STOP THE PRESS ABUSE UPON Michael Jackson
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STOP THE PRESS ABUSE UPON Michael Jackson
STOP THE PRESS ABUSE UPON Michael Jackson
Vi ricordate quando Michael Jackson reggeva il cartello: "Stop the filthy press!"? Lui pensava essenzialmente ai tabloid, i giornaletti scandalistici che per definizione non hanno che da offrire spazzatura al mercato della stampa. Nel loro caso, fermarli è semplice: basta non comprarli e moriranno così come sono nati. Ma cosa succede se il secondo più importante quotidiano nazionale italiano, "La Repubblica", e una delle sue firme più illustri, il giornalista Federico Rampini, adottano lo stesso squallido comportamento di un tabloid, prediligendo la diceria malevola non suffragata dai fatti ai fatti stessi? Avviene qualcosa di ancora più grave perché la gente che ha come riferimento la stampa "dotta" parte dal presupposto SBAGLIATO che chi ne fa parte abbia interiorizzato il primo dovere di un giornalista "serio": partire dai fatti prima di scrivere di chiunque e di qualsiasi cosa. Guardando il video, è questo che leggerete sulle espressioni del viso di molte persone in platea: "e ora come ci è finito il nome di Michael Jackson, il cantante pop, nel dibattito promosso dal mio solenne giornale?" e la loro risposta, nei cervelli appiattiti dalla loro mancanza di spirito critico e dalla loro propensione all'adulazione cieca, l'hanno trovata nella mia... follia? "Meglio esser pazzi per conto proprio, anziché savio secondo la VOLONTA' ALTRUI!". Il Sig. Rampini era l'unico che poteva dare a tutti loro e a me la risposta a quella domanda, avendo LUI scritto di Michael Jackson sul suo blog. Devo riconoscergli l'onestà di aver capito almeno questo, sebbene la sua sensazione di essere stato messo sotto accusa lo abbia fatto reagire inizialmente pressoché come i suoi cortigiani.
Nella sua riflessione su quello che è diventato il ruolo del giornalismo ai giorni nostri, ha confermato, per chi ancora avesse qualche dubbio, quale ENORME rischio corra il lettore che ancora oggi, pur avendo a disposizione il web come la più grande e preziosa enciclopedia mai esistita, persista a peccare di ignavia ritenendo che l'UNICO giornale che legge, l'UNICO sito di informazione che consulta basti a garantirgli un quadro affidabile della realtà in cui vive. Se questi avessero come premessa imprescindibile ciò che resta, purtroppo solo nella teoria, il principio deontologico di un giornalista, allora potremmo davvero permetterci di godere esclusivamente del piacere della lettura, dalla quale trarre spontaneamente il desiderio di approfondire, e non una forzata, coercitiva necessità di verificare tutto ciò che abbiamo letto. Ma sentirete dire dallo stesso Rampini che il giornalista, per quanto professionista e per quanto, nel suo caso, impegnato a rispondere dei FINANZIAMENTI PUBBLICI elargiti al giornale su cui scrive, è soggetto anche ad errori DETTATI DA IDEOLOGIA E INTERESSI, talvolta evidenti, talvolta nascosti. Ciò che io ritengo di INAUDITA gravità è il fatto che di questo io e tutti noi come lettori ne riceviamo un danno, certo, ma che pesa relativamente sulle nostre vite: non saremo condannati agli occhi dell'opinione pubblica come disinformati, indolenti, creduloni, stupidi e, anche se questo dovesse avvenire, lo stesso giornalista, sostenitore di quell'ideologia e custode di quegli interessi, avrà i mezzi per sollevare dalle nostre spalle quell'etichetta infamante. MA COSA SUCCEDE QUANDO QUEL SUO ERRORE STIGMATIZZA UN UOMO INNOCENTE CON UNO DEI CRIMINI PIU' ORRENDI, quale è l'abuso su minore? Si chieda questo, Sig. Rampini, e lei, Sig. Zucconi, che con la sua ironia da quattro soldi può far sorridere solamente gli spiriti miserabili che non riescono ad ambire ad altra veste che non sia quella del ruffiano.
Vi ricordate quando Michael Jackson reggeva il cartello: "Stop the filthy press!"? Lui pensava essenzialmente ai tabloid, i giornaletti scandalistici che per definizione non hanno che da offrire spazzatura al mercato della stampa. Nel loro caso, fermarli è semplice: basta non comprarli e moriranno così come sono nati. Ma cosa succede se il secondo più importante quotidiano nazionale italiano, "La Repubblica", e una delle sue firme più illustri, il giornalista Federico Rampini, adottano lo stesso squallido comportamento di un tabloid, prediligendo la diceria malevola non suffragata dai fatti ai fatti stessi? Avviene qualcosa di ancora più grave perché la gente che ha come riferimento la stampa "dotta" parte dal presupposto SBAGLIATO che chi ne fa parte abbia interiorizzato il primo dovere di un giornalista "serio": partire dai fatti prima di scrivere di chiunque e di qualsiasi cosa. Guardando il video, è questo che leggerete sulle espressioni del viso di molte persone in platea: "e ora come ci è finito il nome di Michael Jackson, il cantante pop, nel dibattito promosso dal mio solenne giornale?" e la loro risposta, nei cervelli appiattiti dalla loro mancanza di spirito critico e dalla loro propensione all'adulazione cieca, l'hanno trovata nella mia... follia? "Meglio esser pazzi per conto proprio, anziché savio secondo la VOLONTA' ALTRUI!". Il Sig. Rampini era l'unico che poteva dare a tutti loro e a me la risposta a quella domanda, avendo LUI scritto di Michael Jackson sul suo blog. Devo riconoscergli l'onestà di aver capito almeno questo, sebbene la sua sensazione di essere stato messo sotto accusa lo abbia fatto reagire inizialmente pressoché come i suoi cortigiani.
Nella sua riflessione su quello che è diventato il ruolo del giornalismo ai giorni nostri, ha confermato, per chi ancora avesse qualche dubbio, quale ENORME rischio corra il lettore che ancora oggi, pur avendo a disposizione il web come la più grande e preziosa enciclopedia mai esistita, persista a peccare di ignavia ritenendo che l'UNICO giornale che legge, l'UNICO sito di informazione che consulta basti a garantirgli un quadro affidabile della realtà in cui vive. Se questi avessero come premessa imprescindibile ciò che resta, purtroppo solo nella teoria, il principio deontologico di un giornalista, allora potremmo davvero permetterci di godere esclusivamente del piacere della lettura, dalla quale trarre spontaneamente il desiderio di approfondire, e non una forzata, coercitiva necessità di verificare tutto ciò che abbiamo letto. Ma sentirete dire dallo stesso Rampini che il giornalista, per quanto professionista e per quanto, nel suo caso, impegnato a rispondere dei FINANZIAMENTI PUBBLICI elargiti al giornale su cui scrive, è soggetto anche ad errori DETTATI DA IDEOLOGIA E INTERESSI, talvolta evidenti, talvolta nascosti. Ciò che io ritengo di INAUDITA gravità è il fatto che di questo io e tutti noi come lettori ne riceviamo un danno, certo, ma che pesa relativamente sulle nostre vite: non saremo condannati agli occhi dell'opinione pubblica come disinformati, indolenti, creduloni, stupidi e, anche se questo dovesse avvenire, lo stesso giornalista, sostenitore di quell'ideologia e custode di quegli interessi, avrà i mezzi per sollevare dalle nostre spalle quell'etichetta infamante. MA COSA SUCCEDE QUANDO QUEL SUO ERRORE STIGMATIZZA UN UOMO INNOCENTE CON UNO DEI CRIMINI PIU' ORRENDI, quale è l'abuso su minore? Si chieda questo, Sig. Rampini, e lei, Sig. Zucconi, che con la sua ironia da quattro soldi può far sorridere solamente gli spiriti miserabili che non riescono ad ambire ad altra veste che non sia quella del ruffiano.
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