Intervista a Nordhal,ritrattista personale di Michael
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Intervista a Nordhal,ritrattista personale di Michael
szwaby82 Inviato: 19 Set 2010 01:42 pm
Intervista a Nordhal,ritrattista personale di Michael
L’artista David Nordahl era a casa a dipingere nel febbraio del 1988 quando il telefono squillò a mezzanotte. Una voce disse, “Sono Michael Jackson”.
Si, ceeeeerto, pensò. Ma si rese presto conto che la telefonata non era uno scherzo.
Nel visitare l’ufficio di Steven Spielberg, Jackson aveva ammirato uno dei quadri di Nordahl raffigurante delle truppe dell’esercito che invadevano il campo degli Apache, dove un giovane caporale faceva da scudo a due bambini indiani. Per questo motivo ora il cantante stava cercando di contattare il pittore. Per avere delle lezioni d'arte.
“Mi chiese se insegnassi disegno e pittura”, dice Nordahl, le cui opere sugli Apaches del XIX secolo sono ben valutate. “Gli risposi di no ma che ci avrei pensato. Ero molto impegnato”.
Quella conversazione di un’ora diede il via ad una grande amicizia e ad un rapporto di lavoro che portò Nordahl ad abbandonare la sua fama nel mondo dell’arte per una vocazione quasi claustrale come ritrattista personale di Jackson. Dal 1988 al 2005 Nordahl completò centinaia di quadri e circa una dozzina di commissioni epiche, 7 dei quali erano compresi nei 2000 oggetti di Jackson che sarebbero dovuti andare all’asta con la Julien’s Auction, che il cantante ha bloccato la scorsa primavera.
Varie tele inglobano le grandiosi fantasie di Jackson e la sua visione del mondo come una fiaba. In un enorme trittico viene incoronato e nominato cavaliere in vesti regali. Lungo un sentiero soleggiato in “Field of Dreams", fa da guida a bambini di tutte le nazionalità (con la sorella Janet, l'attivista contro l'AIDS Ryan White e l’attore Macaulay Culkin). Il suo primogenito sonnecchia su un trono d'oro di grandi dimensioni in "Prince, The Boy King".
Nordahl, 68enne, divenne non solo l’artista vivente preferito da Jackson (Michelangelo guidava la classifica di quelli storici), ma anche un fidato consigliere e confidente che disegnò le giostre di Neverland e partecipò alle uscite di famiglia.
Ha evitato i media per anni "perché volevano parlare sempre di cose negative, quando io non ho mai visto nulla di negativo in Michael” dice il pacato Nordahl. Parla ora nella speranza di illuminare un’immagine oscurata dalla morte di Jackson il 25 giugno.
“Ho sempre pensato fosse una persona normale”, dice, “E’ la persona più premurosa e rispettosa che io abbia mai incontrato. In 20 anni, non l’ho mai sentito alzare la voce”.
I primi tempi: creatività
Il rapporto fra il pittore e Jackson iniziò dopo che il cantante lo invitò ad una sua tappa del Bad Tour a Denver nel marzo del 1988.
“Non sapevo cosa aspettarmi”, dice Nordahl. “Era dolce. Visitammo gallerie, librerie ed una mostra privata di King Tut. Ci sedemmo, parlammo, ridemmo e disegnammo”.
Jackson dimostrò talento, ma aveva troppa poca esperienza per dedicarsi alle arti visive. Invece i due iniziarono a metter giù idee perché Nordahl le dipingesse. L’artista concepì un primo lavoro, “Playmates for a Lonely Child” (Compagni di gioco per un bambino solo), un olio su tela di Jackson in una scena silvestre da libro di fiabe. Poi Nordahl intraprese un'opera più audace, "Field of Dreams", uno studio a olio di 36 per 104 pollici per un lavoro incompiuto che avrebbe misurato 12 per 38 piedi.
Ha lavorato non stop: ritratti di grandi dimensioni, quadri mitici, disegni a carboncino da 10 piedi, una targa sul cancello di Neverland. Nordahl ha fatturato a Jackson prezzi in linea con quelli praticati prima con la sua galleria d'arte, fino a 150 mila dollari per pezzi di grandi dimensioni, e dice di essere stato sempre pagato.
I suoi compiti si estesero alla progettazione del parco di divertimenti dopo che Jackson iniziò a sviluppare il ranch a nord di Santa Barbara, in California, e Nordahl si destreggiò abilmente in diversi progetti, adattandosi allo stile di vita incantata di Jackson. A Neverland i due testatavano le giostre e curavano il serraglio esotico.
Andarono più volte a Disneyland e trascorsero del tempo dal miliardario Ron Burkle a La Jolla in California dove, a causa dell’insonnia di Jackson, Nordahl gli teneva spesso compagnia facendo battute e chiacchierando in riva al mare. (Fu anche vittima di uno dei noti scherzi di Jackson, trovando una volta la ventiquattrore imbottita di chewingum).
Scoprì anche il Jackson al di fuori del glamour, che alla fine degli anni ’80 spesso guidava una Chevy Blazer (e si nascondeva in un benna per non essere assalito alle stazioni di benzina) e viveva in un appartamento di due camere a Los Angeles.
“Mi aspettavo un attico con la servitù”, dice Nordahl. “C’era un pianoforte in cucina, una macchina del popcorn e un buon sistema audio. Riguardo al resto dell’arredamento non potevi ricavarne più di 50 dollari ad un mercato dell’usato. Prima dei bambini, Michael viveva in maniera molto semplice”.
Cosa vi accomunava?
“Sono cresciuto in una famiglia difficile, come lui”, dice Nordahl, che Jackson ringrazia nelle note degli album Dangerous del 1991 e History del 1995. “Non abbiamo potuto giocare crescendo e siamo entrambi fanatici del lavoro."
"C’era un legame”.
Anche Nordahl ha avuto una gioventù problematica
Nato a Albert Lea, Minnesota, Nordahl lasciò la sua casa a 12 anni e si è mantenuto fino alla scuola superore lavorando in aziende agricole, decorando auto e vendendo le sue opere.
"Non ricordo un momento in cui io non abbia disegnato" dice. "Ho avuto un padre che mi maltrattava ed era alcolizzato e il disegno è qualcosa che ti porta fuori del mondo reale. Sono sempre stato interessato a cowboy e indiani. Vendevo i disegni di Lone Ranger ai miei compagni di classe".
Iniziò a specializzarsi in Apaches dopo essersi trasferito a Steamboat Springs, Colorado, nel 1977 e le sue rappresentazioni dettagliate e meticolosamente studiate presto attirarono i collezionisti.
"Il suo lavoro aveva molta integrità, e lui era uno di quei rari artisti che era umile ma di grande talento", dice l'importante mercante d'arte Ray Dewey di Santa Fè, che a causa della forte domanda per i lavori di Nordahl ha tenuto addirittura delle lotterie per determinare gli acquirenti.
"La sua tecnica prevedeva un tempo di esecuzione lungo, perciò non era prolifico. Quando mi disse che aveva intenzione di lasciare e dipingere per Michael Jackson, avevo 200 persone in lista d'attesa per il suo lavoro. Era un decisione interessante da parte sua.
"Penso che ciò Jackson vedeva in David era un artista completo" dice Dewey. "Era un perfezionista. Coreografava tutto. Jackson può anche aver visto il suo impegno per la famiglia. David principalmente dipingeva cultura e stili di vita del popolo Apache, ma dipingeva un sacco di bambini, non solo guerrieri. E dipingeva animali bellissimi, soprattutto cavalli.
Quello che Nordahl vide in Jackson era un genio ferito ed incompreso che si sentiva spiritualmente obbligato ad aiutare i bambini.
Nonostante Jackson sia stato assolto dalle accuse del 2005, "il suo spirito si spezzò”, dice Nordahl. “Michael non avrebbe mai molestato un bambino. Si sentiva sempre così male per i bambini maltrattati o malati. Trascorreva così tanto tempo con i bambini gravemente malati. Se una madre lo chiamava per un bambino morente da qualche parte, lui saltava su un aereo.
"La gente parlava di Neverland come il suo parco di divertimenti privato. E' stato sempre concepito per i bambini. L’ultima volta che sono stato al ranch avevano messo uno schermo Sony Jumbotron di fronte ad un edificio per i bambini malati, in modo che se i bambini si svegliavano di notte potevano vedere i cartoni”.
Michael era un papà vero
Nordahl era stupito del fatto che Jackson sembrava suscitare più derisione che simpatia.
“La gente lo accusò di cercare di essere bianco, il che è ridicolo”, dice. “Quando lo incontrai la prima volta, la sua vitiligine (una malattia della pelle che causa la perdita della pigmentazione) aveva colpito il lato destro del suo viso fino al collo. Gran parte della mano destra era bianca. Macchie assolutamente bianche. Usava il trucco perché era costretto. Senza, era tutto chiazzato”.
Nordahl non ha mai visto Jackson assumere farmaci ma era ben consapevole dei dolori di cui soffriva dopo che i capelli della star avevano preso fuoco durante lo spot della Pepsi.
“Quando cercarono di curargli la parte ustionata, sotto lo scalpo aveva come un palloncino che si era gonfiato”, afferma Nordahl. “Me lo fece sentire. Era un enorme bozzo. Appena la pelle si è tesa, l'hanno tagliato e asportato e hanno ricucito lo scalpo. Era un dolore straziante”.
Jackson non sembrava proprio un tossicodipendente, dice Nordahl, dato che evitava sigarette, alcool, bibite e zuccheri.
“Era per lo più vegetariano”, dice. “Quando era in tour i cuochi gli facevano mangiare pesce e qualche volta pollo. Amava le alette di pollo. Beveva sempre acqua. Ho bevuto del vino con lui solo due volte, una volta con (la sua ex-moglie) Lisa Marie (Presley) ed un’altra a casa di Ron Burkle. Michael ne bevve solo un bicchiere".
La prova lampante della natura responsabile di Jackson emerse nell'educazione di Prince, Paris e Blanket.
“Michael era un vero papà, non un papà di Hollywood”, dichiara. “Si alzava di notte per dar loro il biberon. Li cambiava, faceva loro il bagno, tutto ciò che fa una mamma.
"Per tutto il tempo che ho trascorso con quei bambini, non li ho mai sentiti supplicare per qualcosa o fare i capricci. Non li ho mai sentiti piangere.
Erano così stabili.
"Jackson ha fatto di tutto per non viziarli", dice Nordahl, ricordando una modesta festa di compleanno tenuta a L.A. per gli otto anni di Prince.(la madre di Jackson, Katherine, e la sorella Rebbie erano venute, ma saltarono la festa a causa delle loro convinzioni di Testimoni di Geova, dice.)
“Ero curioso di vedere cosa avrebbe ricevuto Prince”, dice Nordahl. “Mi immaginavo si trattasse di qualcosa di molto stravagante, ma non ricevette niente che costasse più di 2 dollari. Gli regalarono il Play-Doh (plastilina), dei piccoli supereroi, cose che di solito riempiono le calze.
"Ai bambini non era permesso guardare la TV o dei DVD o giocare con i videogiochi a meno che non avessero guadagnato dei punti nei compiti. Niente veniva loro regalato. Michael diceva, 'Voglio che crescano nel modo più normale possibile'. Quei bambini erano così rispettosi e cortesi, davvero dolci”.
Visita a sorpresa a Santa Fe
Nordahl era legato a tutti e tre. Di solito l'artista trascorreva del tempo con i bambini Jackson nella West Coast. Ma nel weekend del Memorial Day del 2004 la star e i suoi figli fecero una sorpresa a Nordahl arrivando a Santa Fe con il suo bus privato (con una TV al plasma da 60 pollici). Jackson suggerì di andare a vedere un film.
“Pensavo che saremmo andati in una sala di proiezione privata" dice Nordahl "L’autista ci portò al DeVargas Mall. Michael era amico del regista del film “The Day After Tomorrow” (Roland Emmerich) e quella era la settimana della prima. Il centro era affollatissimo e non c’era nemmeno un posto per parcheggiare. Presi i bambini, comprai i biglietti e il pop-corn ed entrammo. Michael arrivò appena spensero le luci.
"Le luci si riaccesero, e nessuno si accorse di lui. Indossava un cappellino da baseball e uno di quei pigiami di seta cinese. I bambini erano senza maschera. Qualsiasi giornalaccio avrebbe pagato 100 mila dollari per una foto simile”.
Il futuro poco chiaro dei dipinti
Vide Jackson per l’ultima volta nel 2005, quando il cantante si trasferì in Bahrein giurando di non tornare mai più a vivere sul suolo statunitense. Mentre Jackson era via Nordahl riprese a dipingere Apaches e pensò che sarebbe stato convocato una volta che Jackson avesse trovato una nuova casa e una vetrina per i suoi tesori.
Il destino dei dipinti di Nordahl di proprietà di Jackson è in un limbo, per quanto possano essere parte di una mostra itinerante di cimeli del cantante proposta dagli amministratori del patrimonio. "Mi piacerebbe vederli in un museo di Michael Jackson" dice Nordahl. "Questo è stato sempre l'obiettivo di Michael. Lui era molto schivo, ma capiva di essere un'icona della musica".
Nordahl, rappresentato dalla Settlers West Gallerie a Tucson e dalla Sherwoods Spirit of America a Santa Fe, è tornato alla pittura di Apaches e di altri soggetti .
Se la sua lunga pausa dagli occhi del pubblico abbia danneggiato la sua autorità o reputazione "è difficile da valutare", dice Dewey. "Io non so se abbia favorito la sua carriera. Un artista che fa delle commissioni per un solo mecenate, spesso è isolato a meno che il mecenate pubblichi o esponga il lavoro. David è sempre stato indipendente, e non ha mai cercato pubblicità".
E quanti clienti sono come il Re del Pop?
"Abbiamo avuto modo di essere così buoni amici che ho dimenticato con chi avevo a che fare" dice Nordahl. "Poi faceva questi passi di danza, veloce come un fulmine, e realizzavo: E' il miglior entertainer al mondo".
Intervista a Nordhal,ritrattista personale di Michael
L’artista David Nordahl era a casa a dipingere nel febbraio del 1988 quando il telefono squillò a mezzanotte. Una voce disse, “Sono Michael Jackson”.
Si, ceeeeerto, pensò. Ma si rese presto conto che la telefonata non era uno scherzo.
Nel visitare l’ufficio di Steven Spielberg, Jackson aveva ammirato uno dei quadri di Nordahl raffigurante delle truppe dell’esercito che invadevano il campo degli Apache, dove un giovane caporale faceva da scudo a due bambini indiani. Per questo motivo ora il cantante stava cercando di contattare il pittore. Per avere delle lezioni d'arte.
“Mi chiese se insegnassi disegno e pittura”, dice Nordahl, le cui opere sugli Apaches del XIX secolo sono ben valutate. “Gli risposi di no ma che ci avrei pensato. Ero molto impegnato”.
Quella conversazione di un’ora diede il via ad una grande amicizia e ad un rapporto di lavoro che portò Nordahl ad abbandonare la sua fama nel mondo dell’arte per una vocazione quasi claustrale come ritrattista personale di Jackson. Dal 1988 al 2005 Nordahl completò centinaia di quadri e circa una dozzina di commissioni epiche, 7 dei quali erano compresi nei 2000 oggetti di Jackson che sarebbero dovuti andare all’asta con la Julien’s Auction, che il cantante ha bloccato la scorsa primavera.
Varie tele inglobano le grandiosi fantasie di Jackson e la sua visione del mondo come una fiaba. In un enorme trittico viene incoronato e nominato cavaliere in vesti regali. Lungo un sentiero soleggiato in “Field of Dreams", fa da guida a bambini di tutte le nazionalità (con la sorella Janet, l'attivista contro l'AIDS Ryan White e l’attore Macaulay Culkin). Il suo primogenito sonnecchia su un trono d'oro di grandi dimensioni in "Prince, The Boy King".
Nordahl, 68enne, divenne non solo l’artista vivente preferito da Jackson (Michelangelo guidava la classifica di quelli storici), ma anche un fidato consigliere e confidente che disegnò le giostre di Neverland e partecipò alle uscite di famiglia.
Ha evitato i media per anni "perché volevano parlare sempre di cose negative, quando io non ho mai visto nulla di negativo in Michael” dice il pacato Nordahl. Parla ora nella speranza di illuminare un’immagine oscurata dalla morte di Jackson il 25 giugno.
“Ho sempre pensato fosse una persona normale”, dice, “E’ la persona più premurosa e rispettosa che io abbia mai incontrato. In 20 anni, non l’ho mai sentito alzare la voce”.
I primi tempi: creatività
Il rapporto fra il pittore e Jackson iniziò dopo che il cantante lo invitò ad una sua tappa del Bad Tour a Denver nel marzo del 1988.
“Non sapevo cosa aspettarmi”, dice Nordahl. “Era dolce. Visitammo gallerie, librerie ed una mostra privata di King Tut. Ci sedemmo, parlammo, ridemmo e disegnammo”.
Jackson dimostrò talento, ma aveva troppa poca esperienza per dedicarsi alle arti visive. Invece i due iniziarono a metter giù idee perché Nordahl le dipingesse. L’artista concepì un primo lavoro, “Playmates for a Lonely Child” (Compagni di gioco per un bambino solo), un olio su tela di Jackson in una scena silvestre da libro di fiabe. Poi Nordahl intraprese un'opera più audace, "Field of Dreams", uno studio a olio di 36 per 104 pollici per un lavoro incompiuto che avrebbe misurato 12 per 38 piedi.
Ha lavorato non stop: ritratti di grandi dimensioni, quadri mitici, disegni a carboncino da 10 piedi, una targa sul cancello di Neverland. Nordahl ha fatturato a Jackson prezzi in linea con quelli praticati prima con la sua galleria d'arte, fino a 150 mila dollari per pezzi di grandi dimensioni, e dice di essere stato sempre pagato.
I suoi compiti si estesero alla progettazione del parco di divertimenti dopo che Jackson iniziò a sviluppare il ranch a nord di Santa Barbara, in California, e Nordahl si destreggiò abilmente in diversi progetti, adattandosi allo stile di vita incantata di Jackson. A Neverland i due testatavano le giostre e curavano il serraglio esotico.
Andarono più volte a Disneyland e trascorsero del tempo dal miliardario Ron Burkle a La Jolla in California dove, a causa dell’insonnia di Jackson, Nordahl gli teneva spesso compagnia facendo battute e chiacchierando in riva al mare. (Fu anche vittima di uno dei noti scherzi di Jackson, trovando una volta la ventiquattrore imbottita di chewingum).
Scoprì anche il Jackson al di fuori del glamour, che alla fine degli anni ’80 spesso guidava una Chevy Blazer (e si nascondeva in un benna per non essere assalito alle stazioni di benzina) e viveva in un appartamento di due camere a Los Angeles.
“Mi aspettavo un attico con la servitù”, dice Nordahl. “C’era un pianoforte in cucina, una macchina del popcorn e un buon sistema audio. Riguardo al resto dell’arredamento non potevi ricavarne più di 50 dollari ad un mercato dell’usato. Prima dei bambini, Michael viveva in maniera molto semplice”.
Cosa vi accomunava?
“Sono cresciuto in una famiglia difficile, come lui”, dice Nordahl, che Jackson ringrazia nelle note degli album Dangerous del 1991 e History del 1995. “Non abbiamo potuto giocare crescendo e siamo entrambi fanatici del lavoro."
"C’era un legame”.
Anche Nordahl ha avuto una gioventù problematica
Nato a Albert Lea, Minnesota, Nordahl lasciò la sua casa a 12 anni e si è mantenuto fino alla scuola superore lavorando in aziende agricole, decorando auto e vendendo le sue opere.
"Non ricordo un momento in cui io non abbia disegnato" dice. "Ho avuto un padre che mi maltrattava ed era alcolizzato e il disegno è qualcosa che ti porta fuori del mondo reale. Sono sempre stato interessato a cowboy e indiani. Vendevo i disegni di Lone Ranger ai miei compagni di classe".
Iniziò a specializzarsi in Apaches dopo essersi trasferito a Steamboat Springs, Colorado, nel 1977 e le sue rappresentazioni dettagliate e meticolosamente studiate presto attirarono i collezionisti.
"Il suo lavoro aveva molta integrità, e lui era uno di quei rari artisti che era umile ma di grande talento", dice l'importante mercante d'arte Ray Dewey di Santa Fè, che a causa della forte domanda per i lavori di Nordahl ha tenuto addirittura delle lotterie per determinare gli acquirenti.
"La sua tecnica prevedeva un tempo di esecuzione lungo, perciò non era prolifico. Quando mi disse che aveva intenzione di lasciare e dipingere per Michael Jackson, avevo 200 persone in lista d'attesa per il suo lavoro. Era un decisione interessante da parte sua.
"Penso che ciò Jackson vedeva in David era un artista completo" dice Dewey. "Era un perfezionista. Coreografava tutto. Jackson può anche aver visto il suo impegno per la famiglia. David principalmente dipingeva cultura e stili di vita del popolo Apache, ma dipingeva un sacco di bambini, non solo guerrieri. E dipingeva animali bellissimi, soprattutto cavalli.
Quello che Nordahl vide in Jackson era un genio ferito ed incompreso che si sentiva spiritualmente obbligato ad aiutare i bambini.
Nonostante Jackson sia stato assolto dalle accuse del 2005, "il suo spirito si spezzò”, dice Nordahl. “Michael non avrebbe mai molestato un bambino. Si sentiva sempre così male per i bambini maltrattati o malati. Trascorreva così tanto tempo con i bambini gravemente malati. Se una madre lo chiamava per un bambino morente da qualche parte, lui saltava su un aereo.
"La gente parlava di Neverland come il suo parco di divertimenti privato. E' stato sempre concepito per i bambini. L’ultima volta che sono stato al ranch avevano messo uno schermo Sony Jumbotron di fronte ad un edificio per i bambini malati, in modo che se i bambini si svegliavano di notte potevano vedere i cartoni”.
Michael era un papà vero
Nordahl era stupito del fatto che Jackson sembrava suscitare più derisione che simpatia.
“La gente lo accusò di cercare di essere bianco, il che è ridicolo”, dice. “Quando lo incontrai la prima volta, la sua vitiligine (una malattia della pelle che causa la perdita della pigmentazione) aveva colpito il lato destro del suo viso fino al collo. Gran parte della mano destra era bianca. Macchie assolutamente bianche. Usava il trucco perché era costretto. Senza, era tutto chiazzato”.
Nordahl non ha mai visto Jackson assumere farmaci ma era ben consapevole dei dolori di cui soffriva dopo che i capelli della star avevano preso fuoco durante lo spot della Pepsi.
“Quando cercarono di curargli la parte ustionata, sotto lo scalpo aveva come un palloncino che si era gonfiato”, afferma Nordahl. “Me lo fece sentire. Era un enorme bozzo. Appena la pelle si è tesa, l'hanno tagliato e asportato e hanno ricucito lo scalpo. Era un dolore straziante”.
Jackson non sembrava proprio un tossicodipendente, dice Nordahl, dato che evitava sigarette, alcool, bibite e zuccheri.
“Era per lo più vegetariano”, dice. “Quando era in tour i cuochi gli facevano mangiare pesce e qualche volta pollo. Amava le alette di pollo. Beveva sempre acqua. Ho bevuto del vino con lui solo due volte, una volta con (la sua ex-moglie) Lisa Marie (Presley) ed un’altra a casa di Ron Burkle. Michael ne bevve solo un bicchiere".
La prova lampante della natura responsabile di Jackson emerse nell'educazione di Prince, Paris e Blanket.
“Michael era un vero papà, non un papà di Hollywood”, dichiara. “Si alzava di notte per dar loro il biberon. Li cambiava, faceva loro il bagno, tutto ciò che fa una mamma.
"Per tutto il tempo che ho trascorso con quei bambini, non li ho mai sentiti supplicare per qualcosa o fare i capricci. Non li ho mai sentiti piangere.
Erano così stabili.
"Jackson ha fatto di tutto per non viziarli", dice Nordahl, ricordando una modesta festa di compleanno tenuta a L.A. per gli otto anni di Prince.(la madre di Jackson, Katherine, e la sorella Rebbie erano venute, ma saltarono la festa a causa delle loro convinzioni di Testimoni di Geova, dice.)
“Ero curioso di vedere cosa avrebbe ricevuto Prince”, dice Nordahl. “Mi immaginavo si trattasse di qualcosa di molto stravagante, ma non ricevette niente che costasse più di 2 dollari. Gli regalarono il Play-Doh (plastilina), dei piccoli supereroi, cose che di solito riempiono le calze.
"Ai bambini non era permesso guardare la TV o dei DVD o giocare con i videogiochi a meno che non avessero guadagnato dei punti nei compiti. Niente veniva loro regalato. Michael diceva, 'Voglio che crescano nel modo più normale possibile'. Quei bambini erano così rispettosi e cortesi, davvero dolci”.
Visita a sorpresa a Santa Fe
Nordahl era legato a tutti e tre. Di solito l'artista trascorreva del tempo con i bambini Jackson nella West Coast. Ma nel weekend del Memorial Day del 2004 la star e i suoi figli fecero una sorpresa a Nordahl arrivando a Santa Fe con il suo bus privato (con una TV al plasma da 60 pollici). Jackson suggerì di andare a vedere un film.
“Pensavo che saremmo andati in una sala di proiezione privata" dice Nordahl "L’autista ci portò al DeVargas Mall. Michael era amico del regista del film “The Day After Tomorrow” (Roland Emmerich) e quella era la settimana della prima. Il centro era affollatissimo e non c’era nemmeno un posto per parcheggiare. Presi i bambini, comprai i biglietti e il pop-corn ed entrammo. Michael arrivò appena spensero le luci.
"Le luci si riaccesero, e nessuno si accorse di lui. Indossava un cappellino da baseball e uno di quei pigiami di seta cinese. I bambini erano senza maschera. Qualsiasi giornalaccio avrebbe pagato 100 mila dollari per una foto simile”.
Il futuro poco chiaro dei dipinti
Vide Jackson per l’ultima volta nel 2005, quando il cantante si trasferì in Bahrein giurando di non tornare mai più a vivere sul suolo statunitense. Mentre Jackson era via Nordahl riprese a dipingere Apaches e pensò che sarebbe stato convocato una volta che Jackson avesse trovato una nuova casa e una vetrina per i suoi tesori.
Il destino dei dipinti di Nordahl di proprietà di Jackson è in un limbo, per quanto possano essere parte di una mostra itinerante di cimeli del cantante proposta dagli amministratori del patrimonio. "Mi piacerebbe vederli in un museo di Michael Jackson" dice Nordahl. "Questo è stato sempre l'obiettivo di Michael. Lui era molto schivo, ma capiva di essere un'icona della musica".
Nordahl, rappresentato dalla Settlers West Gallerie a Tucson e dalla Sherwoods Spirit of America a Santa Fe, è tornato alla pittura di Apaches e di altri soggetti .
Se la sua lunga pausa dagli occhi del pubblico abbia danneggiato la sua autorità o reputazione "è difficile da valutare", dice Dewey. "Io non so se abbia favorito la sua carriera. Un artista che fa delle commissioni per un solo mecenate, spesso è isolato a meno che il mecenate pubblichi o esponga il lavoro. David è sempre stato indipendente, e non ha mai cercato pubblicità".
E quanti clienti sono come il Re del Pop?
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