La vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
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La vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
Michaelforever Inviato: 21 Lug 2010 02:04 pm
Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
«Gli unici che mi amano davvero sono i fan. Per il resto, intorno a me avverto solo un grande vuoto»
Uri Geller, uno dei pochi ad avere avuto accesso alla vita del re del pop lontano dalle telecamere, risente tutti i giorni l’eco di quelle parole. Pronunciate sottovoce in un pomeriggio del 2001 fra le mura della sua casa inglese. «In piedi, davanti alla poltrona dove era sprofondato, gli ho fatto la più angosciata delle domande: Michael, che cosa c’è che non va? Lui prese fiato e rispose. Poi calò il silenzio».
Un anno dopo la dose letale di sedativi e sonniferi che ha spento la stella più brillante del pop mondiale (in edicola con Panorama, dal 25 giugno, il dvd sui misteri della sua scomparsa, Chi ha ucciso il re del pop?), Geller, amico intimo e confidente della star, apre lo scrigno dei ricordi.
Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
* Tags: interviste, Michael Jackson, Musica, Panorama in edicola, personaggi
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Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
«Gli unici che mi amano davvero sono i fan. Per il resto, intorno a me avverto solo un grande vuoto»
Uri Geller, uno dei pochi ad avere avuto accesso alla vita del re del pop lontano dalle telecamere, risente tutti i giorni l’eco di quelle parole. Pronunciate sottovoce in un pomeriggio del 2001 fra le mura della sua casa inglese. «In piedi, davanti alla poltrona dove era sprofondato, gli ho fatto la più angosciata delle domande: Michael, che cosa c’è che non va? Lui prese fiato e rispose. Poi calò il silenzio».
Un anno dopo la dose letale di sedativi e sonniferi che ha spento la stella più brillante del pop mondiale (in edicola con Panorama, dal 25 giugno, il dvd sui misteri della sua scomparsa, Chi ha ucciso il re del pop?), Geller, amico intimo e confidente della star, apre lo scrigno dei ricordi.
http://video.panorama.it/Cult/26Jackson_…
Dolci e amari. Scene di vita vera, dialoghi, incomprensioni, ipnosi: la storia vera del rapporto con l’uomo più famoso, più controverso e più solo del mondo. Una solitudine abbinata a un eterno senso di fanciullezza che traspaiono con evidenza anche dalle straordinarie immagini inedite che Panorama mostra in esclusiva.
Geller, israeliano, 64 anni, che da decenni si esibisce in tv e nei teatri mostrando poteri psichici di varia natura (telepatia, telecinesi: vedere il suo sito), racconta:
«Il primo contatto con Michael è avvenuto a casa di Mohamed al-Fayed. L’allora proprietario dei magazzini Harrods me lo ha passato al telefono. Gridava: “Hallo, Uri, è da tempo che sogno di incontrarti. Ti ho visto spesso in tv”. Dopo qualche minuto di conversazione decidiamo di incontrarci a New York. Così è nata la nostra amicizia»
Che, per come la racconta Geller, dimostra una volta di più come nella vita del re del pop non ci fosse nulla di normale o di ordinario.
«Non si può capire un uomo così se non si considera che Michael ha vissuto come un bambino che voleva riprendersi l’infanzia immolata alla carriera. Un’infanzia passata a guardare sconsolato i coetanei che giocavano a baseball, mentre lui danzava e ballava fino allo stremo delle forze.
Quello che da uomo non è mai riuscito a capire è che un adulto non può e non deve ospitare in camera da letto degli adolescenti. Perché il mondo esterno non comprende e non giustifica un atteggiamento del genere.
Abbiamo discusso duramente fino a quando ha chiuso la conversazione, intimandomi di non interferire con la sua vita. Io, però, ho una certezza: Michael non ha mai fatto del male a un bambino».
E, proprio su questo punto, Geller ha qualcosa da raccontare:
«Qualcosa di non limpido dal punto di vista etico, però è la verità. Un giorno, a New York, Michael mi chiese se l’ipnosi poteva essere utile per sopire la sua attrazione verso il junk food (cibo spazzatura, ndr). Gli dissi di sì e lo ipnotizzai. Appena entrò in uno stato di trance, ne approfittai per porgli una domanda: hai mai toccato in maniera inappropriata un bambino? La sua risposta fu senza esitazioni: “No, non l’ho mai fatto”. Sul piano della nostra relazione personale questa è stata una conferma molto importante»
Dall’inizio dei Novanta fino al 2003, il rapporto tra Geller e Jackson diventa sempre più stretto e confidenziale. Tanto che il re del pop accetta di essere il testimone di nozze dell’amico israeliano, il quale in occasione della cerimonia, nel 2001, lo ospita nella sua residenza inglese per diversi giorni.
«Ho avuto la fortuna di vedere Michael nei panni di un uomo normale, in una casa normale. Rimasi strabiliato dal fatto che conservava tutti i regali dei fan. Una volta, lo vidi riporre con cura in un bauletto un fazzolettino di carta strappato su cui una ragazza aveva scritto “I love you”»
L’altra faccia di Jackson era quella di un uomo che cercava disperatamente una via di fuga dai media e dalle voci che lo assediavano.
«Una mattina, durante il soggiorno in casa mia, mi sono precipitato in camera da letto per svegliarlo. Avevamo un appuntamento per andare allo zoo di Londra a vedere i gorilla, ma Michael non si era alzato. Entrai in stanza e lo trovai intontito, incapace di spalancare gli occhi. “È l’effetto del jet lag” fu la sua spiegazione. Non ci ho mai creduto. Tanto che per un paio di notti ho dormito ai piedi del suo letto per verificare costantemente che stesse bene»
È il triste capitolo del rapporto con i farmaci. Quei farmaci che con tutta probabilità lo hanno ucciso alla vigilia del suo attesissimo rientro in scena.
«Mentirei spudoratamente se dicessi di averlo visto prendere medicine, ma casa sua era piena di farmaci e intorno a lui ronzavano personaggi incapaci di dirgli no. Se l’avessero fatto, oggi sarebbe ancora vivo»
Così si rammarica Geller, mentre viene alla luce la ragione della fine della loro amicizia.
«Fui purtroppo io, nel 2003, a consigliargli di girare un documentario sulla sua vita (Living with Michael Jackson) con il giornalista inglese di origini pachistane Martin Bashir. In quell’occasione Michael commise un grandissimo errore, ammettendo candidamente davanti alla telecamera di avere ospitato alcuni bambini in camera da letto. Fu il colpo finale alla sua immagine e l’inizio di una serie di guai con la giustizia (nel 2005 arrivò l’assoluzione da ogni capo d’accusa, ndr). Ci perdemmo di vista progressivamente»
Ma non definitivamente.
«Una guardia del corpo che gli avevo presentato mi ha rivelato che avrebbe voluto parlarmi. Ma non ce n’è stato il tempo. E adesso, quando penso a Michael, lo rivedo nel salotto della mia abitazione, mentre, non sapendo di essere osservato, stringe forte al petto una statua che avevo messo di fianco alla sua poltrona. Era una statua di Elvis Presley»
Un altro re (del rock’n’roll) che se n’è andato troppo in fretta.
http://blog.panorama.it/culturaesocieta/2010/06/22/michael-jackson-la-vera-storia-del-gigante-che-voleva-ridiventare-bambino/
Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
«Gli unici che mi amano davvero sono i fan. Per il resto, intorno a me avverto solo un grande vuoto»
Uri Geller, uno dei pochi ad avere avuto accesso alla vita del re del pop lontano dalle telecamere, risente tutti i giorni l’eco di quelle parole. Pronunciate sottovoce in un pomeriggio del 2001 fra le mura della sua casa inglese. «In piedi, davanti alla poltrona dove era sprofondato, gli ho fatto la più angosciata delle domande: Michael, che cosa c’è che non va? Lui prese fiato e rispose. Poi calò il silenzio».
Un anno dopo la dose letale di sedativi e sonniferi che ha spento la stella più brillante del pop mondiale (in edicola con Panorama, dal 25 giugno, il dvd sui misteri della sua scomparsa, Chi ha ucciso il re del pop?), Geller, amico intimo e confidente della star, apre lo scrigno dei ricordi.
Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
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Michael Jackson: la vera storia del gigante che voleva ridiventare bambino
«Gli unici che mi amano davvero sono i fan. Per il resto, intorno a me avverto solo un grande vuoto»
Uri Geller, uno dei pochi ad avere avuto accesso alla vita del re del pop lontano dalle telecamere, risente tutti i giorni l’eco di quelle parole. Pronunciate sottovoce in un pomeriggio del 2001 fra le mura della sua casa inglese. «In piedi, davanti alla poltrona dove era sprofondato, gli ho fatto la più angosciata delle domande: Michael, che cosa c’è che non va? Lui prese fiato e rispose. Poi calò il silenzio».
Un anno dopo la dose letale di sedativi e sonniferi che ha spento la stella più brillante del pop mondiale (in edicola con Panorama, dal 25 giugno, il dvd sui misteri della sua scomparsa, Chi ha ucciso il re del pop?), Geller, amico intimo e confidente della star, apre lo scrigno dei ricordi.
http://video.panorama.it/Cult/26Jackson_…
Dolci e amari. Scene di vita vera, dialoghi, incomprensioni, ipnosi: la storia vera del rapporto con l’uomo più famoso, più controverso e più solo del mondo. Una solitudine abbinata a un eterno senso di fanciullezza che traspaiono con evidenza anche dalle straordinarie immagini inedite che Panorama mostra in esclusiva.
Geller, israeliano, 64 anni, che da decenni si esibisce in tv e nei teatri mostrando poteri psichici di varia natura (telepatia, telecinesi: vedere il suo sito), racconta:
«Il primo contatto con Michael è avvenuto a casa di Mohamed al-Fayed. L’allora proprietario dei magazzini Harrods me lo ha passato al telefono. Gridava: “Hallo, Uri, è da tempo che sogno di incontrarti. Ti ho visto spesso in tv”. Dopo qualche minuto di conversazione decidiamo di incontrarci a New York. Così è nata la nostra amicizia»
Che, per come la racconta Geller, dimostra una volta di più come nella vita del re del pop non ci fosse nulla di normale o di ordinario.
«Non si può capire un uomo così se non si considera che Michael ha vissuto come un bambino che voleva riprendersi l’infanzia immolata alla carriera. Un’infanzia passata a guardare sconsolato i coetanei che giocavano a baseball, mentre lui danzava e ballava fino allo stremo delle forze.
Quello che da uomo non è mai riuscito a capire è che un adulto non può e non deve ospitare in camera da letto degli adolescenti. Perché il mondo esterno non comprende e non giustifica un atteggiamento del genere.
Abbiamo discusso duramente fino a quando ha chiuso la conversazione, intimandomi di non interferire con la sua vita. Io, però, ho una certezza: Michael non ha mai fatto del male a un bambino».
E, proprio su questo punto, Geller ha qualcosa da raccontare:
«Qualcosa di non limpido dal punto di vista etico, però è la verità. Un giorno, a New York, Michael mi chiese se l’ipnosi poteva essere utile per sopire la sua attrazione verso il junk food (cibo spazzatura, ndr). Gli dissi di sì e lo ipnotizzai. Appena entrò in uno stato di trance, ne approfittai per porgli una domanda: hai mai toccato in maniera inappropriata un bambino? La sua risposta fu senza esitazioni: “No, non l’ho mai fatto”. Sul piano della nostra relazione personale questa è stata una conferma molto importante»
Dall’inizio dei Novanta fino al 2003, il rapporto tra Geller e Jackson diventa sempre più stretto e confidenziale. Tanto che il re del pop accetta di essere il testimone di nozze dell’amico israeliano, il quale in occasione della cerimonia, nel 2001, lo ospita nella sua residenza inglese per diversi giorni.
«Ho avuto la fortuna di vedere Michael nei panni di un uomo normale, in una casa normale. Rimasi strabiliato dal fatto che conservava tutti i regali dei fan. Una volta, lo vidi riporre con cura in un bauletto un fazzolettino di carta strappato su cui una ragazza aveva scritto “I love you”»
L’altra faccia di Jackson era quella di un uomo che cercava disperatamente una via di fuga dai media e dalle voci che lo assediavano.
«Una mattina, durante il soggiorno in casa mia, mi sono precipitato in camera da letto per svegliarlo. Avevamo un appuntamento per andare allo zoo di Londra a vedere i gorilla, ma Michael non si era alzato. Entrai in stanza e lo trovai intontito, incapace di spalancare gli occhi. “È l’effetto del jet lag” fu la sua spiegazione. Non ci ho mai creduto. Tanto che per un paio di notti ho dormito ai piedi del suo letto per verificare costantemente che stesse bene»
È il triste capitolo del rapporto con i farmaci. Quei farmaci che con tutta probabilità lo hanno ucciso alla vigilia del suo attesissimo rientro in scena.
«Mentirei spudoratamente se dicessi di averlo visto prendere medicine, ma casa sua era piena di farmaci e intorno a lui ronzavano personaggi incapaci di dirgli no. Se l’avessero fatto, oggi sarebbe ancora vivo»
Così si rammarica Geller, mentre viene alla luce la ragione della fine della loro amicizia.
«Fui purtroppo io, nel 2003, a consigliargli di girare un documentario sulla sua vita (Living with Michael Jackson) con il giornalista inglese di origini pachistane Martin Bashir. In quell’occasione Michael commise un grandissimo errore, ammettendo candidamente davanti alla telecamera di avere ospitato alcuni bambini in camera da letto. Fu il colpo finale alla sua immagine e l’inizio di una serie di guai con la giustizia (nel 2005 arrivò l’assoluzione da ogni capo d’accusa, ndr). Ci perdemmo di vista progressivamente»
Ma non definitivamente.
«Una guardia del corpo che gli avevo presentato mi ha rivelato che avrebbe voluto parlarmi. Ma non ce n’è stato il tempo. E adesso, quando penso a Michael, lo rivedo nel salotto della mia abitazione, mentre, non sapendo di essere osservato, stringe forte al petto una statua che avevo messo di fianco alla sua poltrona. Era una statua di Elvis Presley»
Un altro re (del rock’n’roll) che se n’è andato troppo in fretta.
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