dalla sera precedente- mi guardava come un cucciolo indifeso,smarrito, aveva paura e si vergognava; lo capii subito perché appena mi avvicinai a lui, voltò il viso dall’altra parte, verso il muro. “Non guardarmi, Liz. Ti prego, non farlo” Ma io lo avevo già visto e il mio cuore iniziava a sanguinare. Gli misi una mano sul braccio e lui girò la testa verso di me.
“Perdonami….so di averti delusa” mi disse con gli occhi gonfi di lacrime. Non riuscii a parlare, mi chinai sul letto e lo abbracciai stringendolo forte sollevandolo verso di me, gli accarezzai i riccioli neri sciolti sulle spalle e gli permisi di poggiare il capo contro il mio petto. Pianse.- si fermò dal raccontare e bevve un altro sorso di camomilla.
-Lo portai in una clinica a Londra, da un professore amico di famiglia del quale sapevo di potermi fidare. Egli mi disse che i dolori di Michael erano dentro di lui, ne facevano parte, non erano fisici, era la sua anima ad essere ammalata. Tutti quei farmaci non l’avrebbero certo curata, ma avrebbero potuto ucciderlo…………….Però io sapevo bene quale fosse la causa di questo male interiore. Ancora una volta l’invidia e la cattiveria di un mondo che non lo meritava, lo avevano ferito, piegandolo, costringendolo a cedere, a cercare quel sollievo dal suo dolore in qualcosa che non avrebbe mai potuto darglielo. Quel qualcosa che, in passato, aveva dato l’illusione di un rifugio da un sistema ‘malato’ anche a me. Ed anche in questa circostanza dovetti proteggerlo da quel nemico invisibile che avrebbe voluto vedere, sapere dove fosse, per poterlo guardare mentre lottava per non soccombere- finì di bere.
- Così indissi una conferenza stampa e chiesi, ai media, di non insistere nel voler a tutti i costi ricercare informazioni riguardo il luogo dove si trovava e, soprattutto, di rispettare la sua privacy, in un momento tanto delicato e difficile per lui.-
In lontananza si udivano i primi tuoni, alcuni lampi entravano dalla finestra, Mrs. Taylor si distolse dai suoi pensieri e rise forte.
-Oh, mio Dio! Ahahahh! Mi ricordano i flash dei fotografi ci credi??- scrollò piano la testa. Ero felice di vederla ridere, ogni volta che l’ascoltavo raccontare, mi sembrava che un pezzettino della sua anima se ne andasse via, insieme ai suoi ricordi legati a Mr. Jackson ma non era così. Erano tutti lì, conservati nel cuore e l’aiutavano ad andare avanti.
-Non lo disfò mai, sai?? Dopo che lo vide per la prima volta, maestoso, colorato e pieno di luci, non ebbe il coraggio di disfarlo!!- rise di nuovo- Chiunque fosse entrato nella casa di Michael, che ne so, anche in pieno Agosto, avrebbe trovato un gigantesco albero di Natale, perfettamente addobbato, al centro del salone!!!! Era meraviglioso guardarlo scartare i regali, era eccitato, come un bimbo. Si infilò subito il maglione rosso che gli regalai poi si rimise in testa il suo fedora nero! Mi sembra di vederlo ancora: pantaloni del pigiama,calzini bianchi, maglione e cappello!!! Dio, che giornata indimenticabile! Strappò tutta la carta dei pacchetti che gli passavo, prendendoli da sotto l’albero, con un entusiasmo disarmante. Vedere un uomo di 35 anni suonati che torna bambino è…..è una sensazione meravigliosa ma vedere lui fu per me come toccare il cielo con un dito. Era felice, finalmente, come non aveva mai potuto essere. Quando scartò le confezioni dei ‘Super Soacker’, i suoi occhi si illuminarono di una luce così intensa che persino le lampadine dell’abete sembravano lucciole in un prato immenso! Era tornato, il mio ragazzo timido, era ancora accanto a me; io avevo ritrovato lui e lui aveva ritrovato la voglia di vivere, avvicinandosi nuovamente a Dio. Aveva bisogno di credere in qualcosa perché non riusciva più a fidarsi degli uomini, diceva che preferiva dividere il suo tempo con i bambini e gli animali perché su di loro si può sempre contare, loro non ti tradiscono mai e, se lo fanno, è solo perché costretti dalla malvagità di un mondo avido ed egoista.
Ricordo che quell’anno gli regalai una giovane elefantessa, per il suo zoo di Neverland. Lui adorava gli elefanti perché, diceva : “Rappresentano la costanza, la perseveranza, il sacrificio, anche della vita stessa, pur di garantire il prosieguo della specie mentre l’uomo agisce solo per sé stesso e non per i propri simili, l’elefante si immola permettendo al resto del branco di arrivare alla meta;sono animali leali e dovremmo imparare da loro, perché non si ingannano mai, non si fermano mai e continuano a marciare.”- La chiamò Gipsy perché quel giorno io mi presentai a Neverland di sorpresa, vestita come una zingara con due grandi orecchini ad anello, proprio in tema con l’abito che avevo indosso!-il suo volto si illuminò in un sorriso.
- Fu così felice, mio Dio!! All’inizio aveva paura ad avvicinarsi troppo per darle la frutta che avevo portato con me, così, tanto per farle fare uno spuntino. Michael le lanciava letteralmente il cibo nella bocca aperta, da distanza di sicurezza!!! Ah ahahah!! Quanto era buffo! Mi divertii un sacco vedendolo così!! Gli dissi che non aveva nulla da temere ma lui aveva paura perché: “E’ enorme!!” diceva. “Quindi vorresti dire che anch’io lo sono?” gli chiesi ”Che anche tu sei cosa??” domandò incuriosito “Enorme! Come Gipsy…sono v e s t i t a da gipsy!!!” “Noooo, non ci ho proprio pensatooo!!!” – scoppiò in una sonora risata. Ci divertivamo tantissimo insieme, una volta mi regalò un immenso arazzo con l’immagine del mio viso, degli anni ’60, lo aveva appeso al soffitto del salone e mi fece chiudere gli occhi prima di mostrarmelo. “Ohh, santo cielo, Mike!!! Ma è bellissimo! Però…..dove lo metto? E’ gigantesco!!!” “Non mi dirai che tu, Liz Taylor, non hai una parete abbastanza grande, nella tua residenza, per appenderci questo capolavoro??” mi interrogò con simpatica ironia. “Ti voglio bene!” gli dissi stringendogli forte la mano nella mia mentre, con l’altra, gli diedi una carezza sul viso ”Ti amo tanto anch’io, Liz, non so cosa avrei fatto senza di te…” disse abbracciandomi. Gli anni passarono velocemente e continuavo ad andare da lui quando la salute me lo permetteva e seguitavo, soprattutto, a stargli vicino, a sostenerlo quando la vita pareva voltargli le spalle e le delusioni, le speranze disattese, si accumulavano come fastidiosa polvere, negli angoli della sua anima. Il matrimonio fallito con Lisa, gli attacchi sempre più feroci da parte dei media, i rapporti con la famiglia che diventavano sempre più difficili, il lavoro che assorbiva la maggior parte del suo tempo e delle sue energie. Finalmente poi arrivarono le più grandi gioie della sua vita: i suoi figli. Li adorava con tutta l’anima; ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo pensiero erano rivolti al loro bene così come lo erano da sempre stati, per i bambini di tutto il mondo. Michael non sopportava di veder soffrire un bambino, non lo tollerava. “Sai, Liz” mi disse un giorno “ se dovessi svegliarmi una mattina e apprendere che nel mondo non ci sono più bambini, che tutti i bambini sono morti, mi butterei dal balcone e sparirei. Sparirei.”
Nel 1997 divenne padre del suo primo figlio e pochi giorni dopo,per il mio sessantacinquesimo compleanno, mi dedicò un brano che aveva composto esclusivamente per me:’Elizabeth I love you’ la cantò in quell’occasione per la prima volta dal vivo, facendomi commuovere sino alle lacrime, mentre il pubblico, appena lo vide sul palco, andò in visibilio, “……….ricordo i tempi in cui ero solo, tu mi sei stata accanto e mi hai detto ‘Dobbiamo essere forti!’, tu hai fatto tutte queste cose che solo una vera amica può fare!!! Elizabeth, ti voglio bene!! Ora il mondo sa quanto vali, tra tutte le cose che ci sono sulla terra….. ……adesso prego per essere un giorno come…….te!!!!!” così recita il testo di quella canzone. Al termine della sua performance scese in platea e venne verso di me. Mi alzai in piedi e ci abbracciammo e quell’abbraccio mi è rimasto dentro, il calore che avvertii in quel momento non mi abbandonerà mai.
Si avvicinò al letto con la carrozzina e mi chiese di aiutarla a distendersi. Guardò il suo orologio e disse:
-Anche stasera ho fatto le ore piccole, eh?! Ma almeno mi addormenterò con il cuore più leggero, pensando al mio adorato Michael che mi sorride, felice.-
Piovve molto forte, quella notte, ma lei dormì serena, il volto rilassato. Al mattino le diedi un bacio sulla fronte.
-Andrà tutto bene, lei è una persona speciale, Liz….….- sussurrai facendo attenzione a non svegliarla e tornai a casa a riposare. Stava sorgendo il sole.
-Stamane, abbiamo fatto un ecocardiogramma a Mrs. Taylor – mi disse Rachel - e non va. Ci sono dei problemi e così il dottor Foster ha preso accordi con i cardiochirurghi. Deve essere operata entro breve o il rischio che il cuore ceda, potrebbe aumentare. E’ molto triste, Abby, sembra demotivata, come se non volesse guarire ma perché mai una donna bella, ricca e famosa come lei dovrebbe starsene lì, ad aspettare il corso degli eventi, senza far nulla??- mi chiese stranita la mia collega.
Mi voltai mentre ero sulla soglia, in procinto di recarmi alla 403. - Ha appena perso un figlio…..- dissi a testa bassa e uscii dall’infermeria.
Entrai nella stanza e la salutai con un abbraccio. Sorseggiò un poco di camomilla alla vaniglia, deglutendo piano.
-E’ ancora molto calda- disse poggiando la tazza sul tavolino.
-Può berla più tardi, se vuole.-
-Oggi non riesco a veder la luna. Questo cielo nuvoloso mi rattrista……..-
-Già. Speriamo che non si stia preparando un temporale- dissi avvicinando i battenti della porta finestra mentre guardavo i nuvoloni neri che oscuravano sempre più il cielo di Los Angeles.
Il sapore di vaniglia….- sussurrò- mi ricorda il suo mondo, mi ricorda Neverland. I chioschi dei gelati, i distributori di caramelle sparsi ovunque……..lo zucchero filato….le mele caramellate……..il suo stesso dolcissimo profumo…………- guardava la tazza dalla quale usciva un vapore aromatico che spandeva nella stanza.
-Oggi, il dottor Foster mi ha comunicato che presto dovrò sottopormi ad un intervento, il mio cuore è troppo malato, ha bisogno di un aiuto ma non credo che aggiustando il motore, una macchina possa funzionare, se manca il carburante…..Michael è stato l’energia dei miei giorni, con lui accanto riuscivo a fingere che tutto andasse bene, mi dava gioia, trasmetteva qualcosa di magico, di sublime con la sola presenza. Lui era tutto, troppo, il suo talento…..i suoi talenti -si corresse- non appartenevano a questa Terra egli era in grado di andare oltre, di varcare i confini del possibile e questo ha infastidito sempre alcune persone che lo hanno usato per i loro biechi scopi, salvo poi gettarlo nell’arena a combattere contro un nemico invulnerabile, la solitudine. Tanti gli hanno voltato le spalle, tanti hanno permesso che gli venisse puntato il dito contro, senza far nulla, tanti lo hanno tradito……- soffriva davvero e mi resi conto che, per lei, non importava la sua salute fisica, quanto il voler riscattare l’immagine di un uomo così tanto provato dalla vita e che considerava e amava come un figlio.
-Lo trovai in albergo, con una flebo nel braccio, era molto magro. I suoi occhi erano così stanchi……così spenti….- riprese i suoi ricordi dalla sera precedente- mi guardava come un cucciolo indifeso,smarrito, aveva paura e si vergognava; lo capii subito perché appena mi avvicinai a lui, voltò il viso dall’altra parte, verso il muro. “Non guardarmi, Liz. Ti prego, non farlo” Ma io lo avevo già visto e il mio cuore iniziava a sanguinare. Gli misi una mano sul braccio e lui girò la testa verso di me.
“Perdonami….so di averti delusa” mi disse con gli occhi gonfi di lacrime. Non riuscii a parlare, mi chinai sul letto e lo abbracciai stringendolo forte sollevandolo verso di me, gli accarezzai i riccioli neri sciolti sulle spalle e gli permisi di poggiare il capo contro il mio petto. Pianse.- si fermò dal raccontare e bevve un altro sorso di camomilla.
-Lo portai in una clinica a Londra, da un professore amico di famiglia del quale sapevo di potermi fidare. Egli mi disse che i dolori di Michael erano dentro di lui, ne facevano parte, non erano fisici, era la sua anima ad essere ammalata. Tutti quei farmaci non l’avrebbero certo curata, ma avrebbero potuto ucciderlo…………….Però io sapevo bene quale fosse la causa di questo male interiore. Ancora una volta l’invidia e la cattiveria di un mondo che non lo meritava, lo avevano ferito, piegandolo, costringendolo a cedere, a cercare quel sollievo dal suo dolore in qualcosa che non avrebbe mai potuto darglielo. Quel qualcosa che, in passato, aveva dato l’illusione di un rifugio da un sistema ‘malato’ anche a me. Ed anche in questa circostanza dovetti proteggerlo da quel nemico invisibile che avrebbe voluto vedere, sapere dove fosse, per poterlo guardare mentre lottava per non soccombere- finì di bere.
- Così indissi una conferenza stampa e chiesi, ai media, di non insistere nel voler a tutti i costi ricercare informazioni riguardo il luogo dove si trovava e, soprattutto, di rispettare la sua privacy, in un momento tanto delicato e difficile per lui.-
In lontananza si udivano i primi tuoni, alcuni lampi entravano dalla finestra, Mrs. Taylor si distolse dai suoi pensieri e rise forte.
-Oh, mio Dio! Ahahahh! Mi ricordano i flash dei fotografi ci credi??- scrollò piano la testa. Ero felice di vederla ridere, ogni volta che l’ascoltavo raccontare, mi sembrava che un pezzettino della sua anima se ne andasse via, insieme ai suoi ricordi legati a Mr. Jackson ma non era così. Erano tutti lì, conservati nel cuore e l’aiutavano ad andare avanti.
-Non lo disfò mai, sai?? Dopo che lo vide per la prima volta, maestoso, colorato e pieno di luci, non ebbe il coraggio di disfarlo!!- rise di nuovo- Chiunque fosse entrato nella casa di Michael, che ne so, anche in pieno Agosto, avrebbe trovato un gigantesco albero di Natale, perfettamente addobbato, al centro del salone!!!! Era meraviglioso guardarlo scartare i regali, era eccitato, come un bimbo. Si infilò subito il maglione rosso che gli regalai poi si rimise in testa il suo fedora nero! Mi sembra di vederlo ancora: pantaloni del pigiama,calzini bianchi, maglione e cappello!!! Dio, che giornata indimenticabile! Strappò tutta la carta dei pacchetti che gli passavo, prendendoli da sotto l’albero, con un entusiasmo disarmante. Vedere un uomo di 35 anni suonati che torna bambino è…..è una sensazione meravigliosa ma vedere lui fu per me come toccare il cielo con un dito. Era felice, finalmente, come non aveva mai potuto essere. Quando scartò le confezioni dei ‘Super Soacker’, i suoi occhi si illuminarono di una luce così intensa che persino le lampadine dell’abete sembravano lucciole in un prato immenso! Era tornato, il mio ragazzo timido, era ancora accanto a me; io avevo ritrovato lui e lui aveva ritrovato la voglia di vivere, avvicinandosi nuovamente a Dio. Aveva bisogno di credere in qualcosa perché non riusciva più a fidarsi degli uomini, diceva che preferiva dividere il suo tempo con i bambini e gli animali perché su di loro si può sempre contare, loro non ti tradiscono mai e, se lo fanno, è solo perché costretti dalla malvagità di un mondo avido ed egoista.
Ricordo che quell’anno gli regalai una giovane elefantessa, per il suo zoo di Neverland. Lui adorava gli elefanti perché, diceva : “Rappresentano la costanza, la perseveranza, il sacrificio, anche della vita stessa, pur di garantire il prosieguo della specie mentre l’uomo agisce solo per sé stesso e non per i propri simili, l’elefante si immola permettendo al resto del branco di arrivare alla meta;sono animali leali e dovremmo imparare da loro, perché non si ingannano mai, non si fermano mai e continuano a marciare.”- La chiamò Gipsy perché quel giorno io mi presentai a Neverland di sorpresa, vestita come una zingara con due grandi orecchini ad anello, proprio in tema con l’abito che avevo indosso!-il suo volto si illuminò in un sorriso.
- Fu così felice, mio Dio!! All’inizio aveva paura ad avvicinarsi troppo per darle la frutta che avevo portato con me, così, tanto per farle fare uno spuntino. Michael le lanciava letteralmente il cibo nella bocca aperta, da distanza di sicurezza!!! Ah ahahah!! Quanto era buffo! Mi divertii un sacco vedendolo così!! Gli dissi che non aveva nulla da temere ma lui aveva paura perché: “E’ enorme!!” diceva. “Quindi vorresti dire che anch’io lo sono?” gli chiesi ”Che anche tu sei cosa??” domandò incuriosito “Enorme! Come Gipsy…sono v e s t i t a da gipsy!!!” “Noooo, non ci ho proprio pensatooo!!!” – scoppiò in una sonora risata. Ci divertivamo tantissimo insieme, una volta mi regalò un immenso arazzo con l’immagine del mio viso, degli anni ’60, lo aveva appeso al soffitto del salone e mi fece chiudere gli occhi prima di mostrarmelo. “Ohh, santo cielo, Mike!!! Ma è bellissimo! Però…..dove lo metto? E’ gigantesco!!!” “Non mi dirai che tu, Liz Taylor, non hai una parete abbastanza grande, nella tua residenza, per appenderci questo capolavoro??” mi interrogò con simpatica ironia. “Ti voglio bene!” gli dissi stringendogli forte la mano nella mia mentre, con l’altra, gli diedi una carezza sul viso ”Ti amo tanto anch’io, Liz, non so cosa avrei fatto senza di te…” disse abbracciandomi. Gli anni passarono velocemente e continuavo ad andare da lui quando la salute me lo permetteva e seguitavo, soprattutto, a stargli vicino, a sostenerlo quando la vita pareva voltargli le spalle e le delusioni, le speranze disattese, si accumulavano come fastidiosa polvere, negli angoli della sua anima. Il matrimonio fallito con Lisa, gli attacchi sempre più feroci da parte dei media, i rapporti con la famiglia che diventavano sempre più difficili, il lavoro che assorbiva la maggior parte del suo tempo e delle sue energie. Finalmente poi arrivarono le più grandi gioie della sua vita: i suoi figli. Li adorava con tutta l’anima; ogni suo gesto, ogni sua parola, ogni suo pensiero erano rivolti al loro bene così come lo erano da sempre stati, per i bambini di tutto il mondo. Michael non sopportava di veder soffrire un bambino, non lo tollerava. “Sai, Liz” mi disse un giorno “ se dovessi svegliarmi una mattina e apprendere che nel mondo non ci sono più bambini, che tutti i bambini sono morti, mi butterei dal balcone e sparirei. Sparirei.”
Nel 1997 divenne padre del suo primo figlio e pochi giorni dopo,per il mio sessantacinquesimo compleanno, mi dedicò un brano che aveva composto esclusivamente per me:’Elizabeth I love you’ la cantò in quell’occasione per la prima volta dal vivo, facendomi commuovere sino alle lacrime, mentre il pubblico, appena lo vide sul palco, andò in visibilio, “……….ricordo i tempi in cui ero solo, tu mi sei stata accanto e mi hai detto ‘Dobbiamo essere forti!’, tu hai fatto tutte queste cose che solo una vera amica può fare!!! Elizabeth, ti voglio bene!! Ora il mondo sa quanto vali, tra tutte le cose che ci sono sulla terra….. ……adesso prego per essere un giorno come…….te!!!!!” così recita il testo di quella canzone. Al termine della sua performance scese in platea e venne verso di me. Mi alzai in piedi e ci abbracciammo e quell’abbraccio mi è rimasto dentro, il calore che avvertii in quel momento non mi abbandonerà mai.
Si avvicinò al letto con la carrozzina e mi chiese di aiutarla a distendersi. Guardò il suo orologio e disse:
-Anche stasera ho fatto le ore piccole, eh?! Ma almeno mi addormenterò con il cuore più leggero, pensando al mio adorato Michael che mi sorride, felice.-
Piovve molto forte, quella notte, ma lei dormì serena, il volto rilassato. Al mattino le diedi un bacio sulla fronte.
-Andrà tutto bene, lei è una persona speciale, Liz….….- sussurrai facendo attenzione a non svegliarla e tornai a casa a riposare. Stava sorgendo il sole.
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Re: Figlio della luna (Terminata)
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-Quindi verrà dimessa domani?- chiesi a Rachel.
-Si, il dottor Foster ha visionato gli ultimi esami del sangue e li ha trovati buoni, il cuore ha ripreso un ritmo sinusale e i cardiochirurghi hanno già programmato l’intervento per i primi di Ottobre. Mrs. Taylor oggi ha chiesto conferma della tua presenza anche per quest’ultima notte. Ti si deve essere affezionata, eh?- mi domandò la mia collega ma non vi era invidia nelle sue parole.
-Anch’io mi sono affezionata a loro…….cioè a lei….- annuii.
-Ma, perché mi hai detto che le è morto un figlio? Michael Jackson, mica era suo figlio!!!! –
-Hai ragione, era figlio della Luna, solo che lei non riesce a lasciarlo andare…..-
-Stento a seguirti, Abby!-
-Non importa, Rachel, non fa niente. Ora vado da lei, scusa….. – abbozzai un sorriso, presi dalla borsa nell’armadietto il mio fonendoscopio e uscii in corridoio.
La vidi accanto alla porta dell’ascensore, sulla sua carrozzina, in compagnia di un giovane uomo di colore, pensai fosse una guardia del corpo.
-Ohh, Abby!!!!- mi fece segno con la mano di raggiungerli –Tesoro! Ti presento, il mio boyfriend!-
-Piacere, Mr. ……?-
-Jason andrà benissimo, signorina, ci mancherebbe!!!- mi rispose stringendomi la mano accompagnando il gesto con uno smagliante sorriso.
-Buona sera, Jason- ricambiai il suo saluto.
-Grazie per tutto quello che ha fatto per Liz, le sono davvero molto grato – era imbarazzato - ma…ora devo andare, è tardi.- disse salendo in ascensore dopo aver dato a Mrs. Taylor un bacio sulla guancia.
-Si immagini….…….- riuscii a pronunciare solo queste parole, prima che la porta scorrevole si chiudesse.
-Scusalo, sai, è un po’ timido. Lui non è abituato a mostrarsi in pubblico. O almeno non da quando è fidanzato con me! – rise piano - Prima era il mio manager ma adesso…….Figurati che i media ci hanno già ‘programmato’ la data delle nozze!!!- rise di nuovo.
Notai che la sua era pura ironia; probabilmente era stanca anche di quegli atteggiamenti morbosi che i giornalisti avevano manifestato in merito alla sua nuova relazione. Si sentiva indagata, sondata, giudicata e ferita.
-Stanno scommettendo sul fatto se Jason diventerà il numero 8 e se presto ci sarà il nono matrimonio!!!- sospirò con amarezza dirigendosi verso la stanza.
-Guarda, Abby! –cambiò discorso - Anche la Luna è venuta a trovarmi, questa sera! Forse ha sentito i medici parlare delle mie dimissioni ed è qui per salutarmi!!- era veramente felice, spinse la carrozzina fin sul terrazzo.
Quella fu una notte di plenilunio, sembrava davvero di poter toccare quell’astro d’argento solamente allungando una mano, il cielo era trapunto di stelle.
-Io lo seguivo durante le sue apparizioni pubbliche, ero con lui quando festeggiò trent’anni di carriera solista, lo supportai nell’organizzazione del concerto benefico per raccogliere fondi a favore dei famigliari delle vittime dell’11 Settembre e lo feci sempre, non riuscii mai ad abbandonarlo, nemmeno dopo quel maledetto giorno……- il timbro di voce si affievolì, al sopraggiungere di un ricordo troppo doloroso, abbassò lo sguardo sulle sue mani, intrecciate sul petto, quasi come nel tentativo di tenere a freno quel cuore che palpitava in una languida, incancellabile pena -……. era a Las Vegas, a girare un video per un brano che parla della possibilità di recuperare un amore perduto, quando fu raggiunto da un mandato di arresto spiccato a suo carico dalla Procura di Los Angeles; lo vidi alla televisione, ammanettato e umiliato di nuovo, già condannato per la ‘colpa’ di chiamarsi Michael Jackson,lo sguardo immoto, a fissare basito il nulla alla ricerca di una spiegazione logica che non sarebbe mai arrivata, un corpo senza più anima…….- stava per piangere, Mrs. Taylor, così decisi di intervenire dicendole che conoscevo i fatti, che avevo seguito la vicenda ed ero rimasta molto contrariata, da come tutta la storia fu gestita dai mezzi di informazione e che non avevo mai creduto, nemmeno per un momento, che Mr. Jackson potesse essere colpevole di un tale reato, che potesse essere in qualche modo responsabile di una simile nefandezza. Prese un lungo respiro e proseguì.
-Quello fu un colpo durissimo, per Michael, lo fu ancora di più che nel ’93 perché da quel processo non riuscì mai a riprendersi veramente anche se poté dimostrare la sua totale innocenza, non lo vidi più sorridere come un tempo, ne uscì devastato, nel corpo e nello spirito, la luce dei suoi occhi si era spenta, per sempre ma, nonostante questo, non smise mai di amare il mondo, i bambini, gli animali e le persone.-
“Mi sembra di non appartenere più a questa gente, Liz. Mi sento in colpa, come se avessi tradito la loro fiducia, la mia patria mi ha emarginato………ma io non so cosa ho fatto di male!”- mi telefonò da Dubai, una sera di fine Ottobre, “Eppure” mi disse “ siamo tutti sotto lo stesso cielo…..qui splende la stessa Luna e brillano le stesse stelle che abitano la volta celeste di ogni continente, dovremmo essere tutti fratelli…..” –era molto triste, come svuotato.
Passarono quasi due anni prima che Michael tornasse in America. Aveva voluto lasciare alle sue spalle quella terra dalla quale si sentiva usato, che lo aveva deriso, incriminato ingiustamente, sbattuto in prima pagina come un orribile mostro, colpendolo vigliaccamente su quanto di più caro avesse al mondo,voleva fuggire da quella patria che lo ‘ringraziava’ per il suo impegno artistico e umanitario, accusandolo di uno dei crimini più infamanti e spregevoli che ci siano.
Ci incontrammo pochissime volte, dopo il suo ritorno a Los Angeles. Era preoccupato perché stava perdendo Neverland che sarebbe finita all’asta di lì a qualche tempo. “Non voglio tornarci, Liz, non ce la faccio! Me l’hanno violato, il mio sogno è infranto per sempre...” Mi disse quasi arrabbiato .”Ma non voglio perdere il mio mondo, ne morirei, Liz, ne morirei!!!” Lo tranquillizzai, dicendogli che ci sarebbe stato di sicuro un modo per evitare che accadesse ma né io né lui sapevamo ancora quali fossero i progetti delle persone che suo fratello Jermaine gli avrebbe, di lì a poco, fatto conoscere.
“Liz!! Liz, mio Dio!!!” – mi chiamò sul cellulare, entusiata. “E’ finita, grazie al cielo, Neverland è salva!!!” Sembrava un bambino davanti al tanto desiderato balocco. Ma la cosa non mi convinse, ero scettica riguardo al comportamento di certi individui che entrarono a far parte della sua vita, così, quasi senza chiedere permesso…..- smise di parlare, sospirò, si passò le mani fra i capelli, chiuse gli occhi per un istante.
-La sua terapia, Liz.- le porsi le solite capsule.
-Grazie, tesoro. Hai saputo certamente degli accordi intercorsi tra il dottor Foster e i cardiochirurghi, in merito al mio intervento….- cercò conforto e sostegno.
-Si….si ho saputo. Adesso vedrà che si sistemerà tutto! Lei è una donna forte.- le misi una mano sulla spalla, la strinse nella sua e mi guardò sorridendomi.
-Grazie….- sussurrò piano prima di riprendere i suoi ricordi.
-Mi accennò di alcuni suoi problemi economici, era preoccupato, voleva vederci chiaro inoltre espresse i suoi timori riguardo alla sua sicurezza e quella dei suoi figli, si sentiva in balìa di qualcosa o qualcuno cui non riusciva a dare un nome né un volto, era confuso. Aveva paura, i suoi incubi erano tornati. Non dormiva più la notte e faticava anche a mangiare. Così gli consigliai di rivolgersi alla sua confidente spirituale e fu ciò che fece ma, ormai, era troppo tardi……- smise di parlare, fissò il cielo e si asciugò una lacrima.
-Credo che non potrò mai perdonarmelo……credo di essermi arresa anch’io, come tutti, come lui……….
Non volevo che facesse quei concerti, sentivo che qualcosa non avrebbe funzionato, ma non riuscii a mettermi in contatto con lui. Si faceva negare al telefono, dicevano che non voleva ricevere nessuno perché era sotto pressione per via delle prove, sostenevano che doveva concentrarsi, che stava preparando un ‘grande ritorno’ e questo lo impegnava mentalmente e fisicamente al massimo e doveva stare tranquillo, nessuna distrazione………….Avrei dovuto insistere, avrei dovuto portarlo via di là..…..…- Fece lunghe pause, durante il suo racconto, piegò la testa e chiuse gli occhi per un tempo indefinito. Attorno a noi era calato il silenzio. Rispettai il suo dolore perché capii che si doveva sentire tremendamente in colpa, non dissi nulla.
Prese un’immagine dalla tasca della vestaglia e la strinse al petto
-Quando ricevetti quella telefonata, il mondo mi parve fermarsi, vuoto, e lo spazio intorno a me dilatarsi a dismisura, privandomi di ogni riferimento…..…….sentii il cuore sussultare freneticamente nel petto e, subito dopo, arrivare in gola saltando, la testa divenne pesante e ‘piatta’, si, questa fu la sensazione che avvertii e fu come essere catapultata in un’altra dimensione, al di là del razionale. Strinsi i pugni e urlai forte, come se quel grido mi potesse svegliare riportandomi alla vita.
Ma non fu così.
Da quel giorno il mio cuore… la mia mente… sono in frantumi. Ho amato Michael per tutta la mia vita con tutta l’anima e non riesco a immaginare la mia vita senza di lui. Abbiamo avuto tante cose in comune e ci siamo amati e divertiti assieme. Vivrà per sempre nel mio cuore ma non basterà di certo a colmare questo vuoto. La mia vita sarà così vuota. Nessuno potrà mai capire quanto e come ci siamo amati. L’amore più puro e sincero che abbia mai avuto. Mi mancherai…….- sollevò lo sguardo verso il cielo.
-Non riesco a immaginare la mia vita senza di lui… e ora mi trovo qui a stringere tra le mani una foto che Michael mi aveva regalato con una dedica e anch’io lo amerò per sempre-.
La osservai mentre pronunciava quelle parole e mi commossi perché , in quel momento, non vidi più la diva di fama mondiale che conoscevo ma solo un’anziana donna, annientata dal dolore.
-Vedi, Abby, voglio pensare che non mi abbia lasciata per sempre, voglio credere che, un giorno, lo ritroverò lassù…..- indicò la Luna-…….poiché Michael non se n'è andato, è semplicemente tornato a casa.-
Fine-
-Quindi verrà dimessa domani?- chiesi a Rachel.
-Si, il dottor Foster ha visionato gli ultimi esami del sangue e li ha trovati buoni, il cuore ha ripreso un ritmo sinusale e i cardiochirurghi hanno già programmato l’intervento per i primi di Ottobre. Mrs. Taylor oggi ha chiesto conferma della tua presenza anche per quest’ultima notte. Ti si deve essere affezionata, eh?- mi domandò la mia collega ma non vi era invidia nelle sue parole.
-Anch’io mi sono affezionata a loro…….cioè a lei….- annuii.
-Ma, perché mi hai detto che le è morto un figlio? Michael Jackson, mica era suo figlio!!!! –
-Hai ragione, era figlio della Luna, solo che lei non riesce a lasciarlo andare…..-
-Stento a seguirti, Abby!-
-Non importa, Rachel, non fa niente. Ora vado da lei, scusa….. – abbozzai un sorriso, presi dalla borsa nell’armadietto il mio fonendoscopio e uscii in corridoio.
La vidi accanto alla porta dell’ascensore, sulla sua carrozzina, in compagnia di un giovane uomo di colore, pensai fosse una guardia del corpo.
-Ohh, Abby!!!!- mi fece segno con la mano di raggiungerli –Tesoro! Ti presento, il mio boyfriend!-
-Piacere, Mr. ……?-
-Jason andrà benissimo, signorina, ci mancherebbe!!!- mi rispose stringendomi la mano accompagnando il gesto con uno smagliante sorriso.
-Buona sera, Jason- ricambiai il suo saluto.
-Grazie per tutto quello che ha fatto per Liz, le sono davvero molto grato – era imbarazzato - ma…ora devo andare, è tardi.- disse salendo in ascensore dopo aver dato a Mrs. Taylor un bacio sulla guancia.
-Si immagini….…….- riuscii a pronunciare solo queste parole, prima che la porta scorrevole si chiudesse.
-Scusalo, sai, è un po’ timido. Lui non è abituato a mostrarsi in pubblico. O almeno non da quando è fidanzato con me! – rise piano - Prima era il mio manager ma adesso…….Figurati che i media ci hanno già ‘programmato’ la data delle nozze!!!- rise di nuovo.
Notai che la sua era pura ironia; probabilmente era stanca anche di quegli atteggiamenti morbosi che i giornalisti avevano manifestato in merito alla sua nuova relazione. Si sentiva indagata, sondata, giudicata e ferita.
-Stanno scommettendo sul fatto se Jason diventerà il numero 8 e se presto ci sarà il nono matrimonio!!!- sospirò con amarezza dirigendosi verso la stanza.
-Guarda, Abby! –cambiò discorso - Anche la Luna è venuta a trovarmi, questa sera! Forse ha sentito i medici parlare delle mie dimissioni ed è qui per salutarmi!!- era veramente felice, spinse la carrozzina fin sul terrazzo.
Quella fu una notte di plenilunio, sembrava davvero di poter toccare quell’astro d’argento solamente allungando una mano, il cielo era trapunto di stelle.
-Io lo seguivo durante le sue apparizioni pubbliche, ero con lui quando festeggiò trent’anni di carriera solista, lo supportai nell’organizzazione del concerto benefico per raccogliere fondi a favore dei famigliari delle vittime dell’11 Settembre e lo feci sempre, non riuscii mai ad abbandonarlo, nemmeno dopo quel maledetto giorno……- il timbro di voce si affievolì, al sopraggiungere di un ricordo troppo doloroso, abbassò lo sguardo sulle sue mani, intrecciate sul petto, quasi come nel tentativo di tenere a freno quel cuore che palpitava in una languida, incancellabile pena -……. era a Las Vegas, a girare un video per un brano che parla della possibilità di recuperare un amore perduto, quando fu raggiunto da un mandato di arresto spiccato a suo carico dalla Procura di Los Angeles; lo vidi alla televisione, ammanettato e umiliato di nuovo, già condannato per la ‘colpa’ di chiamarsi Michael Jackson,lo sguardo immoto, a fissare basito il nulla alla ricerca di una spiegazione logica che non sarebbe mai arrivata, un corpo senza più anima…….- stava per piangere, Mrs. Taylor, così decisi di intervenire dicendole che conoscevo i fatti, che avevo seguito la vicenda ed ero rimasta molto contrariata, da come tutta la storia fu gestita dai mezzi di informazione e che non avevo mai creduto, nemmeno per un momento, che Mr. Jackson potesse essere colpevole di un tale reato, che potesse essere in qualche modo responsabile di una simile nefandezza. Prese un lungo respiro e proseguì.
-Quello fu un colpo durissimo, per Michael, lo fu ancora di più che nel ’93 perché da quel processo non riuscì mai a riprendersi veramente anche se poté dimostrare la sua totale innocenza, non lo vidi più sorridere come un tempo, ne uscì devastato, nel corpo e nello spirito, la luce dei suoi occhi si era spenta, per sempre ma, nonostante questo, non smise mai di amare il mondo, i bambini, gli animali e le persone.-
“Mi sembra di non appartenere più a questa gente, Liz. Mi sento in colpa, come se avessi tradito la loro fiducia, la mia patria mi ha emarginato………ma io non so cosa ho fatto di male!”- mi telefonò da Dubai, una sera di fine Ottobre, “Eppure” mi disse “ siamo tutti sotto lo stesso cielo…..qui splende la stessa Luna e brillano le stesse stelle che abitano la volta celeste di ogni continente, dovremmo essere tutti fratelli…..” –era molto triste, come svuotato.
Passarono quasi due anni prima che Michael tornasse in America. Aveva voluto lasciare alle sue spalle quella terra dalla quale si sentiva usato, che lo aveva deriso, incriminato ingiustamente, sbattuto in prima pagina come un orribile mostro, colpendolo vigliaccamente su quanto di più caro avesse al mondo,voleva fuggire da quella patria che lo ‘ringraziava’ per il suo impegno artistico e umanitario, accusandolo di uno dei crimini più infamanti e spregevoli che ci siano.
Ci incontrammo pochissime volte, dopo il suo ritorno a Los Angeles. Era preoccupato perché stava perdendo Neverland che sarebbe finita all’asta di lì a qualche tempo. “Non voglio tornarci, Liz, non ce la faccio! Me l’hanno violato, il mio sogno è infranto per sempre...” Mi disse quasi arrabbiato .”Ma non voglio perdere il mio mondo, ne morirei, Liz, ne morirei!!!” Lo tranquillizzai, dicendogli che ci sarebbe stato di sicuro un modo per evitare che accadesse ma né io né lui sapevamo ancora quali fossero i progetti delle persone che suo fratello Jermaine gli avrebbe, di lì a poco, fatto conoscere.
“Liz!! Liz, mio Dio!!!” – mi chiamò sul cellulare, entusiata. “E’ finita, grazie al cielo, Neverland è salva!!!” Sembrava un bambino davanti al tanto desiderato balocco. Ma la cosa non mi convinse, ero scettica riguardo al comportamento di certi individui che entrarono a far parte della sua vita, così, quasi senza chiedere permesso…..- smise di parlare, sospirò, si passò le mani fra i capelli, chiuse gli occhi per un istante.
-La sua terapia, Liz.- le porsi le solite capsule.
-Grazie, tesoro. Hai saputo certamente degli accordi intercorsi tra il dottor Foster e i cardiochirurghi, in merito al mio intervento….- cercò conforto e sostegno.
-Si….si ho saputo. Adesso vedrà che si sistemerà tutto! Lei è una donna forte.- le misi una mano sulla spalla, la strinse nella sua e mi guardò sorridendomi.
-Grazie….- sussurrò piano prima di riprendere i suoi ricordi.
-Mi accennò di alcuni suoi problemi economici, era preoccupato, voleva vederci chiaro inoltre espresse i suoi timori riguardo alla sua sicurezza e quella dei suoi figli, si sentiva in balìa di qualcosa o qualcuno cui non riusciva a dare un nome né un volto, era confuso. Aveva paura, i suoi incubi erano tornati. Non dormiva più la notte e faticava anche a mangiare. Così gli consigliai di rivolgersi alla sua confidente spirituale e fu ciò che fece ma, ormai, era troppo tardi……- smise di parlare, fissò il cielo e si asciugò una lacrima.
-Credo che non potrò mai perdonarmelo……credo di essermi arresa anch’io, come tutti, come lui……….
Non volevo che facesse quei concerti, sentivo che qualcosa non avrebbe funzionato, ma non riuscii a mettermi in contatto con lui. Si faceva negare al telefono, dicevano che non voleva ricevere nessuno perché era sotto pressione per via delle prove, sostenevano che doveva concentrarsi, che stava preparando un ‘grande ritorno’ e questo lo impegnava mentalmente e fisicamente al massimo e doveva stare tranquillo, nessuna distrazione………….Avrei dovuto insistere, avrei dovuto portarlo via di là..…..…- Fece lunghe pause, durante il suo racconto, piegò la testa e chiuse gli occhi per un tempo indefinito. Attorno a noi era calato il silenzio. Rispettai il suo dolore perché capii che si doveva sentire tremendamente in colpa, non dissi nulla.
Prese un’immagine dalla tasca della vestaglia e la strinse al petto
-Quando ricevetti quella telefonata, il mondo mi parve fermarsi, vuoto, e lo spazio intorno a me dilatarsi a dismisura, privandomi di ogni riferimento…..…….sentii il cuore sussultare freneticamente nel petto e, subito dopo, arrivare in gola saltando, la testa divenne pesante e ‘piatta’, si, questa fu la sensazione che avvertii e fu come essere catapultata in un’altra dimensione, al di là del razionale. Strinsi i pugni e urlai forte, come se quel grido mi potesse svegliare riportandomi alla vita.
Ma non fu così.
Da quel giorno il mio cuore… la mia mente… sono in frantumi. Ho amato Michael per tutta la mia vita con tutta l’anima e non riesco a immaginare la mia vita senza di lui. Abbiamo avuto tante cose in comune e ci siamo amati e divertiti assieme. Vivrà per sempre nel mio cuore ma non basterà di certo a colmare questo vuoto. La mia vita sarà così vuota. Nessuno potrà mai capire quanto e come ci siamo amati. L’amore più puro e sincero che abbia mai avuto. Mi mancherai…….- sollevò lo sguardo verso il cielo.
-Non riesco a immaginare la mia vita senza di lui… e ora mi trovo qui a stringere tra le mani una foto che Michael mi aveva regalato con una dedica e anch’io lo amerò per sempre-.
La osservai mentre pronunciava quelle parole e mi commossi perché , in quel momento, non vidi più la diva di fama mondiale che conoscevo ma solo un’anziana donna, annientata dal dolore.
-Vedi, Abby, voglio pensare che non mi abbia lasciata per sempre, voglio credere che, un giorno, lo ritroverò lassù…..- indicò la Luna-…….poiché Michael non se n'è andato, è semplicemente tornato a casa.-
Fine-
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