Aids, un'altra vittoria fermato il contagio
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Aids, un'altra vittoria fermato il contagio
Negli Usa l'annuncio dell'Istituto nazionale della Salute dopo una ricerca sull'uso preventivo dei retrovirali. Controllate 1.763 coppie, la possibilità di trasmettere il virus al partner si annulla nel 96 per cento dei casi
NEW YORK - L'Aids non è più una maledizione. La malattia che ha devastato le ultime due generazioni, l'incubo che negli anni Ottanta aveva spezzato il sogno della festa sessuale senza fine, si scrolla finalmente di dosso l'orribile etichetta di condanna ineluttabile.
Resistere, da tempo, si può, grazie a quei farmaci retrovirali che permettono ai malati di condurre una vita dignitosa. Ma per la prima volta una ricerca dimostra oggi che gli stessi farmaci, se usati da subito, bloccano la trasmissione. Il passaggio del virus è quello che definisce appunto un'epidemia. Per questo i medici americani parlano di traguardo storico.
L'annuncio dell'Istituto nazionale della salute squaderna numeri che ogni ricercatore vorrebbe sbandierare. I test dimostrano che le medicine sono capaci di bloccare le infezioni nel 96,3 per cento dei casi. Al punto che gli scienziati hanno deciso di interrompere l'esperimento originariamente decennale - portato avanti su 1.763 coppie - con quattro anni di anticipo. "I risultati dimostrano che curare il singolo malato - e farlo il più presto possibile - può avere un impatto significativo nella riduzione della trasmissione" spiega Anthony Fauci, il direttore dell'Istituto nazionale delle malattie infettive che ha curato la raccolta dei dati.
Al più presto possibile: è questa la chiave della ricerca. L'esperimento mirava a monitorare la possibilità di contagio del partner. E naturalmente - specificano i ricercatori - a tutte le coppie dell'esperimento
sono state illustrate per prima cosa tutte le tecniche di prevenzione: preservativi compresi. Le coppie sono state così divise in due gruppi. Nel primo, le cure con gli antivirali sono state fornite come la pratica medica convenzionale prevede: e cioè quando nel paziente si comincia ad assistere alla degenerazione del sistema immunitario, che come si sa è l'obiettivo mortale del virus. Nel secondo gruppo, le cure sono state praticate invece appena la malattia è stata diagnosticata. E i risultati sono straordinari. Nelle 881 coppie del secondo gruppo, sono in una il partner è rimasto infettato. Nelle altre 882, il numero delle infezioni è subito salito a 27.
Che l'assunzione di medicine diminuisse la possibilità di infezione del partner era ovviamente una ipotesi già confortata dalla pratica medica quotidiana. La spiegazione è evidente: i farmaci retrovirali diminuiscono la quantità di Hiv nel sangue e prevedibilmente rendono il paziente meno infettivo. Ma l'esperimento dimostra per la prima volta in maniera scientifica l'assunto. Il test ha poi un significato che trascende l'esperimento particolare: è la dimostrazione che la strada indicata da tanti medici e attivisti, quella cioè della "prevenzione come rimedio", è ancora la più indicata per battere la malattia. Aspettando, ovviamente, quel vaccino su cui gli studiosi continuano a spaccarsi la testa.
Non è una espressione figurata. "Mi sto davvero spaccando la testa per trovare il modo di trasferire nell'uomo quello che abbiamo scoperto per le scimmie" dice alla Bbc Andrew McMichael, il professore dell'Oxford University che l'altro giorno ha annunciato su "Nature" un altro beneaugurante esperimento: funziona sui macaco (13 su 24 il rapporto del test) il vaccino che sconfigge la Siv, che sarebbe l'Hiv delle scimmie. Ma il cammino per arrivare a sperimentarlo sull'uomo è ancora lungo. Due anni fa, poi, sulla rivista Lancet è stato svelato un vaccino la cui efficacia è stata dimostrata in un terzo dei casi studiati. E la combinazione di alcuni medicinali funzionerebbe invece da cocktail per ridurre del 44 per cento la percentuale di trasmissione da maschio a maschio - secondo uno studio del New England Journal of Medicine.
Basterebbero questi pochi casi a sottolineare l'importanza dell'annuncio dell'equipe di Fauci. Che fra l'altro ha compiuto gli studi su coppie per il 97 per cento eterosessuali e selezionate in diversi paesi, dall'Asia all'Africa fino agli Usa. Proprio l'importanza di accedere presto alle cure rivela però l'altezza della posta in gioco. Soprattutto nei paesi che una volta si definivano in via di sviluppo l'accesso alle costosissime medicine continua a essere difficile. E i tagli alla sanità in tutto il modo finiscono per azzoppare le campagne di prevenzione. Ma lo studio-spartiacque proprio questo dice: che l'Aids si può sconfiggere, sì, con medicine e prevenzione. Una sfida che adesso dovrebbe essere affrontata letteralmente senza risparmio.
Fonte: La Repubblica
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