Addio a Enzo Bearzot ct dell'Italia Mondiale
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Addio a Enzo Bearzot ct dell'Italia Mondiale
Inviato: Mar Dic 21, 2010 12:40 pm
Addio a Enzo Bearzot
ct dell'Italia Mundial
Aveva 83 anni, le sue foto con Pertini sono sui libri di storia. Guidò la squadra in tre campionati del mondo
MILANO - E' morto a Milano Enzo Bearzot, ct campione del mondo dell'Italia nel 1982. Il "vecio", allenatore amatissimo, se n'è andato in silenzio: era gravemente malato, ma non voleva dirlo a nessuno. Era nato nel settembre del '27, aveva dunque 83 anni. La sua foto con Pertini, e in mezzo la Coppa del Mondo, è sui libri di storia. E' stato un esempio di stile e compostezza, sia da calciatore che da allenatore. Lascia la moglie Luisa, i figli Glauco e Cinzia, e un immenso rimpianto dentro e fuori il suo mondo.
E' stato alla guida della Nazionale, dal '75 al 1986. Esordì con un Italia-Finlandia 0-0. Fu ct in tre Mondiali, ottenendo un insperato quarto posto in Argentina. Un Mondiale in cui sbocciarono giovani come Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Paolo Rossi. Un gruppo fantastico che poi Bearzot avrebbe portato alla vittoria nel Mondiale del 1982. E fu per le ragioni del cuore che confermò un gruppo ormai sfiorito nel 1986, quando la Nazionale fu eliminata in Messico agli ottavi di finale dalla Francia di Platini. Fu la sua ultima partita alla guida della
squadra azzurra.
Ora è forse ovvio dire che Bearzot non c'entrava nulla con il calcio di oggi. Non avrebbe mai elencato i tredici errori arbitrali come ha fatto Mourinho l'altro giorno. Si può parlare di uno stile Bearzot, certo. Uno abituato a combattere con la stampa ogni mattina, ad affrontare -come successe davanti a un albergo di Roma - un giovane tifoso che lo chiamò scimmione perché non aveva convocato Beccalossi. Alla fine - la storia insegna - ha avuto ragione lui.
Il suo capolavoro fu la preparazione del Mondiale 1982. Una squadra assediata, un mondo allo sfascio che usciva dal calcioscommesse, un centravanti -Paolo Rossi- reduce da una lunga squalifica. Bearzot creò un gruppo perfetto, con un allenatore in panchina, e uno in campo che si chiamava Zoff. Fu un Mondiale a nervi tesi quello in Spagna, nacque il famoso fenomeno del silenzio stampa, poi replicato infinite volte.
Fu la vittoria del "noi soli contro tutti", con una stampa e un paese totalmente ostili, con un giovanissimo Antonio Matarrese presidente di Lega che "voleva prenderli tutti a calci del sedere" dopo la deludente amichevole pre-mondiale. Ma in Spagna fu un crescendo. Un girone eliminatorio deludente, condite da feroci polemiche sul pareggio con il Camerun (1-1) che diede la qualificazione all'Italia. Bearzot ha sempre respinto con sdegno le insinuazioni sul risultato, e ne rimase ferito.
La seconda fase fu un trionfo: Gianni Brera, che era appena arrivato a Repubblica, la raccontò magistralmente. L'Italia mise in fila Argentina e Brasile cancellando la loro supponenza, fece risbocciare quello che da quel momento diventò Pablito, e cioè Paolo Rossi. Ma quel Mondiale segnò la scoperta di una delle ultime ali vere, Bruno Conti, il ragazzo di Nettuno, che in Nazionale ci era arrivato perfino tardi.
Arrivati alla semifinale con la Polonia, l'Italia di Bearzot sembrò non avere più rivali, spinta da un paese intero. Superò i polacchi, poi sbaragliò la Germania in finale, con quelle scene che vanno e rivanno sui siti e sui tg di tutto il mondo in queste ore: Pertini in piedi con Juan Carlos, l'urlo di Tardelli, la Coppa alzata al cielo da Zoff, ma poi anche da lui: elegantissimo, in giacca bianca.
Poi il viaggio di ritorno sull'aereo del presidente Pertini, con quella partita a scopone con Zoff, Causio e il presidente, quasi più combattuta della finale con la Germania, fra rimproveri e sorrisi. Il ritorno all'aeroporto di Ciampino, con la gente fuori e gli azzurri stremati dai festeggiamenti.
Forse a quel punto Bearzot avrebbe dovuto lasciare la Nazionale, ma non era nel suo stile e nella sua natura. Insistette sul gruppo dei vincitori, andando incontro a problemi simili a quelli della Nazionale post-Germania. Fallì la qualificazione agli Europei. Puntò tutto sui Mondiali in Messico, ma si portò fino alla fine una incredibile indecisione sui portieri, Galli e Tancredi. Scontava un momento di magra del calcio italiano, puntò su un Antonio Di Gennaro come cuore del gioco italiano, ma l'esperimento fallì. Un po' per stanchezza, un po' per consunzione, l'Italia uscì quasi subito, nel Mondiale che incoronò il genio di Maradona.
Dopo l'addio alla Nazionale, si ricorda poco di Bearzot. Se non la certezza per il calcio di avere un padre della patria, un garante di onestà, un vecchio saggio che ogni tanto ricordava, anche solo con una smorfia, che si stava esagerando.
Fonte: http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/12/21/news/morto_enzo_bearzot-10446187/
Addio a Enzo Bearzot
ct dell'Italia Mundial
Aveva 83 anni, le sue foto con Pertini sono sui libri di storia. Guidò la squadra in tre campionati del mondo
MILANO - E' morto a Milano Enzo Bearzot, ct campione del mondo dell'Italia nel 1982. Il "vecio", allenatore amatissimo, se n'è andato in silenzio: era gravemente malato, ma non voleva dirlo a nessuno. Era nato nel settembre del '27, aveva dunque 83 anni. La sua foto con Pertini, e in mezzo la Coppa del Mondo, è sui libri di storia. E' stato un esempio di stile e compostezza, sia da calciatore che da allenatore. Lascia la moglie Luisa, i figli Glauco e Cinzia, e un immenso rimpianto dentro e fuori il suo mondo.
E' stato alla guida della Nazionale, dal '75 al 1986. Esordì con un Italia-Finlandia 0-0. Fu ct in tre Mondiali, ottenendo un insperato quarto posto in Argentina. Un Mondiale in cui sbocciarono giovani come Gentile, Cabrini, Scirea, Tardelli e Paolo Rossi. Un gruppo fantastico che poi Bearzot avrebbe portato alla vittoria nel Mondiale del 1982. E fu per le ragioni del cuore che confermò un gruppo ormai sfiorito nel 1986, quando la Nazionale fu eliminata in Messico agli ottavi di finale dalla Francia di Platini. Fu la sua ultima partita alla guida della
squadra azzurra.
Ora è forse ovvio dire che Bearzot non c'entrava nulla con il calcio di oggi. Non avrebbe mai elencato i tredici errori arbitrali come ha fatto Mourinho l'altro giorno. Si può parlare di uno stile Bearzot, certo. Uno abituato a combattere con la stampa ogni mattina, ad affrontare -come successe davanti a un albergo di Roma - un giovane tifoso che lo chiamò scimmione perché non aveva convocato Beccalossi. Alla fine - la storia insegna - ha avuto ragione lui.
Il suo capolavoro fu la preparazione del Mondiale 1982. Una squadra assediata, un mondo allo sfascio che usciva dal calcioscommesse, un centravanti -Paolo Rossi- reduce da una lunga squalifica. Bearzot creò un gruppo perfetto, con un allenatore in panchina, e uno in campo che si chiamava Zoff. Fu un Mondiale a nervi tesi quello in Spagna, nacque il famoso fenomeno del silenzio stampa, poi replicato infinite volte.
Fu la vittoria del "noi soli contro tutti", con una stampa e un paese totalmente ostili, con un giovanissimo Antonio Matarrese presidente di Lega che "voleva prenderli tutti a calci del sedere" dopo la deludente amichevole pre-mondiale. Ma in Spagna fu un crescendo. Un girone eliminatorio deludente, condite da feroci polemiche sul pareggio con il Camerun (1-1) che diede la qualificazione all'Italia. Bearzot ha sempre respinto con sdegno le insinuazioni sul risultato, e ne rimase ferito.
La seconda fase fu un trionfo: Gianni Brera, che era appena arrivato a Repubblica, la raccontò magistralmente. L'Italia mise in fila Argentina e Brasile cancellando la loro supponenza, fece risbocciare quello che da quel momento diventò Pablito, e cioè Paolo Rossi. Ma quel Mondiale segnò la scoperta di una delle ultime ali vere, Bruno Conti, il ragazzo di Nettuno, che in Nazionale ci era arrivato perfino tardi.
Arrivati alla semifinale con la Polonia, l'Italia di Bearzot sembrò non avere più rivali, spinta da un paese intero. Superò i polacchi, poi sbaragliò la Germania in finale, con quelle scene che vanno e rivanno sui siti e sui tg di tutto il mondo in queste ore: Pertini in piedi con Juan Carlos, l'urlo di Tardelli, la Coppa alzata al cielo da Zoff, ma poi anche da lui: elegantissimo, in giacca bianca.
Poi il viaggio di ritorno sull'aereo del presidente Pertini, con quella partita a scopone con Zoff, Causio e il presidente, quasi più combattuta della finale con la Germania, fra rimproveri e sorrisi. Il ritorno all'aeroporto di Ciampino, con la gente fuori e gli azzurri stremati dai festeggiamenti.
Forse a quel punto Bearzot avrebbe dovuto lasciare la Nazionale, ma non era nel suo stile e nella sua natura. Insistette sul gruppo dei vincitori, andando incontro a problemi simili a quelli della Nazionale post-Germania. Fallì la qualificazione agli Europei. Puntò tutto sui Mondiali in Messico, ma si portò fino alla fine una incredibile indecisione sui portieri, Galli e Tancredi. Scontava un momento di magra del calcio italiano, puntò su un Antonio Di Gennaro come cuore del gioco italiano, ma l'esperimento fallì. Un po' per stanchezza, un po' per consunzione, l'Italia uscì quasi subito, nel Mondiale che incoronò il genio di Maradona.
Dopo l'addio alla Nazionale, si ricorda poco di Bearzot. Se non la certezza per il calcio di avere un padre della patria, un garante di onestà, un vecchio saggio che ogni tanto ricordava, anche solo con una smorfia, che si stava esagerando.
Fonte: http://www.repubblica.it/sport/calcio/nazionale/2010/12/21/news/morto_enzo_bearzot-10446187/
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