Michael Jackson Who Is It
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Billie Jean is not my lover (completa)

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Messaggio Da marina56 Gio Ott 13, 2011 1:10 pm

Capitolo 1

Ho 30 anni e faccio già parte della storia. Tutti pronunciano il mio "nome", ma pochi sanno che in realtà non è il mio. In molti conoscono la mia vicenda, e la ballano ovunque ad ogni ora.
Salve a tutti, sono Angel McPerry, meglio conosciuta come Billie Jean e questa è la mia storia.....
_

"Angel, dai fammi entrare!" Fissai indifferente la ragazza che gridava da dietro le porte della palestra, chiuse a chiave
"Cosa vuoi? Mi pare di esser stata chiara: se si è in ritardo, non si fanno gli allenamenti...Questa regola vale anche per te Fanny, sono stata gentile troppe volte" Girai i tacchi e mi incamminai verso la palestra dove le altre cheerleaders si stavano riscaldando
"Allora, via con le prove. Il saggio di fine anno deve essere perfetto, non ammetto sbagli. Non voglio che si sputi sul mio nome, nè voglio esser considerata un'incapace. Jada, fà partire la musica..."
"Che traccia?" chiese con un fil di voce quella ragazza che avevo terrorizzato per cinque anni di fila...era la più debole e mi piaceva farla mettere a piangere, ciò che succedeva durante ogni discussione...
"La uno: Don't Stop 'Til You Get Enough"
Sono sempre stata una ragazzina viziata, abituata ad ottenere con facilità tutto quello che volevo. Vengo da una famiglia ricca, mio padre è un famoso giornalista del New York Times e mamma un'avvocatessa in gamba, perfettamente inserita nel mondo dello spettacolo...Quindi non tolleravo che mi si rispondesse male o non mi si disobbedisse: tutto doveva filare liscio come l'olio, esattamente come avevo previsto.
La musica iniziò e fortunatamente l'esercizio venne eseguito benissimo, con acrobazie studiate attentemente. D'altra parte erano settimane che provavamo ed ero più che sicura che il giorno successivo, tutto sarebbe andato come doveva. Mi ero diplomata copiando dai secchioni che frequentavano i miei stessi corsi e concedendo qualche extra a attenti ed assennati professori....
Tutti sapevano chi fossi nella mia scuola: ero temuta, rispettata e guardata con invidia. Avevo il tavolo riservato nella mensa attorno al quale sedevano solamente pochi prescelti - Monique e Fran, le mie migliori amiche e i nostri "ragazzi" che ogni mese erano diversi-.
Adoravo e adoro i vestiti firmati, i party esclusivi e gli amici di alto stato sociale. Adoravo ed adoro la bella vita che avrei continuato a svolgere, in qualche modo anche senza una laurea. Non avevo infatti nessuna intenzione di andare al college, un assurdo posto traboccante di secchioni, non era roba per me!....Avrei scelto una via più facile che mi avrebbe portato in fretta al successo, all'affascinante mondo di Hollywood, il mio obiettivo da sempre. sapevo di essere nata per i riflettori e avrei camminato davanti ai flash dei fotografi a qualsiasi costo.
Sognavo di diventare una famosa cantante, una popstar mondiale. Avevo studiato canto per tutta la mia adolescenza e mi ero esibita ripetutamente durante le feste scolastiche e del quartiere e avevo anche partecipato a gare per giovani talenti, ma non ero mai riuscita a vincere, rimanendo sempre e comunque sul secndo gradino del podio.
In quelgi anni, i primi anni Ottanta, il mondo musicale era assai vario: emergevano nuovi gruppi e rock star che incantavano gli occhi di miliardi di fanciulle..una di queste ero io. qualsiasi cantante in voga in quel periodo era appeso sulle pareti della mia stanza, avevo quintalate di dischi e registravo sulle video cassette i primissimi videoclip musicali. La musica si stava rinnovando e io avrei voluto, anzi, dovuto contribuire...
La festa dei diplomi fu grandiosa, noi cheerleaders ricevemmo una medaglia per il lavoro svolto durante l'anno, così come i componenti della squadra di basket. La nostra esibizione venne applaudita con fragore: anche quella volta avevo dimostrato di essere qualcuno, di valere qualcosa....di essere in grado di poter diventare una star.

Capitolo 2

"Allora Angel, cosa farai adesso che noi partiamo?" chiese Fran durante il pigiama party di quella sera
"Quello che ho sempre fatto: dimostrerò di essere la migliore, nessuno potrà sovrastarmi. Ora potrò esercitarmi a tutte le ore del giorno, migliorare la respirazione e l'intonazione. Parteciperò a tutti i tipi di contest che organizzeranno sulla faccia della terra e vincerò. Io vincerò, ne sono sicura!"
"E di noi? Non ci vedremo più così spesso..Non ti mancheremo?"
"Se è un altro tentativo di farmi iscrivere a Yale con voi, no grazie. Non ci tengo a farmi rinchiudere in quella giungla di secchioni sfigati...Posso solo augurarvi buona fortuna e assicuravi che mi mancherete tanto. Siete delle sorelle per me!"
Abbracciai le mie amiche...Erano le uniche di cui mi fidassi davvero, le uniche a cui rivelavo il mio vero 'io', le uniche con cui avevo condiviso tutto dall'asilo. Ma ora era il momento di proseguire da sola per la mia strada, tralasciare gli affetti e lavorare sodo.
_

Sin dal giorno successivo iniziai a lavorare duramente col mio insegnate di pianoforte e di canto, ma gli effetti non furono quelli desiderati. Come al solito, gara dopo gara, mi venne assegnato sempre il secondo posto. Non riuscivo a capire quale fosse la dote che mi mancava, quale parte del mio talento non avessi sfruttato e come potevo farlo.
Non sopportavo di arrivare seconda. Per me o una cosa si fa come si deve o non si fa, non ho mezze misure...ogni giorno mi allenavo duramente, mi iscrissi in palestra dove avrei frequentato un corso di danza, che in quei periodi era fondamentale per i videoclip. Avrei stupito i prossimi giudici con una corografia impeccabile, degna di un'ex cheerleader...ogni giorno cantavo mentre facevo footing, in un campo da tennis che mio padre aveva affittato per me, in modo da poter controllare l'intonazione anche sotto sforzo, ciò mi sarebbe stato utile per le mie future tourneè. Irrigidii la mia dieta, in modo da poter ottnere un fisico perfetto, come quello della tanto amata Olivia Newton John...ma nessuna di queste cose aiutò il mio rendimento nelle contest...L'argento era ormai il mio colore.
"Angel, amore, non ti starai affaticando troppo? Sei magrissima, ti alleni di continuo e canti tutto il giorno...Non sarà troppo anche per te?" Chiese mia madre un giorno a pranzo, notando che nel mio piatto c'erano solo quattro carote scondite...
"No, mamma. Conosco i miei limiti, e non sono di certo questi. Ci vuole ben alro per abbattere Angel McPerry. E poi non ti è mai importato nulla di me, perchè adesso dovrebbe essere diverso?"
"Comunque se ti fa piacere, ho comprato dei biglietti per un concerto. Sono tre...pensavo potessi chiedere ale mie amiche di accompagnarti, prima che loro partano per il college"
Le strappai i biglietti dalle mani di mia madre...Non ci potevo credere. Erano dei biglietti per il concerto a New York dei Jacksons!
Da sempre erano il mio gruppo preferito, li seguivo sin da bambina. Michael era quello che adoravo di più, era solamente un anno più grande di me e spesso sognavo ad occhi aperti di poter cantare con lui, un giorno e magari di poter essere la sua ragazza...
Immediatamente chiamai le mie amiche, che ne rimasero entusiaste e ci demmo appuntamento per la settimana successiva di fronte al Nassau Veterans Memorial Coliseum. Ma quella sera ci fu un'altra grande sorpresa per me e questa volta fu mio padre a darmela...
"Angel, chiama le tue amiche. Dì loro che non andrai con loro al concerto la settimana prossima.." esordì mentre stavamo cenando
"Cosa hai detto?" Avevo già in mente di iniziare il solito piagniseo, quello che facevo ogni volta che i miei mi dicevano un "no" e riuscivo sempre a convincerli....
"Fammi finire di parlare, Angie...Conosco una persona, un amico, che può farti assistere al concerto dal backstage, ti verrà dato un pass da questa persona, che ti passerà a prendere verso le otto di mattina, il giorno del concerto. Non dirlo a nessuno, regala i biglietti alle tue amiche e dì loro di regalare il tuo a qualcun altro. Inventati una balla, perchè ho fatto con le mani e con i piedi per convincere Joseph a farti entrare con lui e non sono..."
"Quale Joseph, chi è questo Joseph?" chiesi ad alta voce, sbarrando gli occhi e tirando indietro una ciocca birichina dei miei capelli biondi...
"Chi ha detto Joseph?" mi fece eco papà, rendendosi immediatamente conto di aver parlato troppo "Io non ho pronunciato quel nome, fatti una cura di fosforo, perdi colpi figlia mia..." Il mio sguardo parlava più di mille parole e quasi lo obbligò a dirmi chi fosse quel Joseph. La risposta fu quella che mi aspettavo...

Capitolo 3

Ero pronta. Spruzzai ancora un pò di lacca sui miei capelli ricci e cotonati, assai di moda in quegli anni. Indossai degli orecchini a cerchio, rosa come la maglietta lunga ma scollata che avevo abbinato ai miei fuseaux neri e a delle ballerine dello stesso colore. Mi ero vestita con cura, in quanto non sarei stata costretta a fare la fila e a prendermi a spintoni con altri fan per rimediare un posto in prima fila. Sarei tornata a casa con gli autografi dei tanto amati fratelli Jackson e con un contratto con la loro etichetta discografica, ne ero certa. Avrei fatto notare il mio talento.
"Angel, sei pronta tesoro? Guarda che Joe è qui sotto ad aspettarti in auto!" presi la borsetta ed scesi le scale veloce come un lampo. Salutai di sfuggita i miei e uscii di casa. La Bentley del signor Jackson mi attendeva in tutto il suo splendore: l'autista scese ad aprirmi la portiera e salendo in auto mi ritrovai accanto il tanto temuto Joseph Jackson. Padre padrone dallo sguardo burbero che, però, non mi incuteva per nulla terrore. Gli strinsi la mano e mi diede un cartoncino azzurro attaccato ad un laccio, che avrei dovuto mettere al collo, per entrare nel backstage senza che ci potessero essere problemi.
"Allora, ragazzina, quanti hanni hai detto di avere?" chiese inarcando un sopracciglio
"Quasi 19...sono un anno più piccola di Michael"
"Ah...sì, è vero" si limitò a rispondere. Il viaggio proseguì in silenzio, in quella lussuosa auto che mi stava accompagnando verso la porta del successo. Avrei ricordato in eterno quella giornata, ne ero più che sicura. Prima di scendere, sistemai i capelli e diedi un'altra passata di rossetto sulle labbra: ero perfetta... Dei bodyguard ci fecero largo fra la folla che si era radunata davanti alla seconda entrata nel tentativo di incontrare il gruppo. Entrammo nello stadio e ci dirigemmo verso una delle entrate laterali del palco. I ragazzi, mi aveva assicurato Joe, sarebbero arrivati di lì a poco per provare...E così fu: dopo poco salirono sul palco e a turno mi salutarono, con degli affettuosi baci sulle guance: Tito, Marlon, Jackie e Randy...Ma dov'era Michael?
"Sta arrivando. Aveva dimenticato una cosa in hotel..." rispose Jackie. Era il più alto di tutti, lo notavo sempre, in ogni copertina dei dischi.
E finalmente eccolo arrivare, in tutto il suo splendore...Era bellissimo e vestiva in modo anche abbastanza casual: un jeans e una camicia color panna erano il tutto...
"Ciao, sono Angel, una tua fan...Sai mio padre e il tuo sono amici e così ho ottenuto il pass. Ti va di fare una foto prima di iniziare con le prove?"
"Ciao...Si certo" fu tutto quello che riuscì a dire...
Passai l'intera mattinata e metà del pomeriggio ad osservarli seduta sul palco a gambe incrociate...Ogni loro passo sembrava essere la password del mio cuore che palpitava sempre più velocemente..Pranzai con i ragazzi, per i quali mamma aveva preparato una buonissima torta al cioccolato, che divorarono immediatamente...Chiacchierammo a lungo prima che ricominciassero a provare, ma Mike non apriva quasi mai bocca: forse, pensai, lo mettevo in imbarazzo, in fondo era sempre stato il più timido del gruppo. Ma c'era qualcosa sotto, lo sentivo.
Quando iniziò ad arrivare la gente, mi sentii onnipotente: ancora una volta ero al di sopra di tutto e tutti e nessun altro sarebbe potuto essere lì dove mi trovavo io!
Il concerto fu uno spasso e io da dietro potevo notare ogni minimo particolare, ogni dettaglio. Cantavo con loro ogni canzone e ballavo rifacendo alla perfezione ogni coreografia, e proprio mentre stavo facendo una giravolta su me stessa, sentii qualcuno applaudirmi da dietro...
"Brava, sei grande ragazza, hai del potenziale!" disse il signor Jackson
"Beh in effetti studio canto e ballo da un bel pò ormai ed ho partecipato a diverse gare per giovani talenti...Ma sono sempre arrivata seconda. Mi chiedevo se lei potesse in qualche modo...beh sì darmi una mano, raccomandarmi. Se lei possa riuscire a farmi fare un provino..."
"Si,diciamo che ho vari agganci e posso provarci..."
"Oh mio Dio, grazie, lo sapevo. Lei è mitico!" gridai saltandogli in braccio
"Ehy, scendi ragazza, qualcuno potrebbe vederci e io non voglio rovinarmi la reputazione!"Mi scusai e mi ricomposi subito. Mi ero talmente emozionata da non riuscire a capire più nulla, neanche di essermi buttata fra le braccia di un uomo di almeno una trentina d'anni più grande di me!
"Comunque, se ti interessa uno dei miei ragazzi...questo è il numero della loro camera dell'hotel. Farò in modo che tu abbia il permesso di entrare"
Cosa? Quell'uomo mi aveva presa per una Groupie? Certo, non ero di sicuro la Vergine Maria...ma non avevo mai pensato di diventare una Groupie.
Avevo letto diverse volte di queste ragazze, soprattutto sui giornali di musica e sapevo che molte di loro erano diventate attrici famose o cantanti conosciutissime e amate...
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Messaggio Da marina56 Gio Ott 13, 2011 1:12 pm

Capitolo 4

C'erano due cose che sapevo di amare: il sesso e la fama. Molto spesso durante gli anni alle superiori, ero riuscita a far perdere la testa a tante persone importanti nella mia scuola. Il mio professore di biologia, un ragazzo fresco di laurea e sensibile ad ogni moina, ne sapeva qualcosa. I miei compiti in classe erano sempre degni di una A, anche se consegnati in bianco... diventando una Groupie, avrei potuto sfruttare il primo per ottenere la seconda e il che non mi dispiaceva affatto. Soprattutto se durante il mio primo giorno di lavoro, avrei dovuto "corteggiare" il mio cantante preferito: Michael Jackson...
Sapevo che i Jacksons erano uno dei gruppi più presi di mira dalle Groupies, l'avevo letto in più di una rivista e sapevo anche che difficilmente i maschietti sanno resistere a bel paio di tette...Avrei sfruttato quell'occasione. Mi era stata servita su di un piatto d'argento: era il segno che aspettavo, voleva dirmi che quella era a via per il successo, per la fama che tanto desideravo.
Il concerto finì e i ragazzi salirono frettolosamente sulla limousine, lasciando lo stadio...Io li seguii sul furgoncino riservato al personale e, una volta arrivati, entrai nell'hotel dirigendomi immediatamente verso la stanza 306...La loro stanza. Bussai, col cuore in gola...Riuscii a riconoscere la voce di Tito dall'altra parte della porta...
"Chi è?"
"Servizio in camera"
"Ma noi non..." Iniziò a precisare aprendo la porta "Scusa, non credevo fossi tu. Che ci fai qui, Angel?"
"Sono qui per Michael. Vostro padre mi ha detto dove stavate e così..."
"E' sotto la doccia..."
"Vorrà dire che aspetterò..." Mi feci largo ed entrai nella camera: una delle più belle e lussuose camere d'albergo che avessi mai visto. "Beh...passerò la notte qui. Ho già avvertito i miei"
"Per me e per i ragazzi va bene. Ma non so come la prenderà Mike" Notai che i ragazzi mi stavano guardando sconcertati anche se non ne capivo il motivo... "Comunque, quando ti dirà di no...Noi siamo qua!" disse uno di loro ridendo. Decisi di non curarmi di loro e una volta spenta la luce, mi infilai sotto le coperte del suo letto.
Una volta terminato il rumore del phon, la chiave girò nella toppa e Michael uscì dal bagno...Probabilmente dovette pensare che i suoi fratelli dormivano, perchè si infilò dritto nel letto...
"Ciao" sussurai
"Angel?" annuii alla sua domanda "Che ci fai qui?"
"Quello che fanno tutte le altre!" risposi sicura di me.
"No,no, esci di qui subito! ti credevo un'amica!" disse quasi gridando
"Lo sono...ma potrei essere di più, non credi?" lo baciai sule labbra, ma sembrò non corrispondere
"Vattene!" intimò con uno sguardo carico d'odio. Non era possibile: nessuno poteva dire di no ad Angel McPerry, nemmeno Michael Jackson! Mi aveva offeso, ma decisi di non dargliela vinta: anche se era il mio cantante preferito, non era per lui che avrei rinunciato al mio sogno! Così mi buttai in un letto a caso dei suoi fratelli maggiori, dando inizio alla mia nuova carriera da Groupie...

Capitolo 5

La mattina seguente mi svegliai con la testa dolorante...Non ero stata con chi avrei voluto, ma mi era piaciuto. Feci colazione con i ragazzi, nonostante Mike non osasse rivolgermi uno sguardo. Mi vestii in fretta e mi accompagnarono a casa...
"Come è andata, Angie?" esordì mia madre non appena varcata la porta
"Bene...anzi benissimo. Il signor Jackson si è reso conto del mio talento...Ha detto che parlerà con alcune sue conoscenze, per metterci una buona parola" dissi vagamente
"Oh che bello, tesoro, il tuo sogno sta per avverarsi!"
Annuii. Era vero, avrei ottenuto quello per cui avevo tanto lavorato. Avrei avuto il successo che mi meritavo,in un modo particolare certo, ma non per questo sleale....Ero disposta a tutto per arrivare a Hollywood!
Appena entrata in camera mi feci una doccia e cambiai i vestiti...Mi ricordai di togliere il biglietto con gli autografi dalla borsetta e lo appiccicai allo specchio della mia camera con dello scotch. Sì, era vero, stavo per diventare come loro...Mi sdraiai sul letto e attesi ad occhi chiusi il sonno che stava per invadermi, vista la movimentata notte precedente...Iniziai a vagare con la mente, sognavo di cantare e ballare su un palco scenico, accanto a dei ballerini, con le luci che acciecavano lo sguardo di milioni di fans urlanti....
Fu mio padre a svegliarmi..."C'è Joseph al telefono". Corsi ad afferrare l'apparecchio della mia camera
"Pronto?"
"Ciao, Angel, sono Joe...I ragazzi mi hanno detto che si trovano molto a loro agio con te e che siete diventati amici...amici molto intimi. Mi hanno chiesto di domandarti se ti andasse di seguirci ad ogni tappa..beh sì, stare con noi per tutti i prossimi concerti...Tii va?"
"Beh...sì,certo, come potrei dire di no?...Comunque, volevo chiederti se ci sono novità per me, sì insomma, hai già telefonato a quei tuoi amici per farmi fare un provino?"
"Accidenti me ne sono dimenticato.Lo farò non appena arrivi qui. Siamo in hotel, ti aspettiamo nella Hall..."
Attaccai amareggiata. Perchè ancora non aveva iniziato a fare dei giri di telefonate? Sbuffai, sollevando la mia frangia bionda e ribelle...Iniziai a preparare la valigia con indumenti comodi ed essenziali, ideali per la faticosa vita in tournèe.
Entrata nella Hall, vidi i volti sorridenti dei ragazzi corrermi incontro...
"Che bello, sono felice che tu abbia deciso di venire!" esordì Jackie, seguito a ruota dagli altri...tranne Mike, che mi guardava con aria di rimprovero
"Che c'è? Dormito male stanotte?" chiesi prendendolo in giro. Non lo avevo ancora perdonato per l'episodio della sera precedente...come aveva osato respingermi? I ragazzi risero alla mia battuta e ci incamminammo verso la Limo che immediatamente partì sgommando per l'aeroporto...Dovevamo andare a Dallas.
_

Capitolo 6

Appena entrati in albergo, scoprii che la mia stanza e quella dei ragazzi erano separate. Alzai subito la cornetta e avvertii i miei che tutto era okay..successivamente chiamai Joe
"Allora?"
"Ho chiamato un talent scout di Chicago... è disposto a farti un provino il mese prossimo. Per te va bene?" annuii sorridendo e attaccai, quando qualcuno bussò alla porta della mia camera...Michael si trovava in piedi, davanti a me: che avesse cambiato idea?
"Mi fai entrare?" mi scansai leggermente, lasciandolo passare "Mi dispiace per ieri. Credevo tu fossi una...sì, insomma un'amica e trovarti nel mio letto non è stata una bella sorpresa. Mi hai detto di essere una mia fan. Ma allora dovresti sapere che la mia religione...Beh, io non credo nel sesso prima del matrimonio, ecco tutto" Le sue affermazioni mi lasciarono stupita: andiamo, come poteva un ventenne non amare il sesso, quasi un must nel mondo musicale? Mi sedetti sul letto accanto a lui, che mi guardava quasi terrorizzato...
"Allora perchè non cambi idea?"
"Sono molto religioso"
"Non lo faresti neanche se una ragazza ti piacesse davvero?" annuì con la testa. Avvicinai le mie labbra alle sue baciandolo, ma.... "Aia!" gridai tamponandomi il labbro sanguinante...Mi aveva morso! "Sei diventato scemo per caso?"
"No. Ti avevo avvertita. Pensavo che mi avresti capito...ma probabilmente mi sbagliavo" Si alzò di scatto "Comunque, se ti hanno promesso fama e fortuna, non credergli. Ti stanno solamente usando per divertirsi, non avrai nulla in cambio!" e così dicendo si avviò verso la porta. Gli sbarrai la strada, chiudendo a chiave:
"Che cosa hai detto? Come ti permetti!" rabbia mista a una leggera paura di non riuscire a far avverare i miei desideri mi pervase. Lo guardavo con disprezzo mentre mi fissava serio: le mani poggiate sui fianchi, il sopracciglio destro leggermente sollevato, le labbra curvate in un'espressione di assoluta sicurezza di sè. Non mi aveva risposto ma il suo atteggiamento parlava più di mille parole...e poi quegli occhi, neri come la brace sembravano i fondi del caffè dai quali avrei dovuto capire quale sarebbe stato il mio futuro
"Sai cosa?- dissi, mentre mi si creava un nodo in gola-... Potrò anche essere il capriccio di una notte, ma almeno me la sarò spassata. Chi ti credi di essere per criticarmi?". Lo baciai di nuovo ma, contariamente ad ogni mia aspettativa, stavolta rispose al mio bacio in modo così perfetto, come avevo sempre sognato! Poi come in un sogno, svanì magicamente...

Capitolo 7

Lo avevo in pugno. Anche lui stava per cedere ne ero più che sicura. Sarebbe bastato fare ancora per un pò gli occhi dolci e sarebbe diventato mio! Era quello a cui avevo mirato dal principio e non avevo intenzione di farmelo sfuggire...Io gli volevo bene e se il mio amore era la strada per il successo, l'avrei percorsa immediatamente.
Quasi tutte le sere seguenti "dormii" con i ragazzi, che ogni volta si complimentavano con me: mi compravano regali e promettevano il successo mondiale...Tutti tranne Michael.
Mi sentivo in capo al mondo, avrei dovuto solamente aspettare il momento giusto e sarei diventata anch'io una star!
"Perchè non mi fate cantare sul palco con voi domani?" chiesi loro un pomeriggio mentre stavano provando
"Beh...devi chiedere a Joseph, noi non abbiamo voce in capitolo, và a parlare con lui!" dissero. E così feci, ma nonostante cercassi di convincerlo con moine e sbattiti di palpebre, non volle darmi ascoltosostenendo che un mio solo errore, avrebbe significato l'insuccesso del gruppo....Ero furiosa! Quello sarebbe potuto essere il mio trampolino di lancio, ma non vi sarei mai potuta salire!
Chiesi all'autista di riaccompagnarmi in hotel e corsi in camera mia piangendo come una neonata: perchè Dio non voleva che i miei sogni divenissero realtà? Mi buttai sul letto in preda allo sconforto, piangendo tutte le mie lacrime e sfogliando le pagine del mio diario, annotandovi poi sopra la mia delusione. Sicuramente ci sarebbero state altre opportunità, ma questa sarebbe stata la maggiore, perchè avrei potuto debuttare davanti a milioni di persone...proprio facendo questi pensieri, mi addormentai, esausta.
_

"Si?" risposi con la voce ancora impastata dal sonno, sentendo qualcuno bussare alla mia camera. Entrò Michael, con aria dispiaciuta e uno sguardo che celava un 'Te l'avevo detto!'
"Mi dispiace. Ho saputo perchè sei tornata qui"
"Ah sì !? Se ti dispiacesse davvero, ti opporresti a tuo padre!"
"E cosa posso fare io? E' lui che comanda. E poi non sono mai riuscito a tenergli testa e non ho intenzione di iniziare ora...Comunque..." si sdraiò sul letto accanto a me, pancia in sù, mani dietro la testa. Strinse le labbra, chiuse gli occhi. Poi si mise su un fianco, volto verso di me.
"Senti se hai deciso di cambiare idea lo hai fatto nel momento più sbagliato!" dissi asciugandomi una lacrima
"E chi ti ha detto che voglio cambiare idea? Mi sono solo sdraiato, ecco tutto...il tuo letto è matrimoniale e quindi è più comodo!" risi. Senza saperlo era riuscito quasi a consolarmi
"Angie, tirati via da questo incubo. Te l'ho già detto...Non otterrai quello che speri! Davvero, torna alla tua vita, non rovinartela così" disse con aria di chi la sapeva lunga "Iscriviti al college, fatti nuove amiche. Smettila, Angie, ti stai vendendo a chi non ti merita!"
"Michael, devo tentare il tutto per tutto! Se solo tu sapessi quanto ho lavorato e quanti sforzi ho fatto per riuscire a sfondare...Questa è la mia vita! E devo vivere giorno per giorno o sarò per sempre una nullità !"
"Oh ma allora sei stupida! Non otterrai un bel niente, gli unici a ricevere in questa storia saranno loro...ma a che serve parlare? Te ne accorgerai da sola, prima o poi. Spero solo che tu non debba soffrire per farlo...." e così dicendo uscì sbattendo la porta. Afferrai un cuscino e lo tirai contro quello stupido, enorme pezzo di legno verniciato: lo odiavo. Adoravo la sua voce e il suo talento, la sua "persona pubblica", ma odiavo lui forse perchè era l'unico sincero con me.
Dovevo dimostrargli che Angel McPerry non sbaglia mai. Ero cattiva, lo sapevo, lo ero sempre stata e questa volta non sarebbe stato diverso. Gli avrei fatto pagare tutti gli affronti che osava farmi, in qualche modo, un giorno non lontano. Era stato l'unico in tutta la mia vita a negarmi qualcosa, a dirmi che avevo torto e non lo sopportavo...Perchè non mi ascoltava mai, non si piegava mai alla mia volontà?
Ma questa volta non avevo ragione. E lo avrei scoperto a mie spese poche settimane più tardi....
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Billie Jean is not my lover (completa) Empty Re: Billie Jean is not my lover (completa)

Messaggio Da marina56 Gio Ott 13, 2011 1:13 pm

Capitolo 9

Ricontai, girando le pagine del mio diario...1,2,3....No non era possibile! Non poteva essere! Contai di nuovo, ma la risposta era sempre la stessa. Uscii dalla mia stanza in preda al panico. La tournèe era finita da qualche settimana e quei giorni erano trascorsi così velocemente da non rendermi conto di cosa stesse accadendo dentro di me...
"Mamma, mi presti la Mercedes? Devo...andare un attimo al centro commerciale" Annuì distratta dalla sua soap opera preferita in TV. Corsi in garage e in un attimo schizzai via con l'auto. Il centro commerciale brulicava di persone: manacavano pochi giorni a Natale e i ritardatari correvano ai ripari comprando cose a piccoli prezzi....Entrai nella farmacia lì dentro, dove lavorava una ragazza che veniva in palestra con me
"Angie, come va? è tantissimo che non ci vediamo...Come mai non vieni più in palestra?"
"Beh...ho avuto da fare, ho fatto un viaggio con degli amici" mentii "scusa sai ma vado di fretta, non posso stare qui a parlare...Ce l'avete un test di gravidanza?"
"Oh...beh, certo. Che marca?"
"Dammene...cinque tipi diversi"
"Sono per te?" mi si gelò il sangue nelle vene...
"No, per...un'amica" la ragazza annuì e mi diede lo scontrino. La ringraziai uscendo in tutta fretta. Una volta a casa entrai nel bagno della mia camera, chiudendo a chiave la porta. Attesi impaziente, mordicchiandomi le unghie, poi li guardai...Rosa o blu che fossero, le linee di quegli stecchi di plastica diedero vita alla mia paura più grande: ero incinta! Misi le mani fra i capelli, iniziando a piangere convulsamente. Come poteva essere? Non sapevo neppure di chi fosse quel bambino che non desideravo affatto, ma che non avrei mai abbandonato o ucciso. D'altra parte, anch'io ero figlia del caso...Iniziai a vagare avanti e indietro per la mia stanza, guardando ripetutamente le foto scattate con i ragazzi durante il tour incorniciate sopra il letto: nella mia mente riaffiorarono i ricordi e sembrava che avessi tatuata nei pendieri l'espressione degli occhi di Michael che mi guardava deluso e dispiaciuto. Non mi rimaneva altro che dirlo ai miei, così scesi in cucina: stavano preparando insieme la cena. Era il loro hobby. Presi un bel respiro e li affrontai a sangue freddo
"Mamma, papà...aspetto un bambino" i due si guardarono a bocca aperta, evidentemente esterrefatti...
"Chi,chi è il padre?" chiese mio padre sull'orlo del pianto. Rimasi impietrita davanti a loro per qualche secondo, fin quando la mia bocca rispose da sola...e rispose con il nome sicuramente sbagliato
"E'...Michael Jackson!" balbettai
"Michael Jackson?" mi fece eco mia madre....Annuii con la testa, iniziando a piangere. Ero sicura che lui non era il padre del mio bambino, non poteva proprio esserlo, ma odiavo e amavo quel ragazzo allo stesso tempo. Odiavo il fatto che mi riprendesse sempre e che mi dicesse sempre la verità, anche entrando in controcorrente con me, ma sapevo di amarlo. Lo amavo tanto, ne ero sicura, avevo imparato ad amare ogni suo difetto e ogni suo pregio durante quelle settimane...non conosco il motivo, ma lo consideravo in qualche modo responsabile di quello che era accaduto: lui mi aveva avvertita, ma non avevo mai voluto dargli ascolto. Mi aveva predetto che avrei sofferto e che mi sarei resa conto che il mio comportamento non mi avrebbe portata da nessuna parte...ed era quello che si stava verificando in quel preciso istante.
_

La mia pancia cresceva ogni singolo giorno di più. Decisi di tenere il mio bambino che, nonostante non desiderassi, sapeva risollevare sempre il mio stato d'animo. Quei nove mesi passarono in fretta e una notte, d'improvviso ebbi le prime doglie. Il mio bambino nacque senza complicazioni alle prime luci dell'alba: era bellissimo, aveva la pelle come il cappuccino e degli occhi che conoscevo, ma non ricordavo di chi fossero...Mi ero appena svegliata dal riposo a cui mi avevano costretta i farmaci quando mia madre esordì,
"Angie, hai avvertito Michael? Credo abbia tutto il diritto di sapere che ha un figlio!" disse sorseggiando del caffè...
"No, ancora non gliel'ho detto" risposi mordendomi le labbra, sull'orlo del pianto; Come sarei uscita da quell'incubo?
"Allora alza quella stramaledetta cornetta...o vuoi aspettare che tuo figlio diventi maggiorenne?" annuii controvoglia e la pregai di lasciarmi sola. Tremante, afferrai l'apparecchio sul comodino della mia stanza d'ospedale e composi quel numero. Mi rispose la donna di servizio, alla quale chiesi di Michael
"Pronto?" rispose ignaro della mia bugia. Una lacrima mi rigò la guancia
"Michael...sono Angie. Volevo dirti che io...Sì io ho appena dato alla luce tuo figlio!" rimase in silenzio per qualche attimo che mi sembrò un'eternità
"Cosa? Spero tu stia scherzando! Sai anche tu che non è vero, Angel."
"Io so solo che è tuo figlio. E voglio che tu lo riconosca! Che ti prenda le tue responsabilità
"Angel, ti ha dato di volta il cervello, per caso? Ti darò dei soldi per mantenerlo, se è questo che desideri..."
"Non voglio i tuoi soldi, lo vuoi capire? Voglio solo che tu riconosca tuo figlio, nostro figlio..."
"Io non ho nessun figlio lo sai bene. Per quanto mi riguarda in questa storia non c'entro nientre e lo sai!" gridò dall'altro capo dell'apparecchio
"Avrai notizie dal mio avvocato, lo sai questo?"
"Ma vai al diavolo!" si limitò a ribattere, chiudendo la conversazione

Capitolo 10

Dopo pochi giorni, tornai a casa col mio bambino, Kevin Michael. Ero sicura che Michael avrebbe riconosciuto mio figlio anche se sapeva che non era suo, era troppo buono ed anche troppo fesso per non accettare ed inoltre adorava i bambini, con loro si sentiva più a suo agio che con chiunque altro al mondo...e ora avrebbe potuto comportarsi così con suo figlio....
"Angel,cosa hai intenzione di fare?" Mi chiese un giorno mia madre mentre allattavo il piccolo Kevin
"Quello che DEVO fare. Farò causa a Michael...Questo è il nostro bambino e lui deve prenderne atto, che gli piaccia o no"
"Va bene...allora inizierò con le pratiche e tutto il resto. Sarò io il tuo avvocato, vero?"
"Certo, neanche devo chiedertelo"
I miei mi adoravano, così come adoravano mio figlio. Ero sempre stata viziata, è vero e questo perchè non passavano mai abbastanza tempo con me. C'erano giorni in cui non riuscivo neanche a salutarli e me stavo per tutto il tempo con la governarte, Katie, che ormai era una seconda mamma per me: era stata lei infatti a crescermi ed era ancora lei, ora, ad insegnarmi come crescere mio figlio.
Kevin era un bambino bellissimo, sano e cresceva in modo incredibile. Inoltre aveva un sorriso e degli occhi che sapevo bene di conoscere, ma...Di chi erano quegli occhi?
_

I miei erano entrambi fuori per lavoro, Katie era in ferie e quindi sarei rimasta sola per tutta la settimana. Stavo giocherellando con Kevin in salotto, quando il trillo del campanello mi fece sobbalzare, così presi in braccio il piccolo e corsi ad aprire.
Mi sorpresi moltissimo, nel vedere chi si trovava davanti a me...
"E'...permesso?"
"Si, Michael, vieni entra pure..." Lo feci accomodare sul divano del salone. Era impacciato e rimase immobile per un pò "Allora, qual buon vento ti porta qui?" dentro di me mi rassicuravo che era venuto per dirmi di aver cambiato idea, di voler riconoscere il mio piccolo Kevin.
"Angel, sono venuto per sistemare questa faccenda. Sai anche tu qual è la verità...quello che però non so io, è perchè tu mi stia facendo questo" proprio in quel momento, ironia della sorte, Kevin inziò a piangere, controllai l'orologio: era ora della sua pappa...
"Senti, lo potresti tenere un attimo? Vado a scaldargli il biberon" così dicendo posi Kevin nelle braccia di Michael e mi avviai verso la cucina
"Quando è nato?" mi chiese, seguendomi col piccolo fra le braccia
"Il giorno in cui ti ho chiamato: due settimane fa"
"Non te l'ho chiesto...Come lo hai chiamato?"
"Kevin Michael...Ho pensato che a suo padre avrebbe fatto piacere trasmette il nome a suo figlio, quindi l'ho messo come secondo nome"
"Angel, sappiamo tutti e due che non posso essere io suo padre, perchè ti ostini a sostenerlo!?" mi guardò intensamente "Senti, è forse una sorta di 'punizione' per essere stato sincero con te? Io ti avevo avvertita ma non mi hai voluto darmi retta...Cosa hai intenzione di dire davanti al giudice? Che è venuto un angelo ad avvertirti di essere incinta? Per favore, smettila di dire cretinate e pensa a dargli l'amore che gli serve!" in men che non si dica, mentre teneva il piccolo con un braccio, spense lo scalda biberon e fece colare una goccia di latte sul polso controllando la temperatura, poi iniziò a dar da mangiare a Kevin.
Tra me e me pensai che sarebbe stato un ottimo padre....e speravo anche che potesse diventare il padre di Kevin, se solo non fosse stato tutto così complicato: per un attimo ebbi anche dei ripensamenti, che però svanirono all'istante...
"Allora, facciamo così" dichiarai "Io non ti chiederò di riconoscere mio figlio, solamente se avrò un contratto per almeno un disco"
"Oh mio Dio, tu sei matta!" rispose lui, controllando che passasse latte a sufficienza dalla gommina del biberon
"Allora non mi interessa. Ci incontreremo davanti a un giudice di pace e discuteremo davanti alla legge di questa storia"
"Ho detto tutto ai miei fratelli. Sono d'accordo con me. Se vuoi il cognome della mia famiglia, puoi chiederlo a uno di loro, non a me!" Gli tolsi il piccolo dalle braccia e lo obbligai ad andarsene via. Aveva colto nel segno, sapevo di aver sbagliato, anche se non mi andava di ammetterlo. Ed era questo quello che odiavo di lui: il fatto che avesse il coraggio di dirmi la verità!

Capitolo 11


Misi il piccolo nella carrozzina e mi guardai allo specchio dell'ingresso ancora una volta. Il vestito mi calzava bene nonostante i 3 chili acquistati con la gravidanza: volevo fare una buona impressione sul giudice di pace che avrebbe presieduto la causa.
"Dai, andiamo o arriveremo in ritardo!" mi esortò mia madre, che era anche il mio legale. Uscimmo di casa e dopo mezz'ora arrivammo davanti al tribunale
"Come mai hai voluto portare Kevin?"Mi chiese appena seduta in aula...
"Perchè, è vietato? Così vedrà suo figlio!" dissi stizzita...Non avevo detto a nessuno del mio incontro con Michael. Temevo che avrei parlato troppo e che sarei finita col confessare che quello non era suo figlio. Avevo paura che se il giudice mi avesse fatto qualche domanda mi sarei tradita, finendo con l'ammettere la verità. Ma non sarebbe successo, non a me, non ad Angel: fingere era il mio cavallo di battaglia...Non sarebbe diventato un tallone d'Achille in un momento così importante.
Con mia grande sorpresa scoprii che Michael non sarebbe venuto in aula. In compenso arrivò quasi metà della sua famiglia: credevo che i fratelli mi salutassero, ma non fu così, e ciò non fece che aumentare la mia rabbia...Era riuscito a mettermeli contro!
L'udienza fu stressante, quel giudice faceva domande su domande e sembrava accogliere solo le obiezioni della controparte...
Finalmente tutto finì, dopo due lunghe ore.
Saremmo dovuti ritornare quasi un mese dopo per l'udienza decisiva, ma sapevo che tutto era dalla mia parte: tutto procedeva come desideravo.
_

Il telefono ruppe il silenzio che ragnava nella mia camera, cosa che mi irritò moltissimo, dato che Kevin si era appena addormentato. Corsi a rispondere.
"Mia madre ha detto che hai portato il piccolo con te oggi"...Era Michael
"Sì. Ti dispiace?"
"A me non interessa. Oh...Angie, perchè non la finisci qui? Io ti voglio bene e non voglio finire con l'odiarti!"
Eccolo, succedeva di nuovo: era riuscito a farmi male come riusciva a fare solo lui...Una lacrima cominciò a cadere sulla mia guancia...
"Michael, non capisci, non puoi capire!" dissi mentre le lacrime si facevano sempre più copiose sul mio viso
"Cosa, cosa non posso capire! Dimmelo, Angel!" gridò dall'altro capo del telefono. Era la prima volta che lo sentivo gridare così.
"Michael, se faccio questo è solo perchè voglio che tu sia qualcosa di più che un amico per me. Credevo che con la nascita di Kevin mi avresti sposato, nonostante sapessimo entrambi che lui non poteva essere tuo figlio" Cercavo di controllarmi, ma mi era impossibile. Iniziai a piangere in modo convulso, liberando tutte le frustrazioni che stavo vivendo in quel periodo
"Angie. E' impossibile che io ti sposi. Non lo farei mai e sai perchè? Perchè io NON ti amo!...e non voglio farti soffrire inutilmente, per un altro dei tuoi stupidi capricci!"
"Va bene. Ci vediamo tra quaranta giorni, Mr Jackson!" risposi seccata e amareggiata. La rabbia che provavo in quel momento era indescrivibile. Dentro di me sentivo che avrei potuto prenderlo a schiaffi se mi fosse sato a portata di mano....
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Messaggio Da marina56 Gio Ott 13, 2011 1:14 pm

Capitolo 12

I quaranta giorni passarono in un attimo e, dentro di me, il rimorso si era fatto sempre più grande. Mi sentivo come Lady Macbeth nell'opera di Shakespeare: inizialmente decisa, convinta, la mente che aveva architettato la congiura, diventa poi debole e perseguitata dai sensi di colpa...finendo col morirne. Così mi sentivo io. Da diverse notti ormai, non chiudevo occhio per via dei troppi pensieri e anche per i capricci di Kevin. Mi ero messa in un pasticcio molto più grande di me dal quale era difficile uscire, anche perchè se da un lato avrei tanto voluto ritrattare tutto, dall'altro il mio orgoglio veniva a galla schiacciando tutti i dubbi. Insanamente disposta a giocare tutto quello che avessi per inseguire il mio sogno, per arrivare ad avere quello che nessun'altra aveva. In principio non mi ero però accorta cher in realtà quello che volevo non era diventare una star, ma più semplicemente ottenere l'amore di quella persona che io amavo da tanto, troppo tempo ormai: volevo l'amore che solo Michael poteva darmi ed ero sicurissima che l'avrebbe fatto!
La mia mente era piena di pensieri, di domande a cui non riuscivo a dare una risposta, di incertezze...Che cosa mi stava succedendo? Ero sempre stata una leader invincibile, perchè ora i muri sui quali avevo dipinto la mia sicurezza stavano svanendo nel nulla?
"Angel, muoviti stiamo facendo tardi!" gridò mia madre dall'ingresso. Scesi di corsa le scale e mi infilai il cappotto, pronta ad uscire
"E Kevin? Non lo porti con te?"
"Meglio di no. Ho lasciato tutto l'occorrente a Katie. Ho paura che si stranisca in aula e sinceramente, sono talmente nervosa che non credo di poter reggere i suoi piagnistei..."
Mia madre mi guardò con aria di rimprovero, come faceva quando da bambina non volevo mangiare
"Non dire così. E' tuo figlio!".
FIGLIO...per un attimo mi domandai se sapesse quantomeno sillabarla quella parola, lei che una madre non era mai stata. Cacciai bruscamente questo grido silenzioso dalla mia mente, un brivido di terrore percorse tutta la mia schiena: e se Kevin, un giorno, avesse pensato lo stesso di me?!
"Si, scusa, mamma. E' che sono nervosissima, non mi sopporto neanche da sola oggi...Dai, andiamo"
Salimmo in auto e accesi la radio. Per ironia della sorte stavano tramettendo "She's out of my life" e forse quello era stato un segno del destino.....In preda alla tensione aprii il mio portafogli e guardai la foto di Kevi Michael che portavo sempre con me: nonostante agli inizii non tolleravo di esser rimasta incinta, ora quel bambino era la mia unica ragione di vita. Era un piacere svegliarmi di notte per dargli la pappa, cullarlo quando piangeva e stringerlo forte come i miei non avevano mai fatto con me.
Guardare quella foto mi fece subito star meglio: quello era il mio bambino, non avrei permesso a nessuno di renderlo infelice e anche se Michael non l'avesse riconosciuto, noi due saremmo andati avanti da soli, e lo avrei allevato con tutto l'amore che avevo nel cuore.
_

L'aula del tribunale mi sembrò improvvisamente buia, vuota e fredda. Mi impauriva, come se fossi lì per difendermi da un'accusa di omicidio. Mia madre stava sistemando alcune carte, quando improvvisamente si sentirono dei rumori dal fondo della stanza.
Michael stava entrando in aula e, contrariamente ad ogni mia aspettativa, c'era solo il suo avvocato ad accompagnarlo. Si avvicinò...
"Ciao, Angel...Come sta Kevin?" Sussurrò quasi nescondendosi dietro il mio viso, forse timoroso di incontrare lo sguardo di mia madre
"Ciao. Lui sta bene grazie. E' cresciuto tantissimo; magari se fossi passato un giorno di questi, avresti potuto vederlo"
"Beh...sì. Ora vado"
Si mise a sedere al suo posto. Era nervoso, si vedeva lontano un kilometro: i gomiti poggiati sul tavolo, le mani incrociate poggiavano sulla fronte, tamburellava nervosamente la gamba destra e fischiettava impaziente. Con la confusione che campeggiava nella mia testa, non mi ero neppure resa conto di quanto si fosse messo in tiro: Completo nero, cravatta dello stesso colore, camicia e guanti bianchi. Scuri occhiali da sole mi impedivano di vedere i suoi bellissimi occhi....Adoravo i suoi occhi!

Capitolo 13

l giudice entrò con aria minacciosa: mi sforzai di sembrare tranquilla, ma dentro di me urlavo.
"Signorina McPerry, venga a deporre" mi esortò dalla sua poltrona di pelle nera rialzata su di un palchetto. Mi sedetti in quell'angolo angusto vicino la scrivania del giudice, e giurai di dire tutta la verità...
"Signorina è sicura che suo figlio sia anche del mio cliente?" chiese l'avvocato di Michael, con tono minaccioso e gli occhi quasi socchiusi in una smorfia che mi incuteva un terrore nero.
"Sì"
"Beh, alquanto strano, visto che il signor Jackson e gli altri memebri della band hanno più volte confermato che lei è una groupie e che non ha trascorso nottate diverteni col mio cliente, bensì con gli altri fratelli Jackson. Michael ha sempre rifiutato i suoi inviti, le sue avances...non è così?"
L'obiezione di mia madre venne respinta.
"Beh...io....Non è vero, Kevin è figlio di Michael"
"Sì, signorina ma come può confermarlo? Dovrebbe ricordare di essere cresciuta e che non è più una ragazzina. Dovrebbe prendersi le responsabilità delle sue azioni!" grido battendo un pugno sul balconcinpo in legno sul quale poggiava il mio microfono
"Obiezione: Vostro Onore, sta insultando la mia cliente!" gridò di tutta rispoosta mia madre. Io non riuscivo a respirare.
Il giudice sembrava scocciato "Signorina, cosa chiede al signor Jackson?" chiese voltandosi verso di me e guardandomi di sbieco da sotto le folte sopracciaglia color neve.
"Che riconosca suo figlio e, che ammetta di esserne il padre"
"Sa di chiedere qualcosa di quasi impossibile?" tagliò corto il giudice: non ne poteva più "Signorina, si renda conto: non ho prove sufficienti per accogliere la sua domanda...Torni a casa e faccia un'autoanalisi. Dopo tutto, nessuno tranne lei può confermarmi che lei non abbia intrattenuto i ragazzi. Anche perchè ci sono delle foto a testimoniarlo!"
Cosa?! delle stupide foto in cui do baci sulle guance ai ragazzi, oppure in cui scherzo e gioco con loro?! queste erano le sue prove?
Mi bruciavano gli occhi, sentivo le lacrime scorrermi sul viso e improvvisamente non mi resi più conto di quello che succedeva intorno a me....riuscivo solamente a capire che stavo gridando a più non posso
"Dovresti prenderti le tue responsabilità e ammettere cosa è successo. Io ti odio Michael, così come ti odierà tuo figlio quando capirà che lo hai abbandonato!" una guardia giurata cercava invano di trattenermi dall'aggredire Mike. Le mie unghie furono più potenti: afferrai la borsetta e tirai fuori dal portafogli la foto di Kevin "Lo vedi! Guardalo, guarda la foto, o non ne hai il coraggio!? Guarda, avete gli stessi occhi, non puoi negare!"
Michael mi fissava esterrefatto. Deglutì visibilmente, allargò il colletto della camicia.
Tutto quello che riuscì a balbettare fu: "Oh mio Dio. E' vero!"...

ULTIMO CAPITOLO- XII
Mi svegliai con un terribile mal di testa poche ore dopo, in un ospedale: avevo avuto un attacco di isteria e mi avevano dato dei sedativi. Vedevo il soffitto della stanza in procinto di crollarmi addosso. Misi una mano sulla testa, attenta a non far staccare l'ago della flebo.
"Come ti senti?" mi chiese una voce bassissima e dolce, mi voltai: Michael era sdraiato sulla poltrona accanto al letto con le mani dietro la testa.
"Intontita...dov'è Kevin?"
"A casa con i tuoi. Sono molto preoccupati. Mi hanno chiesto di chiamarli non appena ti fossi svegliata"
Sorrisi amaramente "Che vuoi? Perchè sei qui?"
"Te l'ho detto diverse volte: ti voglio bene e poi ho preferito che tua madre andasse a casa dal piccolo e magari a riposarsi un pò. E' stata qui tutta la notte mentre io sono andato da Kevin: non mi andava che rimanesse solo con la tata"
"Senti..." le mie labbra pronunciarono le parole che non credevo potessi essere in grado di pronunciare:
"Lo sai che ti amo più di me stessa. Ma non posso obbligarti ad essere ciò che non sei: siamo troppo diversi, tu sei la luce e io il buio, tu sei buono...io non posso dire lo stesso ma mi dispiace per come sono finite le cose. Se ti va possiamo rimanere amici e magari dimenticare tutto...sempre se sarai in grado di farlo, ti giuro su qualsiasi cosa che non mi opporrò se rifiuterai".
Si alzò di scatto e mi strinse forte a sè.
"Angie, non sai quanto mi dispiace. Non c'è bisogno che tu mi chieda di perdonarti perchè l'ho già fatto: ho capito che ti sei spinta a tanto solo per ottenere quell'affetto che non hai mai ricevuto nella vita e per evitare che questo possa accadere di nuovo...ho deciso di riconoscere Kevin come mio figlio, anche se so che non è così- si bagnò le labbra con la punta della lingua- Ho capito di voler molto bene a quel bambino che, in effetti, ha davvero i miei stessi occhi!"
Risi mentre una lacrima, questa volta di gioia, mi rigava la guancia...

Ora per la prima volta comprendevo perchè odiassi così tanto Michael: era stato l'unico a comprendere che in realtà la mia cattiveria celava un aspetto oscuro della mia vita. Lo stesso affetto che non avevo ricevuto io era mancato anche a lui ma ci aveva resi due persone completamente diverse, due estremi opposti. Venni dimessa presto e Michael mi invitò a passare un pò di tempo nella villa di Encino, in California e poco dopo ci trasferimmo con lui a Neverland, dove lavorai come segretaria.
Da quel giorno in ospdale io e Mike siamo rimasti ottimi amici e, nonostante mio figlio porti il cognome Jackson e lo chiami "papà", gli ho insegnato che Michael in realtà è solo il suo papà adottivo, che gli vuole un mondo di bene e sempre gliene vorrà. Spesso vanno insieme a fare lunghe passeggiate e tanti giri sulle giostre nel parco divertimenti di Neverland....
Tutto è rimasto strettamente riservato e Michael non ha mai parlato di me ai giornalisti che gli chiedevano chi fosse la tanto misteriosa Billie Jean.
Ma ora ho voluto farlo io: ecco chi è veramente Billie Jean, una ragazza ingenua che credeva di desiderare tutto ma che, in realtà, desiderava solamente un pò d'amore....

FINE


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