LA TESTIMONIANZA DI TALITHA, UNA DELLE FOLLOWER VICINE A MICHAEL
Michael Jackson Who Is It :: Michael Life: tra palco e realtà / Michael's life:between stage and reality :: Incontri con Michael/Meet whit Michael
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LA TESTIMONIANZA DI TALITHA, UNA DELLE FOLLOWER VICINE A MICHAEL
LA TESTIMONIANZA DI TALITHA, UNA DELLE FOLLOWER VICINE A MICHAEL
Talitha è una fan di Michael che dal 1992, anno del suo primo concerto in Irlanda dove è nata e cresciuta, non ha mai smesso di seguire Michael in giro per il mondo, non solo in occasione dei suoi tour, ma anche in molte altre circostanze che nel corso degli anni le hanno permesso di vivere un rapporto di tipo amichevole con lui. Talitha era a Las Vegas nel 2008 e a Los Angeles nel 2009, vicina a Michael fino all’ultimo giorno della sua vita. Di seguito, la sua testimonianza relativa a questo particolare periodo, scelto tra i tanti, preziosi ricordi condivisi sul suo sito: http://www.michaeljacksonthelastangel.com/ in funzione dell’utilità che la sua esperienza può avere per chiarire il contesto in cui è maturato l’omicidio di Michael.
"Il 2008 è stato l’anno più felice della mia vita perché è stato quello in cui ho visto Michael felice come mai prima di allora. Stava conducendo ancora una vita tranquilla, come un papà per i suoi figli. Uscivano insieme tre o quattro volte alla settimana, spesso a vedere uno spettacolo sulla Las Vegas Strip, al cinema al The Palms o a cena al Planet Hollywood. Stava lavorando senza sosta e sembrava più entusiasta che mai di pubblicare nuova musica e riconnettersi con i suoi fans.
Due cose vorrei ricordare, anche se sono piuttosto ovvie alla maggior parte dei fan.
LA PRIMA: PER MICHAEL, NON C’ERA NULLA DI PIU’ IMPORTANTE DEL SUO ESSERE PADRE E NESSUNO SUL PIANETA CHE LUI AMASSE DI PIU’ DEI SUOI TRE FIGLI. Erano il suo mondo e lui era il loro. Quando parlava di progetti per il futuro, del tipo dove gli sarebbe piaciuto andare o vivere nel futuro, ha sempre usato il pronome "noi", mai "io". Erano una cosa sola, legati dall’amore.
LA SECONDA: MICHAEL NON HA MAI SMESSO DI CREARE. MAI. Creare per lui è come respirare. L'espressione artistica fluiva da lui tutto il tempo, non importa dove fosse o cosa stava accadendo nella sua vita. Deve aver scritto centinaia o addirittura migliaia di canzoni l'anno, ma pubblicato solo il meglio di ciò che ha creato. Lui è un genio e un perfezionista, in tutto e per tutto.
La casa di Michael nel 2008 era in una tranquilla strada residenziale chiamata Palomino Lane a Las Vegas. Ogni volta che usciva o rincasava, si fermava ed io chiacchieravo con lui ed i suoi figli, a volte da sola, a volte insieme ad altri - con gli alunni delle scuole vicine oppure con i fan di Las Vegas e/o con i follower in visita dall'Europa. A volte, parlava con noi dai 20 ai 30 minuti, spesso ci chiedeva quali fossero le nostre canzoni preferite, i video che ci piacevano di più e in che cosa avremmo voluto più di tutte vederlo esibirsi.
E’ stato un anno da sogno, che ha superato tutti gli altri, non solo perché sono arrivata a trascorrere più tempo che mai insieme a Michael, ma anche perché ho avuto modo di conoscere i suoi tre bellissimi bambini, con i quali ho avuto lunghe conversazioni, scambio di doni e lettere, sono andata a un proiezione privata di un film (con il papà) al Palms, e scambiato racconti sui nostri animali domestici, i nostri libri e film preferiti e sulla nostra vita quotidiana.
Michael ed i suoi figli lasciarono la loro casa di Las Vegas il 20 ottobre 2008. Io ero lì in quel momento insieme ad un caro amico in visita dall'Inghilterra e una ragazza di una scuola vicina. Avemmo una conversazione divertente e spensierata e Michael ci disse che sarebbe andato a Los Angeles per qualche giorno, ma sarebbe tornato presto.
Purtroppo, i suoi piani presto cambiarono e lui non tornò mai più.
A Los Angeles ho incontrato un intero nuovo gruppo di fan, alcuni dei quali sarebbero diventati i miei amici più cari.
Nel 2007, Michael a Las Vegas mi disse (parlando di me e di una mia amica dall'Inghilterra):
"Adoro guardare fuori e vedere voi ragazze che mi aspettate. Mi fa sentire meno solo"
Bene, quando ti dice una cosa simile, cosa hai intenzione di fare? Essere lì tutto il giorno tutti i giorni, naturalmente! Ed è quello che abbiamo fatto. E quando ci ha invitate a seguirlo da luogo a luogo, abbiamo fatto anche questo. Eravamo sempre lì per lui. Eravamo il suo muro d'amore, qualcosa per lui da utilizzare quando si sentiva stressato o stanco o triste, una collezione di volti sorridenti ed affettuosi in attesa di salutarlo, dargli regali e lettere e inondarlo d’amore.
Mentre a Las Vegas vivevamo una situazione informale e privata, a Los Angeles divenne ben presto un affare pubblico, con gruppi di fan, paparazzi e cacciatori di autografi (gente che raccoglie autografi di celebrità per venderli) spesso mescolati insieme, soprattutto nei primi mesi (ottobre,novembre e dicembre del 2008) mentre si trovava al Bel Air Hotel e le ultime settimane (giugno 2009). Eppure, c’erano ancora molte opportunità per vederlo e parlare con lui in privato.
Naturalmente, adoravo vedere Michael (ed i suoi figli) da sola. Ma ho anche amato vederlo insieme ad altri fan. Purtroppo, c’erano state occasioni nel corso degli anni in cui lui era venuto a parlare con noi e una persona aveva rovinato tutto per tutti, o dando di matto o parlando più di tutti per cercare di monopolizzare la conversazione.
Le persone con le quali ho fatto amicizia a Los Angeles erano del miglior tipo. Condividevamo tutto l’uno con l’altro e questo ha creato una tale atmosfera piacevole, senza la solita competitività e gelosia che purtroppo sono sempre state una (forse inevitabile) parte del mondo dei fan.
Ci tenevamo reciprocamente al corrente di quanto stava accadendo - dove si trovava, quello che stava facendo, ecc. Nelle nostre lettere a lui, parlavamo l’uno dell'altro e dell'amicizia che condividevamo. E quando era lui a darci delle lettere, facevamo una lotteria per stabilire chi avrebbe tenuto l'originale e fatto una copia per tutti.
Nei mesi di aprile e maggio 2009, Michael andava al CenterStaging Studios di Burbank poche volte a settimana per provare gli spettacoli del This Is It. Quando la sera usciva, si fermava a parlare con noi, a volte per un minuto, a volte per dieci. Tutti ci raccoglievamo intorno a lui facendo moine e ridacchiando e facendogli domande.
Se sapevamo che qualcuno voleva chiedergli qualcosa, ma era troppo timido per parlare, richiamavamo la sua attenzione verso di loro cosicché tutti si sentissero coinvolti e nessuno escluso. A volte non avevamo più cose da dirgli, allora per un po' c'era silenzio e poi uno dei miei amici mi sfiorava col gomito e mi diceva: "Dì qualcosa, Talitha" solo per tenerlo lì ancora un altro po'.
La prima volta che sono andata a trovare Michael (ed i suoi bambini) all'interno della sua casa di Carolwood, il 23 febbraio 2009, lui parlò più volte dei fan e del modo in cui lo facevano sentire.
Lui disse (estratto dalla mia trascrizione di quella sera):
"Sono così grato a tutte le ragazze che mi inviano regali e lettere. Siete voi che mi ispirate ... Sento tutto quell'amore e lo assorbo e poi immediatamente lo rido indietro. Leggo tutto quello che voi ragazzi mi date. C'è un posto speciale nella casa in cui la sicurezza mette le cose. Leggo tutto e lo mostro ai bambini."
Ci sarà sempre un posto molto speciale nel mio cuore per quelle deliziose ragazze di Los Angeles, non solo per il modo in cui hanno trattato me e ci siamo trattate l’una con l'altra, ma soprattutto per il modo in cui hanno trattato LUI. Grazie a loro (e agli altri splendidi fan che venivano di tanto in tanto), Michael ha avuto modo di sentire un’abbondanza di bontà, stima e amore in quelli che sarebbero diventati gli ultimi mesi, settimane e giorni della sua vita.
Nel 2007, e soprattutto nel 2008, Michael mi parlò spesso di tour. Diceva sempre la stessa cosa - che non voleva fare un grande tour, ma piuttosto una serie di grandi concerti nelle principali città di tutto il mondo, come Londra, Tokyo, Sydney e New York.
Il suo annuncio del This Is It tour a Londra il 5 marzo 2009 fu una sorpresa enorme per tutti, me compresa. Nel corso delle settimane successive, il numero dei concerti lievitò dagli iniziali dieci ad un incredibile numero di 50. 50 concerti in una sola città. Cosa che era molto diversa da quello di cui lui aveva parlato negli ultimi due anni.
Molti di noi erano preoccupati che i concerti fossero troppi, che il tour fosse troppo faticoso e impegnativo, anche per lui. Ma lui all’inizio sembrava positivo ed entusiasta.
Quando tornò da Londra l'8 marzo 2009, ci chiese:
"E’ stata una sorpresa? Siete rimasti sorpresi? "
E nei mesi successivi, ci parlò spesso delle prove e ci chiese quali canzoni avremmo voluto che lui eseguisse. Parlò anche di continuare il tour in altre città, tra le quali New York e Tokyo. Quando andammo a trovarlo all'interno del CenterStaging Studios il 16 aprile 2009, mi disse che era molto eccitato perché gli era appena venuta in mente la sequenza di chiusura per lo show.
Quando Michael non era alle prove, spesso lavorava a della nuova musica in uno studio dietro casa sua. La sera del 22 maggio 2009 rimanemmo affascinati sentendolo riprovare più e più volte una parte di una canzone a tutto volume. Aveva una base come Smooth Criminal e si sviluppava su un coro drammatico. Aveva un suono così meraviglioso. Michael venne a parlare con noi cinque volte quella sera e sorrideva così tanto.
Sembrava andare tutto bene. Per mesi, sembrava andare tutto bene.
Il primo segnale che non fosse del tutto soddisfatto del tour lo ebbi il 29 maggio 2009, che era il suo ultimo giorno di prove al CenterStaging. Michael parlò con un fan europeo che gli disse che non eravamo riusciti a comprare i biglietti per tutti i concerti del This Is It tour, in primo luogo perché tutti avevano il limite di poter comprare solo quattro biglietti con una carta di credito e anche perché tutti i biglietti migliori erano stati venduti ad una società di prevendita secondaria chiamata Viagogo, che li rivendeva per centinaia o addirittura migliaia di sterline.
Normalmente, i più grandi fan sono nelle primissime file perché arrivano prima e aspettano più a lungo, non perché sborsano più soldi. Ma gli unici biglietti che noi potevamo acquistare al valore nominale, dalle 50 alle 75 sterline, erano per i posti più lontani dal palco. (Si noti che gli artisti di solito ottengono una percentuale del valore nominale dei biglietti venduti quindi Michael avrebbe potuto ottenere 20 sterline per un biglietto venduto per 1.000!)
Dopo aver parlato con questo fan riguardo ai biglietti, Michael chiamò altri nove di noi nel suo camerino. Questa è la conversazione che ebbe luogo, come la scrissi quella sera:
MJ: vi amo, vi amo, vi amo. Volevo dirvi che io non sapevo che per i concerti ci fossero posti a sedere. Non lo sapevo e ho intenzione di fare qualcosa al riguardo. Hanno agito senza il mio consenso. Lo hanno fatto per ovvie ragioni.
Tutti noi: per fare soldi, lo sappiamo. Sappiamo che non è colpa tua.
Jill: Sappiamo quanto tutto questo sia complicato e quante persone siano coinvolte.
MJ: Hanno anche sbagliato la programmazione. Doveva essere spettacolo, giorno di riposo, spettacolo, giorno di riposo, spettacolo, giorno di riposo.
Jill: Siamo preoccupati che non saremo in grado di starti dietro.
MJ: (ridendo) Ho messo tutto quello che ho nello show. Lavoro così duramente. Ma io sono una sola persona. C’è un limite a quello che posso fare. (emozionandosi)
Io: Michael, perfavore non sforzarti troppo. Perfavore, abbi cura della tua salute. Tu sei più importante di tutto. Non devi fare tutti i 50 spettacoli. Se sono troppi, semplicemente cancellali. Non permettere a nessuno di pressarti a fare qualcosa che non vuoi fare. Fai solamente quello che vuoi. Sei TU che noi amiamo.
MJ: Oh, grazie, sei così dolce, grazie. Dio vi benedica tutti. Volevo anche dirvi che mi dispiace che non abbassiamo il finestrino a volte ma è per motivi di sicurezza. So che tutti aspettate me e vi amo così tanto.
Tutti noi: non ti preoccupare, lo capiamo Michael. Ti amiamo. Ti amiamo di più.
MJ: Grazie per il vostro amore e grazie per la vostra fedeltà.
Giunse le mani, chinò il capo, e rimase lì in silenzio per un po'. Potemmo sentire la sua energia protendersi verso di noi e riempire la sala.
Purtroppo qualcuno tradì Michael vendendolo ad un tabloid britannico, che riportò alcune delle cose che lui aveva detto a noi (e io credo a quest’altro fan) il giorno successivo. AEG si affrettò a rilasciare una dichiarazione negando la validità della storia.
Lo stesso giorno che Michael ci aveva chiamati nel camerino al CenterStaging, il 29 maggio, andò in un altro edificio, uno studio di postproduzione penso. Quando uscì, noi tutti avemmo modo di posare per delle foto con lui. Scivolai nella macchina accanto a lui e ci tenemmo a vicenda per molto tempo. Questo è il mio ultimo ricordo veramente da favola. Dopo di che, le cose iniziarono a cambiare.
In primo luogo, io ed i miei amici non avemmo più lo stesso accesso a lui che avevamo avuto nei mesi precedenti. Ci sono diverse possibili ragioni per questo. Una è che si stava preparando per andare in tour a luglio ed era quindi più impegnato che mai. Un’altra è che le cose intorno a lui stavano diventando sempre più frenetiche, con il numero di paparazzi, cacciatori di autografi e fan in aumento. Ancora un’altra è che i poteri coinvolti non volevano persone intorno a Michael che avessero più cura di lui che del tour e che lo incoraggiavano a rinviarlo o annullarlo, se necessario.
Avemmo ancora modo di vederlo, naturalmente, ma le nostre interazioni erano spesso interrotte e le nostre conversazioni ridotte a poche parole qua e là. Comunque, eravamo molto grati per ogni momento vissuto con lui e usavamo ogni occasione per esprimergli il nostro amore, dargli doni e lettere e chiedergli se stava bene – lui ci ha sempre assicurato di sì.. Quando le cose erano caotiche, restavamo sulla strada alzando cartelli con messaggi d'amore.
Il 12 giugno 2009, la sicurezza ci aveva messi in fila fuori al Forum, dove lui stava provando per il This Is It, permettendoci di accostarci alla sua auto, uno per uno, per parlare con lui. Ecco la conversazione che io ebbi con lui quella notte:
Io: Ciao Michael.
MJ: Ciao!
Io: Come stai?
MJ: Sto bene, grazie. Tu come stai?
Me: sto bene, grazie. Come stanno andando le prove?
MJ: Oh, stanno andando alla grande. Sto arrivando a molte cose fatte ora.
Io: Stai lavorando molto duramente in questi giorni. Perfavore, abbi cura di te.
MJ: Oh, sei così dolce. Avrò cura di me. Te lo prometto.
Me: Ti amo Michael.
MJ: Anch’io ti amo. Dio ti benedica.
Il 16 giugno 2009, cominciammo a vedere i segni del deterioramento della salute di Michael e del suo benessere. A volte sembrava stesse bene, ma in altri momenti, sembrava stressato ed esausto. Non abbiamo avuto mai più la possibilità di parlare con lui adeguatamente, cosa che è stata molto frustrante considerando tutte le volte che gli avevamo parlato a lungo (nei mesi precedenti). Invece, mettevamo le nostre parole in lettere, che gli consegnavamo ogni volta che potevamo.
Le sue principali guardie di sicurezza ci assicurarono che stava bene e che era solo occupato e concentrato sul tour. Non sapevamo a cosa credere. Fu un momento di grande confusione. Avevamo fiducia nelle nostre osservazioni, ma continuavamo anche a chiedere a loro, perché sicuramente, se noi potevamo vedere che qualcosa non andava, con il nostra accesso molto limitato, anche tutti quelli intorno potevano, per fare qualcosa a riguardo.
Se non era felice con il numero di concerti e la programmazione del tour, doveva solo dire una parola e sarebbero stati cambiati. Giusto? Non esisteva che qualcuno avesse l'audacia di negarglielo, o peggio fare pressione su di lui per costringerlo a fare qualcosa che non voleva fare. Giusto? E se lui non si sentiva bene, il tour sarebbe stato posticipato fino a quando lui non stava meglio, o annullato, se necessario, senza fare domande. Giusto? GIUSTO?!?!?!?!?!
Domenica 21 giugno 2009, io sono stata una delle numerose persone a ricevere una email da una fan in Europa, che diceva di aver contattato una persona di fiducia che lavorava con Michael e gli era amica, e che era coinvolta nel tour, in merito alle preoccupazioni per la sua salute. Questa persona aveva risposto confermando che Michael non stava bene - lei non specificò cosa non andava bene - rassicurandola che stava facendo tutto quanto in suo potere per aiutarlo.
Io risposi a tutti quelli della lista e-mail - tutti i fan follower che Michael conosceva e riconosceva - suggerendo che noi entrassimo in contatto con lui tutti insieme, scrivendogli delle lettere per esprimergli le nostre preoccupazioni. Chiesi a tutti di inserire una fotografia di sé stessi in modo che le nostre parole sarebbero state accompagnate da volti familiari e amorevoli.
Nel giro di poche ore, raccolsi lettere da tutto il mondo, tutte (almeno quelle che lessi su richiesta del mittente) che esprimevano profondo amore e preoccupazione per lui, chiedendogli di non subire pressioni a fare qualcosa che lui non voleva fare e di mettere la sua salute per prima.
Michael sarebbe dovuto partire per Londra nel giro di pochi giorni per il concerto di apertura del This Is It Tour il 13 luglio 2009. Sapevamo che dovevamo consegnargli le nostre lettere alla prima occasione. I fan di Los Angeles scelsero me e la mia amica Jill per recapitarle nelle mani di Michael.
Eravamo nervose naturalmente. Non avevamo granché per andare avanti, semplicemente la parola di qualcuno che non conoscevamo personalmente secondo la quale lui non stava bene. E se ci stavamo sbagliando e ci mostravamo paranoici o invadenti? Ma l'epilogo possibile, se non facevamo nulla, era di gran lunga peggiore.
Se avessimo agito, il peggio che poteva capitare era che perdessimo parte della sua fiducia e rispetto, che avevano un valore altissimo. Se non avessimo agito, il peggio che poteva capitare era che sarebbe stato spinto fino al punto di crollare e finire in ospedale. Non potevamo rischiare una cosa simile.
Forse raggiungendolo adesso, potevamo evitare che accadesse qualcosa di brutto rassicurandolo che se avesse cancellato alcuni o tutti i concerti, NON sarebbe stato deluso dai suoi fan più devoti, perché tanto quanto amavamo vederlo esibirsi, avevamo a cuore la sua salute, il suo benessere e la sua felicità milioni di volte in più di quanto avessimo qualsiasi tour.
La nostra decisione di agire era basata non solo sulle informazioni che avevamo ricevuto e le nostre osservazioni, ma anche su una intuizione, un senso di terrore che molti di noi condividevano.
Ecco un estratto dalla mia ultima lettera a Michael:
"Non ci permetterai di aiutarti a portare sulle spalle questo fardello adesso, come abbiamo fatto tante volte in passato? Non ascolterai le nostre preoccupazioni per capire finalmente che noi amiamo TE Michael e non solamente l'artista, il performer. Noi amiamo la tua anima, la tua luce, il tuo cuore e moriremmo se ci lasciassi. So che accadrebbe. MORIREI DENTRO".
La prima occasione per me e Jill di dare le lettere a Michael si presentò mercoledì 24 giugno 2009. Quel giorno, l'ingresso alla casa di Michael era gremita di curiosi e cacciatori di autografi. Jill ed io sapevamo che non avremmo avuto alcuna possibilità di parlare con lui lì. Così mettemmo a punto un piano.
La sera precedente, Michael per la prima volta era andato a provare allo Staples Center - avendo finito al Forum la settimana prima. Decidemmo di agire assumendo che sarebbe andato di nuovo lì, circa alla stessa ora.
Guidammo fino allo Staples Center dirigendoci all'ingresso. Allo Staples c’erano due guardie di sicurezza e su brillante suggerimento di Jill, noi dicemmo loro che eravamo lì per salutare Michael quando sarebbe arrivato e che avevamo delle lettere da dargli, ma rassicurandoli sul fatto che da parte nostra non ci sarebbe stato alcun tentativo di avvicinarlo se non fosse stato lui a chiamarci. Questo sembrò bastare alle guardie che ci permisero di aspettare insieme a loro.
I nostri amici ci chiamarono non appena Michael partì da casa sua, tenendoci aggiornati su ogni tappa del percorso. Di solito, quando lui arrivava, tutti saltavano fuori a vederlo. Ma quella notte rimasero in disparte, per dare a me e a Jill la possibilità di parlare con lui da sole. Per quanto volessero vederlo - come tutti noi tutte le volte - il loro amore per lui era puro e disinteressato. Grazie al loro enorme sacrificio, noi tutti avemmo modo di entrare in contatto con Michael collettivamente un'ultima volta.
Alle 18:50, io e Jill vedemmo voltare la macchina di Michael verso la Chick Hearn Court e guidare verso di noi. Lo salutammo ed io tenevo le lettere, che avevamo messo in un sacchetto di plastica trasparente. Michael si sporse in avanti tra i due sedili anteriori ed il sole gli illuminò il volto, facendolo brillare.
Le auto girarono in direzione dell’ingresso, fermandosi poi per uno stop. Una delle principali guardie di sicurezza, Faheem, era alla guida e ci salutò. Ci sporgemmo verso il finestrino davanti e vedemmo Michael seduto sul sedile posteriore con il suo assistente personale, Michael Amir, accanto a lui.
Io misi le lettere direttamente nelle mani di Michael dicendogli che erano state scritte dai fan di tutto il mondo e che era veramente importante che lui le leggesse. Glielo ripetei più volte mentre lui le rigirava fra le mani e ci assicurò che l'avrebbe fatto.
Poi io chiesi che ci venissero concessi 30 secondi per leggergli un comunicato - quello che avevamo preparato perché Jill glielo leggesse e che sostanzialmente riassumeva le stesse preoccupazioni espresse nelle nostre lettere. Michael ce li accordò, ma Amir intervenne dicendo che questo potevamo farlo telefonicamente. Jill consegnò a Michael una foto che aveva fatto, una delle tante che aveva condiviso con lui e che a lui era sempre piaciuta.
Mentre l'auto si immetteva nel garage, il mio telefono squillò. Ma quando risposi, tutto quello che riuscivo a sentire erano interferenze. Questo successe più volte, con nostra grande frustrazione. Tuttavia, eravamo contente di essere riuscite almeno a consegnargli le lettere a nome nostro e di tutti gli altri affettuosi fan ansiosamente in attesa di notizie da Los Angeles. Era stata un’enorme responsabilità sulle nostre spalle.
Eravamo tutti d'accordo di aspettare una risposta da Michael prima di intraprendere ogni ulteriore iniziativa. Se lui ci avesse detto che stava bene ed era felice con il tour, ci saremmo fermati alle sue parole e avremmo continuato a sostenere lui e a credere in lui, come avevamo sempre fatto. Se ci avesse detto che non era felice e aveva bisogno di aiuto, avremmo fatto tutto quanto in nostro potere per sistemare le cose, compreso contattare familiari ed amici, se necessario, chiedendo loro di intervenire. Non avremmo mai fatto questo senza l'approvazione di Michael. Noi rispettiamo anzitutto la sua vita privata e rispondiamo solamente a lui.
Ad un certo punto, Jill ed io passeggiavamo intorno allo Staples con un amico quando scorgemmo una finestra che ci dava una visuale direttamente sul palco. Michael era lì ad esibirsi in Dangerous indossando una maglietta che una delle nostre amiche - una bella ragazza di New York - gli aveva dato il giorno prima che diceva "Riccioli per le mie ragazze", in riferimento ai suoi capelli da poco arricciati.
Non riuscivamo a credere ai nostri occhi. Avevamo sentito le canzoni previste per il tour, prima al CenterStaging e poi al Forum, ma nessuno di noi lo aveva visto esibirsi. Sembrava che lui eseguisse una routine piuttosto che dare tutto sé stesso, ma era ancora SPETTACOLARE. Alla fine della performance, comparve un angelo che avvolse attorno a lui un paio di ali dorate e lo portò giù per il palco.
Quando Michael lasciò lo Staples Center, verso mezzanotte e mezza, tirò giù il suo finestrino lungo tutta la strada e si sporse regalandoci un enorme sorriso. E quando tornò a casa sua, noi eravamo allineati su ciascun lato dell'ingresso come al solito per salutarlo. Abbassò il finestrino appena pochi centimetri per sporgere fuori la mano. Io strinsi le sue dita come la sua auto passò, facendo scivolare un biglietto per ricordargli del comunicato. Poi tutti noi gli facemmo un cenno di buonanotte.
Quando Amir poco dopo lasciò Carolwood, gli chiesi cosa era successo con la telefonata. Mi rispose che la ricezione allo Staples era scarsa e poi aggiunse che Michael gli aveva chiesto di ricordargli di telefonarmi la mattina seguente. Il 25 giugno 2009 io mi svegliai in attesa della chiamata di Michael.
Niente più chiedersi se stasera lui chiamerà. Niente più attese che lui pronunci il mio nome, avvolgendo la sua voce vellutata intorno ad ogni sillaba, facendo cantare il mio cuore. Niente più sciogliermi fra le sue braccia mentre mi sussurra dolcezze nell'orecchio. Niente più diademi e cuori scintillanti d’amore. Niente più LUI... Niente più ME. Solo un oceano di dolore e un'eternità di sofferenza. Per quanto sono stata benedetta così io sono maledetta. Torna da me mio angelo, mio amore, mio re.
Talitha, luglio 2009"
Fonte: http://www.michaeljacksonthelastangel.com/
Talitha è una fan di Michael che dal 1992, anno del suo primo concerto in Irlanda dove è nata e cresciuta, non ha mai smesso di seguire Michael in giro per il mondo, non solo in occasione dei suoi tour, ma anche in molte altre circostanze che nel corso degli anni le hanno permesso di vivere un rapporto di tipo amichevole con lui. Talitha era a Las Vegas nel 2008 e a Los Angeles nel 2009, vicina a Michael fino all’ultimo giorno della sua vita. Di seguito, la sua testimonianza relativa a questo particolare periodo, scelto tra i tanti, preziosi ricordi condivisi sul suo sito: http://www.michaeljacksonthelastangel.com/ in funzione dell’utilità che la sua esperienza può avere per chiarire il contesto in cui è maturato l’omicidio di Michael.
"Il 2008 è stato l’anno più felice della mia vita perché è stato quello in cui ho visto Michael felice come mai prima di allora. Stava conducendo ancora una vita tranquilla, come un papà per i suoi figli. Uscivano insieme tre o quattro volte alla settimana, spesso a vedere uno spettacolo sulla Las Vegas Strip, al cinema al The Palms o a cena al Planet Hollywood. Stava lavorando senza sosta e sembrava più entusiasta che mai di pubblicare nuova musica e riconnettersi con i suoi fans.
Due cose vorrei ricordare, anche se sono piuttosto ovvie alla maggior parte dei fan.
LA PRIMA: PER MICHAEL, NON C’ERA NULLA DI PIU’ IMPORTANTE DEL SUO ESSERE PADRE E NESSUNO SUL PIANETA CHE LUI AMASSE DI PIU’ DEI SUOI TRE FIGLI. Erano il suo mondo e lui era il loro. Quando parlava di progetti per il futuro, del tipo dove gli sarebbe piaciuto andare o vivere nel futuro, ha sempre usato il pronome "noi", mai "io". Erano una cosa sola, legati dall’amore.
LA SECONDA: MICHAEL NON HA MAI SMESSO DI CREARE. MAI. Creare per lui è come respirare. L'espressione artistica fluiva da lui tutto il tempo, non importa dove fosse o cosa stava accadendo nella sua vita. Deve aver scritto centinaia o addirittura migliaia di canzoni l'anno, ma pubblicato solo il meglio di ciò che ha creato. Lui è un genio e un perfezionista, in tutto e per tutto.
La casa di Michael nel 2008 era in una tranquilla strada residenziale chiamata Palomino Lane a Las Vegas. Ogni volta che usciva o rincasava, si fermava ed io chiacchieravo con lui ed i suoi figli, a volte da sola, a volte insieme ad altri - con gli alunni delle scuole vicine oppure con i fan di Las Vegas e/o con i follower in visita dall'Europa. A volte, parlava con noi dai 20 ai 30 minuti, spesso ci chiedeva quali fossero le nostre canzoni preferite, i video che ci piacevano di più e in che cosa avremmo voluto più di tutte vederlo esibirsi.
E’ stato un anno da sogno, che ha superato tutti gli altri, non solo perché sono arrivata a trascorrere più tempo che mai insieme a Michael, ma anche perché ho avuto modo di conoscere i suoi tre bellissimi bambini, con i quali ho avuto lunghe conversazioni, scambio di doni e lettere, sono andata a un proiezione privata di un film (con il papà) al Palms, e scambiato racconti sui nostri animali domestici, i nostri libri e film preferiti e sulla nostra vita quotidiana.
Michael ed i suoi figli lasciarono la loro casa di Las Vegas il 20 ottobre 2008. Io ero lì in quel momento insieme ad un caro amico in visita dall'Inghilterra e una ragazza di una scuola vicina. Avemmo una conversazione divertente e spensierata e Michael ci disse che sarebbe andato a Los Angeles per qualche giorno, ma sarebbe tornato presto.
Purtroppo, i suoi piani presto cambiarono e lui non tornò mai più.
A Los Angeles ho incontrato un intero nuovo gruppo di fan, alcuni dei quali sarebbero diventati i miei amici più cari.
Nel 2007, Michael a Las Vegas mi disse (parlando di me e di una mia amica dall'Inghilterra):
"Adoro guardare fuori e vedere voi ragazze che mi aspettate. Mi fa sentire meno solo"
Bene, quando ti dice una cosa simile, cosa hai intenzione di fare? Essere lì tutto il giorno tutti i giorni, naturalmente! Ed è quello che abbiamo fatto. E quando ci ha invitate a seguirlo da luogo a luogo, abbiamo fatto anche questo. Eravamo sempre lì per lui. Eravamo il suo muro d'amore, qualcosa per lui da utilizzare quando si sentiva stressato o stanco o triste, una collezione di volti sorridenti ed affettuosi in attesa di salutarlo, dargli regali e lettere e inondarlo d’amore.
Mentre a Las Vegas vivevamo una situazione informale e privata, a Los Angeles divenne ben presto un affare pubblico, con gruppi di fan, paparazzi e cacciatori di autografi (gente che raccoglie autografi di celebrità per venderli) spesso mescolati insieme, soprattutto nei primi mesi (ottobre,novembre e dicembre del 2008) mentre si trovava al Bel Air Hotel e le ultime settimane (giugno 2009). Eppure, c’erano ancora molte opportunità per vederlo e parlare con lui in privato.
Naturalmente, adoravo vedere Michael (ed i suoi figli) da sola. Ma ho anche amato vederlo insieme ad altri fan. Purtroppo, c’erano state occasioni nel corso degli anni in cui lui era venuto a parlare con noi e una persona aveva rovinato tutto per tutti, o dando di matto o parlando più di tutti per cercare di monopolizzare la conversazione.
Le persone con le quali ho fatto amicizia a Los Angeles erano del miglior tipo. Condividevamo tutto l’uno con l’altro e questo ha creato una tale atmosfera piacevole, senza la solita competitività e gelosia che purtroppo sono sempre state una (forse inevitabile) parte del mondo dei fan.
Ci tenevamo reciprocamente al corrente di quanto stava accadendo - dove si trovava, quello che stava facendo, ecc. Nelle nostre lettere a lui, parlavamo l’uno dell'altro e dell'amicizia che condividevamo. E quando era lui a darci delle lettere, facevamo una lotteria per stabilire chi avrebbe tenuto l'originale e fatto una copia per tutti.
Nei mesi di aprile e maggio 2009, Michael andava al CenterStaging Studios di Burbank poche volte a settimana per provare gli spettacoli del This Is It. Quando la sera usciva, si fermava a parlare con noi, a volte per un minuto, a volte per dieci. Tutti ci raccoglievamo intorno a lui facendo moine e ridacchiando e facendogli domande.
Se sapevamo che qualcuno voleva chiedergli qualcosa, ma era troppo timido per parlare, richiamavamo la sua attenzione verso di loro cosicché tutti si sentissero coinvolti e nessuno escluso. A volte non avevamo più cose da dirgli, allora per un po' c'era silenzio e poi uno dei miei amici mi sfiorava col gomito e mi diceva: "Dì qualcosa, Talitha" solo per tenerlo lì ancora un altro po'.
La prima volta che sono andata a trovare Michael (ed i suoi bambini) all'interno della sua casa di Carolwood, il 23 febbraio 2009, lui parlò più volte dei fan e del modo in cui lo facevano sentire.
Lui disse (estratto dalla mia trascrizione di quella sera):
"Sono così grato a tutte le ragazze che mi inviano regali e lettere. Siete voi che mi ispirate ... Sento tutto quell'amore e lo assorbo e poi immediatamente lo rido indietro. Leggo tutto quello che voi ragazzi mi date. C'è un posto speciale nella casa in cui la sicurezza mette le cose. Leggo tutto e lo mostro ai bambini."
Ci sarà sempre un posto molto speciale nel mio cuore per quelle deliziose ragazze di Los Angeles, non solo per il modo in cui hanno trattato me e ci siamo trattate l’una con l'altra, ma soprattutto per il modo in cui hanno trattato LUI. Grazie a loro (e agli altri splendidi fan che venivano di tanto in tanto), Michael ha avuto modo di sentire un’abbondanza di bontà, stima e amore in quelli che sarebbero diventati gli ultimi mesi, settimane e giorni della sua vita.
Nel 2007, e soprattutto nel 2008, Michael mi parlò spesso di tour. Diceva sempre la stessa cosa - che non voleva fare un grande tour, ma piuttosto una serie di grandi concerti nelle principali città di tutto il mondo, come Londra, Tokyo, Sydney e New York.
Il suo annuncio del This Is It tour a Londra il 5 marzo 2009 fu una sorpresa enorme per tutti, me compresa. Nel corso delle settimane successive, il numero dei concerti lievitò dagli iniziali dieci ad un incredibile numero di 50. 50 concerti in una sola città. Cosa che era molto diversa da quello di cui lui aveva parlato negli ultimi due anni.
Molti di noi erano preoccupati che i concerti fossero troppi, che il tour fosse troppo faticoso e impegnativo, anche per lui. Ma lui all’inizio sembrava positivo ed entusiasta.
Quando tornò da Londra l'8 marzo 2009, ci chiese:
"E’ stata una sorpresa? Siete rimasti sorpresi? "
E nei mesi successivi, ci parlò spesso delle prove e ci chiese quali canzoni avremmo voluto che lui eseguisse. Parlò anche di continuare il tour in altre città, tra le quali New York e Tokyo. Quando andammo a trovarlo all'interno del CenterStaging Studios il 16 aprile 2009, mi disse che era molto eccitato perché gli era appena venuta in mente la sequenza di chiusura per lo show.
Quando Michael non era alle prove, spesso lavorava a della nuova musica in uno studio dietro casa sua. La sera del 22 maggio 2009 rimanemmo affascinati sentendolo riprovare più e più volte una parte di una canzone a tutto volume. Aveva una base come Smooth Criminal e si sviluppava su un coro drammatico. Aveva un suono così meraviglioso. Michael venne a parlare con noi cinque volte quella sera e sorrideva così tanto.
Sembrava andare tutto bene. Per mesi, sembrava andare tutto bene.
Il primo segnale che non fosse del tutto soddisfatto del tour lo ebbi il 29 maggio 2009, che era il suo ultimo giorno di prove al CenterStaging. Michael parlò con un fan europeo che gli disse che non eravamo riusciti a comprare i biglietti per tutti i concerti del This Is It tour, in primo luogo perché tutti avevano il limite di poter comprare solo quattro biglietti con una carta di credito e anche perché tutti i biglietti migliori erano stati venduti ad una società di prevendita secondaria chiamata Viagogo, che li rivendeva per centinaia o addirittura migliaia di sterline.
Normalmente, i più grandi fan sono nelle primissime file perché arrivano prima e aspettano più a lungo, non perché sborsano più soldi. Ma gli unici biglietti che noi potevamo acquistare al valore nominale, dalle 50 alle 75 sterline, erano per i posti più lontani dal palco. (Si noti che gli artisti di solito ottengono una percentuale del valore nominale dei biglietti venduti quindi Michael avrebbe potuto ottenere 20 sterline per un biglietto venduto per 1.000!)
Dopo aver parlato con questo fan riguardo ai biglietti, Michael chiamò altri nove di noi nel suo camerino. Questa è la conversazione che ebbe luogo, come la scrissi quella sera:
MJ: vi amo, vi amo, vi amo. Volevo dirvi che io non sapevo che per i concerti ci fossero posti a sedere. Non lo sapevo e ho intenzione di fare qualcosa al riguardo. Hanno agito senza il mio consenso. Lo hanno fatto per ovvie ragioni.
Tutti noi: per fare soldi, lo sappiamo. Sappiamo che non è colpa tua.
Jill: Sappiamo quanto tutto questo sia complicato e quante persone siano coinvolte.
MJ: Hanno anche sbagliato la programmazione. Doveva essere spettacolo, giorno di riposo, spettacolo, giorno di riposo, spettacolo, giorno di riposo.
Jill: Siamo preoccupati che non saremo in grado di starti dietro.
MJ: (ridendo) Ho messo tutto quello che ho nello show. Lavoro così duramente. Ma io sono una sola persona. C’è un limite a quello che posso fare. (emozionandosi)
Io: Michael, perfavore non sforzarti troppo. Perfavore, abbi cura della tua salute. Tu sei più importante di tutto. Non devi fare tutti i 50 spettacoli. Se sono troppi, semplicemente cancellali. Non permettere a nessuno di pressarti a fare qualcosa che non vuoi fare. Fai solamente quello che vuoi. Sei TU che noi amiamo.
MJ: Oh, grazie, sei così dolce, grazie. Dio vi benedica tutti. Volevo anche dirvi che mi dispiace che non abbassiamo il finestrino a volte ma è per motivi di sicurezza. So che tutti aspettate me e vi amo così tanto.
Tutti noi: non ti preoccupare, lo capiamo Michael. Ti amiamo. Ti amiamo di più.
MJ: Grazie per il vostro amore e grazie per la vostra fedeltà.
Giunse le mani, chinò il capo, e rimase lì in silenzio per un po'. Potemmo sentire la sua energia protendersi verso di noi e riempire la sala.
Purtroppo qualcuno tradì Michael vendendolo ad un tabloid britannico, che riportò alcune delle cose che lui aveva detto a noi (e io credo a quest’altro fan) il giorno successivo. AEG si affrettò a rilasciare una dichiarazione negando la validità della storia.
Lo stesso giorno che Michael ci aveva chiamati nel camerino al CenterStaging, il 29 maggio, andò in un altro edificio, uno studio di postproduzione penso. Quando uscì, noi tutti avemmo modo di posare per delle foto con lui. Scivolai nella macchina accanto a lui e ci tenemmo a vicenda per molto tempo. Questo è il mio ultimo ricordo veramente da favola. Dopo di che, le cose iniziarono a cambiare.
In primo luogo, io ed i miei amici non avemmo più lo stesso accesso a lui che avevamo avuto nei mesi precedenti. Ci sono diverse possibili ragioni per questo. Una è che si stava preparando per andare in tour a luglio ed era quindi più impegnato che mai. Un’altra è che le cose intorno a lui stavano diventando sempre più frenetiche, con il numero di paparazzi, cacciatori di autografi e fan in aumento. Ancora un’altra è che i poteri coinvolti non volevano persone intorno a Michael che avessero più cura di lui che del tour e che lo incoraggiavano a rinviarlo o annullarlo, se necessario.
Avemmo ancora modo di vederlo, naturalmente, ma le nostre interazioni erano spesso interrotte e le nostre conversazioni ridotte a poche parole qua e là. Comunque, eravamo molto grati per ogni momento vissuto con lui e usavamo ogni occasione per esprimergli il nostro amore, dargli doni e lettere e chiedergli se stava bene – lui ci ha sempre assicurato di sì.. Quando le cose erano caotiche, restavamo sulla strada alzando cartelli con messaggi d'amore.
Il 12 giugno 2009, la sicurezza ci aveva messi in fila fuori al Forum, dove lui stava provando per il This Is It, permettendoci di accostarci alla sua auto, uno per uno, per parlare con lui. Ecco la conversazione che io ebbi con lui quella notte:
Io: Ciao Michael.
MJ: Ciao!
Io: Come stai?
MJ: Sto bene, grazie. Tu come stai?
Me: sto bene, grazie. Come stanno andando le prove?
MJ: Oh, stanno andando alla grande. Sto arrivando a molte cose fatte ora.
Io: Stai lavorando molto duramente in questi giorni. Perfavore, abbi cura di te.
MJ: Oh, sei così dolce. Avrò cura di me. Te lo prometto.
Me: Ti amo Michael.
MJ: Anch’io ti amo. Dio ti benedica.
Il 16 giugno 2009, cominciammo a vedere i segni del deterioramento della salute di Michael e del suo benessere. A volte sembrava stesse bene, ma in altri momenti, sembrava stressato ed esausto. Non abbiamo avuto mai più la possibilità di parlare con lui adeguatamente, cosa che è stata molto frustrante considerando tutte le volte che gli avevamo parlato a lungo (nei mesi precedenti). Invece, mettevamo le nostre parole in lettere, che gli consegnavamo ogni volta che potevamo.
Le sue principali guardie di sicurezza ci assicurarono che stava bene e che era solo occupato e concentrato sul tour. Non sapevamo a cosa credere. Fu un momento di grande confusione. Avevamo fiducia nelle nostre osservazioni, ma continuavamo anche a chiedere a loro, perché sicuramente, se noi potevamo vedere che qualcosa non andava, con il nostra accesso molto limitato, anche tutti quelli intorno potevano, per fare qualcosa a riguardo.
Se non era felice con il numero di concerti e la programmazione del tour, doveva solo dire una parola e sarebbero stati cambiati. Giusto? Non esisteva che qualcuno avesse l'audacia di negarglielo, o peggio fare pressione su di lui per costringerlo a fare qualcosa che non voleva fare. Giusto? E se lui non si sentiva bene, il tour sarebbe stato posticipato fino a quando lui non stava meglio, o annullato, se necessario, senza fare domande. Giusto? GIUSTO?!?!?!?!?!
Domenica 21 giugno 2009, io sono stata una delle numerose persone a ricevere una email da una fan in Europa, che diceva di aver contattato una persona di fiducia che lavorava con Michael e gli era amica, e che era coinvolta nel tour, in merito alle preoccupazioni per la sua salute. Questa persona aveva risposto confermando che Michael non stava bene - lei non specificò cosa non andava bene - rassicurandola che stava facendo tutto quanto in suo potere per aiutarlo.
Io risposi a tutti quelli della lista e-mail - tutti i fan follower che Michael conosceva e riconosceva - suggerendo che noi entrassimo in contatto con lui tutti insieme, scrivendogli delle lettere per esprimergli le nostre preoccupazioni. Chiesi a tutti di inserire una fotografia di sé stessi in modo che le nostre parole sarebbero state accompagnate da volti familiari e amorevoli.
Nel giro di poche ore, raccolsi lettere da tutto il mondo, tutte (almeno quelle che lessi su richiesta del mittente) che esprimevano profondo amore e preoccupazione per lui, chiedendogli di non subire pressioni a fare qualcosa che lui non voleva fare e di mettere la sua salute per prima.
Michael sarebbe dovuto partire per Londra nel giro di pochi giorni per il concerto di apertura del This Is It Tour il 13 luglio 2009. Sapevamo che dovevamo consegnargli le nostre lettere alla prima occasione. I fan di Los Angeles scelsero me e la mia amica Jill per recapitarle nelle mani di Michael.
Eravamo nervose naturalmente. Non avevamo granché per andare avanti, semplicemente la parola di qualcuno che non conoscevamo personalmente secondo la quale lui non stava bene. E se ci stavamo sbagliando e ci mostravamo paranoici o invadenti? Ma l'epilogo possibile, se non facevamo nulla, era di gran lunga peggiore.
Se avessimo agito, il peggio che poteva capitare era che perdessimo parte della sua fiducia e rispetto, che avevano un valore altissimo. Se non avessimo agito, il peggio che poteva capitare era che sarebbe stato spinto fino al punto di crollare e finire in ospedale. Non potevamo rischiare una cosa simile.
Forse raggiungendolo adesso, potevamo evitare che accadesse qualcosa di brutto rassicurandolo che se avesse cancellato alcuni o tutti i concerti, NON sarebbe stato deluso dai suoi fan più devoti, perché tanto quanto amavamo vederlo esibirsi, avevamo a cuore la sua salute, il suo benessere e la sua felicità milioni di volte in più di quanto avessimo qualsiasi tour.
La nostra decisione di agire era basata non solo sulle informazioni che avevamo ricevuto e le nostre osservazioni, ma anche su una intuizione, un senso di terrore che molti di noi condividevano.
Ecco un estratto dalla mia ultima lettera a Michael:
"Non ci permetterai di aiutarti a portare sulle spalle questo fardello adesso, come abbiamo fatto tante volte in passato? Non ascolterai le nostre preoccupazioni per capire finalmente che noi amiamo TE Michael e non solamente l'artista, il performer. Noi amiamo la tua anima, la tua luce, il tuo cuore e moriremmo se ci lasciassi. So che accadrebbe. MORIREI DENTRO".
La prima occasione per me e Jill di dare le lettere a Michael si presentò mercoledì 24 giugno 2009. Quel giorno, l'ingresso alla casa di Michael era gremita di curiosi e cacciatori di autografi. Jill ed io sapevamo che non avremmo avuto alcuna possibilità di parlare con lui lì. Così mettemmo a punto un piano.
La sera precedente, Michael per la prima volta era andato a provare allo Staples Center - avendo finito al Forum la settimana prima. Decidemmo di agire assumendo che sarebbe andato di nuovo lì, circa alla stessa ora.
Guidammo fino allo Staples Center dirigendoci all'ingresso. Allo Staples c’erano due guardie di sicurezza e su brillante suggerimento di Jill, noi dicemmo loro che eravamo lì per salutare Michael quando sarebbe arrivato e che avevamo delle lettere da dargli, ma rassicurandoli sul fatto che da parte nostra non ci sarebbe stato alcun tentativo di avvicinarlo se non fosse stato lui a chiamarci. Questo sembrò bastare alle guardie che ci permisero di aspettare insieme a loro.
I nostri amici ci chiamarono non appena Michael partì da casa sua, tenendoci aggiornati su ogni tappa del percorso. Di solito, quando lui arrivava, tutti saltavano fuori a vederlo. Ma quella notte rimasero in disparte, per dare a me e a Jill la possibilità di parlare con lui da sole. Per quanto volessero vederlo - come tutti noi tutte le volte - il loro amore per lui era puro e disinteressato. Grazie al loro enorme sacrificio, noi tutti avemmo modo di entrare in contatto con Michael collettivamente un'ultima volta.
Alle 18:50, io e Jill vedemmo voltare la macchina di Michael verso la Chick Hearn Court e guidare verso di noi. Lo salutammo ed io tenevo le lettere, che avevamo messo in un sacchetto di plastica trasparente. Michael si sporse in avanti tra i due sedili anteriori ed il sole gli illuminò il volto, facendolo brillare.
Le auto girarono in direzione dell’ingresso, fermandosi poi per uno stop. Una delle principali guardie di sicurezza, Faheem, era alla guida e ci salutò. Ci sporgemmo verso il finestrino davanti e vedemmo Michael seduto sul sedile posteriore con il suo assistente personale, Michael Amir, accanto a lui.
Io misi le lettere direttamente nelle mani di Michael dicendogli che erano state scritte dai fan di tutto il mondo e che era veramente importante che lui le leggesse. Glielo ripetei più volte mentre lui le rigirava fra le mani e ci assicurò che l'avrebbe fatto.
Poi io chiesi che ci venissero concessi 30 secondi per leggergli un comunicato - quello che avevamo preparato perché Jill glielo leggesse e che sostanzialmente riassumeva le stesse preoccupazioni espresse nelle nostre lettere. Michael ce li accordò, ma Amir intervenne dicendo che questo potevamo farlo telefonicamente. Jill consegnò a Michael una foto che aveva fatto, una delle tante che aveva condiviso con lui e che a lui era sempre piaciuta.
Mentre l'auto si immetteva nel garage, il mio telefono squillò. Ma quando risposi, tutto quello che riuscivo a sentire erano interferenze. Questo successe più volte, con nostra grande frustrazione. Tuttavia, eravamo contente di essere riuscite almeno a consegnargli le lettere a nome nostro e di tutti gli altri affettuosi fan ansiosamente in attesa di notizie da Los Angeles. Era stata un’enorme responsabilità sulle nostre spalle.
Eravamo tutti d'accordo di aspettare una risposta da Michael prima di intraprendere ogni ulteriore iniziativa. Se lui ci avesse detto che stava bene ed era felice con il tour, ci saremmo fermati alle sue parole e avremmo continuato a sostenere lui e a credere in lui, come avevamo sempre fatto. Se ci avesse detto che non era felice e aveva bisogno di aiuto, avremmo fatto tutto quanto in nostro potere per sistemare le cose, compreso contattare familiari ed amici, se necessario, chiedendo loro di intervenire. Non avremmo mai fatto questo senza l'approvazione di Michael. Noi rispettiamo anzitutto la sua vita privata e rispondiamo solamente a lui.
Ad un certo punto, Jill ed io passeggiavamo intorno allo Staples con un amico quando scorgemmo una finestra che ci dava una visuale direttamente sul palco. Michael era lì ad esibirsi in Dangerous indossando una maglietta che una delle nostre amiche - una bella ragazza di New York - gli aveva dato il giorno prima che diceva "Riccioli per le mie ragazze", in riferimento ai suoi capelli da poco arricciati.
Non riuscivamo a credere ai nostri occhi. Avevamo sentito le canzoni previste per il tour, prima al CenterStaging e poi al Forum, ma nessuno di noi lo aveva visto esibirsi. Sembrava che lui eseguisse una routine piuttosto che dare tutto sé stesso, ma era ancora SPETTACOLARE. Alla fine della performance, comparve un angelo che avvolse attorno a lui un paio di ali dorate e lo portò giù per il palco.
Quando Michael lasciò lo Staples Center, verso mezzanotte e mezza, tirò giù il suo finestrino lungo tutta la strada e si sporse regalandoci un enorme sorriso. E quando tornò a casa sua, noi eravamo allineati su ciascun lato dell'ingresso come al solito per salutarlo. Abbassò il finestrino appena pochi centimetri per sporgere fuori la mano. Io strinsi le sue dita come la sua auto passò, facendo scivolare un biglietto per ricordargli del comunicato. Poi tutti noi gli facemmo un cenno di buonanotte.
Quando Amir poco dopo lasciò Carolwood, gli chiesi cosa era successo con la telefonata. Mi rispose che la ricezione allo Staples era scarsa e poi aggiunse che Michael gli aveva chiesto di ricordargli di telefonarmi la mattina seguente. Il 25 giugno 2009 io mi svegliai in attesa della chiamata di Michael.
Niente più chiedersi se stasera lui chiamerà. Niente più attese che lui pronunci il mio nome, avvolgendo la sua voce vellutata intorno ad ogni sillaba, facendo cantare il mio cuore. Niente più sciogliermi fra le sue braccia mentre mi sussurra dolcezze nell'orecchio. Niente più diademi e cuori scintillanti d’amore. Niente più LUI... Niente più ME. Solo un oceano di dolore e un'eternità di sofferenza. Per quanto sono stata benedetta così io sono maledetta. Torna da me mio angelo, mio amore, mio re.
Talitha, luglio 2009"
Fonte: http://www.michaeljacksonthelastangel.com/
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