Cresce il popolo degli alberi. Ma la deforestazione continua
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Cresce il popolo degli alberi. Ma la deforestazione continua
Inviato: Sab Mar 27, 2010 8:43 am
Cresce il popolo degli alberi. Ma la deforestazione continua.
DOSSIER. Secondo l’ultimo studio della Fao ogni anno sparisce un’area verde grande come il Costa Rica. Ma gli abbattimenti diminuiscono sotto la spinta dei governi, consapevoli che i boschi non sono infiniti.
Saranno stati i concerti di Sting o il video “Earth” di Michael Jackson a salvare la foreste del pianeta? Improbabile, ma intanto un dato positivo c’è: a quasi vent’anni dalle grandi campagne di sensibilizzazione degli anni Novanta la deforestazione diminuisce. In verità è troppo presto per cantare vittoria, sullo sfondo resta l’allarme: la Terra nell’ultimo decennio ha subito un’amputazione boschiva annua pari alla superficie di un Paese come il Costa Rica (51.100 chilometri quadrati).
A dirlo è un rapporto dettagliato sulle risorse forestali presentato ieri dall Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite delegata alle politiche alimentari. La superficie forestale totale nel mondo copre poco più di quattro miliardi di ettari, vale a dire il 31 per cento della superficie terrestre. La perdita di verde nel decennio che ci siamo lasciati alle spalle è stata causata principalmente dalla coltura intensiva del mais, usato per cibo e agrocombustibili. In particolare, su 233 Paesi e territori analizzati nel dossier, 13 milioni di ettari di foreste sono stati convertiti per usi commerciali complice, certo, la corsa ai cereali.
«Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno», afferma Eduardo Rojas direttore del Dipartimento Foreste della Fao, «abbiamo potuto registrare una frenata rispetto ai 16 milioni di ettari l’anno persi nel decennio precedente», ovvero tra il 1990-2000. Lo studio rivela che il dato positivo è dovuto principalmente a Brasile e Indonesia, che negli anni Novanta registravano la più alta perdita netta di foreste. Questi due Paesi, che ospitano le riserve forestali più significative del pianeta, hanno ridotto in modo significativo i loro tassi di deforestazione. Solo in Brasile, con gli efficaci piani di protezione della Foresta amazzonica, l’abbattimento di alberi ha registrato un meno 20 per cento, anche se va ricordato che proprio Brasilia è stata una delle maggiori sostenitrici, negli ultimi cinque anni, della produzione intensiva di agrocarburanti.
Tra i virtuosi della riforestazione, poi, compaiono anche Cina, India, Stati Uniti e Vietnam. Le perdite più rilevanti continuano invece a riguardare Sudamerica e Africa, rispettivamente con 4 milioni di ettari e 3,4 milioni l’anno. Anche l’Oceania ha subito gravi danni, in parte dovuti alla grave siccità che ha colpito l’Australia. L’Asia invece, nell’ultimo decennio ha registrato un guadagno annuale di circa 2,2 milioni di ettari, dovuto in buona parte ai programmi di rimboschimento su larga scala attuati in estremo Oriente, con l’eccezione della Thailandia dove si continua a tagliare senza sosta. Nel caso della “virtuosa” Cina va detto però che mentre in casa si preoccupa di rimboschire, nei Paesi confinanti si è lanciata, senza degni competitor, nell’accaparramento delle terre.
A denunciarlo sono le organizzazioni agricole internazionali come La Via Campesina che ha recentemente acceso i riflettori sullo stato di violazione del diritto alla terra nelle Filippine. Comprati o affittati a prezzi irrisori, i campi vengono destinati alle monoculture intensive, contribuendo sia alla deforestazione che all’aumento delle emissioni di anidride carbonica. Intanto in Nord America e America Centrale la superficie forestale è rimasta abbastanza stabile. A dare però problemi agli alberi di Canada e Stati Uniti è un nuovo insetto killer, sopraggiunto con il riscaldamento della temperatura terrestre. «In Europa invece - spiega Rojas - stiamo per raggiungere il tetto massimo di superficie boschiva possibile». A guardare la realtà, però, c’è poco da gioire.
Nel continente che ha perso la sua vocazione agricola, i boschi si sono salvati, paradossalmente, grazie al nostro grigio paradigma città-industria-lavoro terziario. «Il tasso di crescita dei boschi -conferma Rojas - a quasi 200 anni dalla rivoluzione industriale è dato dalla conversione socio-economica degli abitanti europei». Continuando a vedere il bicchiere mezzo pieno, quindi, la concentrazione urbana ha permesso ai boschi di riconquistare spontaneamente vecchi campi agricoli abbandonati.
fonte: http://www.terranews.it/news/2010/03/cresce-il-popolo-degli-alberi-ma-la-deforestazione-continua
Cresce il popolo degli alberi. Ma la deforestazione continua.
DOSSIER. Secondo l’ultimo studio della Fao ogni anno sparisce un’area verde grande come il Costa Rica. Ma gli abbattimenti diminuiscono sotto la spinta dei governi, consapevoli che i boschi non sono infiniti.
Saranno stati i concerti di Sting o il video “Earth” di Michael Jackson a salvare la foreste del pianeta? Improbabile, ma intanto un dato positivo c’è: a quasi vent’anni dalle grandi campagne di sensibilizzazione degli anni Novanta la deforestazione diminuisce. In verità è troppo presto per cantare vittoria, sullo sfondo resta l’allarme: la Terra nell’ultimo decennio ha subito un’amputazione boschiva annua pari alla superficie di un Paese come il Costa Rica (51.100 chilometri quadrati).
A dirlo è un rapporto dettagliato sulle risorse forestali presentato ieri dall Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite delegata alle politiche alimentari. La superficie forestale totale nel mondo copre poco più di quattro miliardi di ettari, vale a dire il 31 per cento della superficie terrestre. La perdita di verde nel decennio che ci siamo lasciati alle spalle è stata causata principalmente dalla coltura intensiva del mais, usato per cibo e agrocombustibili. In particolare, su 233 Paesi e territori analizzati nel dossier, 13 milioni di ettari di foreste sono stati convertiti per usi commerciali complice, certo, la corsa ai cereali.
«Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno», afferma Eduardo Rojas direttore del Dipartimento Foreste della Fao, «abbiamo potuto registrare una frenata rispetto ai 16 milioni di ettari l’anno persi nel decennio precedente», ovvero tra il 1990-2000. Lo studio rivela che il dato positivo è dovuto principalmente a Brasile e Indonesia, che negli anni Novanta registravano la più alta perdita netta di foreste. Questi due Paesi, che ospitano le riserve forestali più significative del pianeta, hanno ridotto in modo significativo i loro tassi di deforestazione. Solo in Brasile, con gli efficaci piani di protezione della Foresta amazzonica, l’abbattimento di alberi ha registrato un meno 20 per cento, anche se va ricordato che proprio Brasilia è stata una delle maggiori sostenitrici, negli ultimi cinque anni, della produzione intensiva di agrocarburanti.
Tra i virtuosi della riforestazione, poi, compaiono anche Cina, India, Stati Uniti e Vietnam. Le perdite più rilevanti continuano invece a riguardare Sudamerica e Africa, rispettivamente con 4 milioni di ettari e 3,4 milioni l’anno. Anche l’Oceania ha subito gravi danni, in parte dovuti alla grave siccità che ha colpito l’Australia. L’Asia invece, nell’ultimo decennio ha registrato un guadagno annuale di circa 2,2 milioni di ettari, dovuto in buona parte ai programmi di rimboschimento su larga scala attuati in estremo Oriente, con l’eccezione della Thailandia dove si continua a tagliare senza sosta. Nel caso della “virtuosa” Cina va detto però che mentre in casa si preoccupa di rimboschire, nei Paesi confinanti si è lanciata, senza degni competitor, nell’accaparramento delle terre.
A denunciarlo sono le organizzazioni agricole internazionali come La Via Campesina che ha recentemente acceso i riflettori sullo stato di violazione del diritto alla terra nelle Filippine. Comprati o affittati a prezzi irrisori, i campi vengono destinati alle monoculture intensive, contribuendo sia alla deforestazione che all’aumento delle emissioni di anidride carbonica. Intanto in Nord America e America Centrale la superficie forestale è rimasta abbastanza stabile. A dare però problemi agli alberi di Canada e Stati Uniti è un nuovo insetto killer, sopraggiunto con il riscaldamento della temperatura terrestre. «In Europa invece - spiega Rojas - stiamo per raggiungere il tetto massimo di superficie boschiva possibile». A guardare la realtà, però, c’è poco da gioire.
Nel continente che ha perso la sua vocazione agricola, i boschi si sono salvati, paradossalmente, grazie al nostro grigio paradigma città-industria-lavoro terziario. «Il tasso di crescita dei boschi -conferma Rojas - a quasi 200 anni dalla rivoluzione industriale è dato dalla conversione socio-economica degli abitanti europei». Continuando a vedere il bicchiere mezzo pieno, quindi, la concentrazione urbana ha permesso ai boschi di riconquistare spontaneamente vecchi campi agricoli abbandonati.
fonte: http://www.terranews.it/news/2010/03/cresce-il-popolo-degli-alberi-ma-la-deforestazione-continua
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