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La macchina del tempo

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Messaggio Da marina56 Lun Feb 20, 2012 8:25 pm

La macchina del tempo

di MARCO CHIAVICCOLI


Tim MacHine aveva sempre sognato di viaggiare. Rimpiangeva di non
aver mai avuto il coraggio di dare un calcio in quel posto a tutti
i problemi e di partire per chissà dove. Ma non ne aveva mai avuto
il coraggio. E così le sue tristi giornate gli passavano davanti
tutte uguali, senza possibilità di scelta: il video di un
computer, un acceleratore di positroni e fogli e fogli di calcoli
di cui, in fondo, non sapeva proprio che farsene. Finché un
giorno, studiando i risultati dell'ennesimo noiosissimo
esperimento scoprì una cosa davvero eccezionale: dopo lo scontro
tra due particelle opposte ad altissima velocità di queste non
c'era più traccia. Erano sparite senza lasciare dietro di loro la
consueta scia energetica che li contraddistingueva. Erano svanite
nel nulla. "Ma dove si saranno andate a cacciare quelle
stupidissime particelle?" pensava Tim. Come era possibile che
fossero scomparse? Una spiegazione c'era, Tim lo sapeva, ma di
certo non rientrava in quei casi comuni che poteva archiviare come
"conferma" o "smentita" dell'esperimento. Doveva indagare per
poter finire presto il suo lavoro e tornarsene a casa per vedere
in TV la partita di football. E doveva fare in fretta perché il
match iniziava alle 9 in punto e non voleva di certo fare tardi!
Così, nonostante non ci fosse abituato, concentrò tutte le sue
forze per risolvere quell'inconveniente e, spremendo il suo tutto
sommato discreto intelletto, giunse ad una conclusione sensata: i
calcoli dicevano che durante quello scontro si sarebbe potuto
formare un buco nello spazio-tempo in cui le particelle si
sarebbero perdute. E quello, pensò Tim, era proprio quello che era
successo. Poteva tornarsene a casa per vedere l'inizio della
partita in tempo. Giornata faticosa!
La partita quella sera fu un vero spettacolo: la squadra di Tim
dominò letteralmente l'incontro vincendo per 46 a 0. Degli
avversari alla fine non rimasero che le ceneri sul campo! Era
proprio la sua giornata fortunata quella, se non fosse stato per
la notevole mole di lavoro che aveva dovuto svolgere. Comunque era
ormai ora di andare a dormire: chissà se anche questa notte
avrebbe sognato i mari del sud e le calde isole tropicali in cui
l'attività più faticosa è spostarsi dall'albergo in spiaggia per
prendere il sole! Dopo quella strepitosa vittoria era proprio
quello che ci voleva.
Ma quella notte Tim non riuscì a prendere sonno: l'euforia del 46
a 0 causò in lui una tachicardia estatica che faceva fluire
quantità di sangue industriali al cervello e così non c'era verso
di dormire. Eppure sembrava esserci un altro motivo per il quale
il suo intelletto non voleva smettere di lavorare. Tim sentiva che
il sangue continuava ad affluire al cervello perché stava
rimuginando qualcosa. C'era un pensiero latente che tentava di
farsi strada tra le pieghe della sua materia grigia, ma non
riusciva ad affiorare. Decise allora di andarlo a cercare per
farla finita e poter finalmente assopirsi e godersi lo spettacolo
del suo sogno ricorrente preferito. Vide in un lampo il profilo
assolato dell'isola di Gran Canaria e, subito dopo, quel maledetto
pensiero si fece vivo: il buco spazio-temporale.... particelle
scomparse.... il vuoto..... luoghi remoti.... l'acceleratore di
particelle.... tante particelle..... finite chissà dove...... e
chissà quando. Pian piano realizzava che il suo cervello non
voleva rassegnarsi a non tentare di scovare cosa c'era sotto
quella strana sparizione di particelle nell'acceleratore. Non ci
stava a lasciar perdere, a mollare la presa e teneva duro,
nonostante Tim non volesse. Ma ecco che, all'improvviso, tutto fu
chiaro e Tim decise che il suo intelletto non era mica niente
male. Aveva fatto bene a lasciare affiorare quel pensiero: si era
perso una meritata notte di sonno, ma aveva ottenuto ben di più.
Il laboratorio restava chiuso di notte, ma quella sera Tim era
uscito per ultimo e, quindi, aveva con sé le chiavi per entrare.
Non avrebbe potuto mettere in funzione l'acceleratore da solo, ma
tutti i dati di cui aveva bisogno erano già registrati nel suo
computer. E nessuno sapeva che lui era lì.
Lo schermo sciolinò come al solito una cascata di numeri che
nessun occhio avrebbe potuto distinguere, tale era la velocità con
cui venivano visualizzati. Ma Tim sapeva dove cercare e rovistò a
lungo fino a che non trovò cosa cercava: la traiettoria delle
particelle che erano scomparse finiva proprio nel punto dell'urto,
ma non sembrava avere un seguito. Ciò poteva voler dire solamente
una cosa: al momento dell'urto violentissimo tra la particella
negativa A e quella positiva B si era creato in quel punto il buco
spazio-temporale attraverso il quale le particelle, o ciò che ne
rimaneva, erano passate per giungere in un'altra dimensione. E
quale poteva essere questa dimensione se non un luogo e tempo
diverso da quello in cui si stava svolgendo l'esperimento? Tim
urlò: "Hanno viaggiato nel tempo!". E tornò a dormire.
L'indomani Tim si precipitò al lavoro come non aveva mai fatto per
annunciare a tutti la sua grande scoperta. Ma, una volta
dichiarato ai suoi superiori cosa era successo il giorno
precedente in quell'acceleratore, fu preso per pazzo ed
incompetente, accuse ricorrenti nei suoi confronti, e non fu
degnato di null'altro che di un rimprovero. La sua rassegnazione
era giunta al culmine proprio nel momento in cui la sua rabbia
stava finalmente prendendo corpo. Dallo scontro violento tra
queste due forze che si erano fatte immense in lui nacque una
consapevolezza: non l'avrebbero fatta franca. Non questa volta.

Quello che aveva scoperto era vero, anche se nessuno l'avrebbe
creduto, e lui lo avrebbe dimostrato. Anzi, non l'avrebbe detto a
nessuno, avrebbe costruito una macchina in grado di proiettarlo
nello spazio-tempo e solamente allora avrebbe chiamato la stampa e
tutti i mass media per prendersi la sua doverosa rivincita nei
confronti di quei falliti miscredenti. E così fece.
La sera usciva sempre per ultimo dal laboratorio per poterci
ritornare indisturbato durante la notte e fare i suoi esperimento
in gran segreto. Nel giro di qualche mese fu in grado di stabilire
quali fossero i parametri per controllare il balzo nella nuova
dimensione. Impiegò un po' più di tempo per realizzare un
macchinario, simile all'acceleratore con cui lavorava ogni giorno,
in grado di proiettare un corpo solido in un'altra dimensione
spazio-temporale e di farlo tornare indietro a suo piacimento. Poi
venne finalmente il giorno in cui quella straordinaria macchina fu
in grado di ospitare al suo interno un uomo e Tim sacrificò sé
stesso per la scienza provandone il funzionamento. Tutto andò per
il meglio e Tim decise che il mondo poteva attendere ancora alcune
settimane prima di venire a conoscenza di quella incredibile
scoperta e decise di farsi proiettare per due settimane alle
Canarie. Non aveva denaro per permettersi di andarci in aereo e
così si fece un regalo: d'altronde se lo meritava!
Quando la macchina entrò in funzione Tim si sentì svuotare
l'anima, il cervello entrò in uno stato catatonico in cui poteva
percepire tutte le sensazioni che gli giungevano dall'esterno, ma
non era in grado di analizzarle. Tim sentiva tutto, ma non capiva
nulla. Poi il buio. Un silenzio assoluto seguito da un gran boato
ed un lampo improvviso. E fu allora che, per la prima volta nella
sua vita, Tim vide l'oceano.
Che spasso: due settimane alle Canarie e poi il trionfo. Tim si
sentiva il re del mondo, l'uomo più grande ed importante
dell'universo. Poteva addirittura permettersi di non pagare il
conto alla sua partenza perché nessuno avrebbe potuto seguirlo!
Aveva infatti deciso di arrivare in quello splendido luogo qualche
anno prima della sua effettiva partenza, viaggiando indietro nel
tempo, oltre che nello spazio. In questo modo era sicuro che non
avrebbe trovato nessuno di sua conoscenza a cui dovere delle
spiegazioni e ciò rendeva assolutamente impossibile il suo
riconoscimento. Il suo ragionamento non faceva una piega e, per
provare che funzionasse veramente, il conto non lo pagò. Sparì
letteralmente nel vuoto dopo due settimane di permanenza all'Hotel
Excelsior e nessuno riuscì mai a trovare quel furbastro che aveva
vissuto a sbafo nel migliore Hotel dell'isola per ben quindici
giorni. Diventò una leggenda urbana alle Canarie!
Ora però era giunto il gran momento di rivelare al mondo la sua
sensazionale scoperta: ci avrebbe dormito su e, l'indomani,
avrebbe chiamato la stampa ed i mass media. Si voleva preparare
bene al suo trionfo.
Ma, come si diceva una volta, la notte porta consiglio e, per la
seconda volta, la vita di Tim cambiò per un sonno mancato. Perché
rivelare a tutti il suo segreto, vivere qualche anno coperto dalla
fama, perseguitato dai giornalisti, in balia della furia popolare
e poi sparire tra le pieghe di qualche vetusta e noiosa
enciclopedia? Perché non tenersi tutto per sé e continuare a fare
la grande vita senza spendere una lira? Sarebbe stato quello il
suo meritato guadagno: d'ora in poi avrebbe viaggiato nel tempo e
nello spazio senza spendere denaro, sparendo all'improvviso un
momento prima di pagare il conto. Il suo geniale intelletto lo
stupiva sempre più tanto da fargli credere che, dopo quei due
brevi passaggi tra una dimensione e l'altra, si fosse potenziato,
fosse diventato più brillante, più spregiudicato. Insomma, Tim si
sentiva straordinariamente intelligente in quel momento!
L'unico problema ancora da risolvere era il modo in cui tenere
nascosto a tutti il suo segreto e la macchina del tempo. Non
poteva certo spostare tutto l'ingombrante, e pesantissimo,
materiale dal laboratorio a casa sua e quindi l'unica alternativa
era nascondere il tutto all'interno del laboratorio stesso. O,
addirittura, acquistare il laboratorio ed usarlo come copertura.
Chi mai avrebbe sospettato di un onesto laboratorio fisico con
pochi impiegati, uno più idiota dell'altro? Ma per fare ciò
serviva del denaro e Tim non ne possedeva. Ed è qui che entra in
gioco il suo incredibile intelletto: quando Tim ha bisogno il suo
straordinario cervello interviene! Si sarebbe fatto proiettare in
una banca di notte, all'interno del caveau. Nessuno lo avrebbe
visto entrare e nessuno lo avrebbe visto uscire. Avrebbe prelevato
il denaro e sarebbe scomparso nel giro di pochi minuti. Gli unici
problemi erano programmare alla perfezione la macchina, perché Tim
fosse proiettato esattamente all'interno del caveau e ci fosse
rimasto solamente per qualche minuto, e comprare un passamontagna.
Nulla di più semplice per Tim.
Ora il laboratorio era suo. Anzi, era di una società fantasma a
suo nome, ma nessuno avrebbe potuto scoprirlo. E poi, anche se
qualcuno lo avesse fatto, Tim sarebbe tornato indietro nel tempo
per modificare il nome della società e così non sarebbero mai
potuti risalire a lui. Si sentiva un vero e proprio genio. Ma,
d'altronde, lo era!
E così Tim era pronto per il suo secondo viaggio: Maldive o
Bahamas? Beh, anche Zanzibar non era male. E che dire di
Maurizios? Tim decise di visitarle tutte queste splendide isole.
Oramai non c'erano più ostacoli e Tim avrebbe potuto realizzare il
suo sogno: vivere ogni sei mesi in un'isola tropicale deserta,
senza far nulla, coccolato da tutti. Poteva ancora utilizzare il
sistema che aveva adottato alle Canarie, ma in fondo era più
facile e conveniente "prelevare" altro denaro in qualche altra
banca e farsi trattare da gran signore. Chi più di lui poteva
meritarselo?
Prima di partire per il suo lungo viaggio Tim fece un'altra
visitina notturna nel caveau di una banca, ma questa volta ne
scelse una lontana dalla città in cui viveva. Tutto andò
naturalmente liscio come l'olio e Tim poté quindi partire alla
volta delle sue tanto adorate isole tropicali. Con le tasche piene
zeppe di soldi ed un conto in banca da miliardario si diresse alla
volta delle Maldive inteso a godersi la vita a più non posso. Ma,
dopo solamente due settimane, si ritrovò nella stanza del suo
laboratorio in cui c'era la macchina del tempo. Cosa non aveva
funzionato?
Era buio - il che significava che lì era notte - e non c'era
traccia di malfunzionamenti. La porta, però, era aperta e questo
voleva dire che qualcuno era entrato ed aveva manomesso la
macchina. Erano pochi gli addetti che lavoravano in quel
laboratorio e Tim pensò che sarebbe stato facile scovare il
sabotatore. E sarebbe stato ancora più semplice sbarazzarsene: Tim
si sarebbe fatto proiettare indietro nel tempo ed avrebbe cambiato
qualcosa nella vita di quell'uomo, quanto basta per farlo stare
alla larga da quel laboratorio. Poteva impedirgli di essere
assunto dalla società che gestiva il laboratorio prima di lui,
poteva far sì che trovasse un altro lavoro prima di accettare
quello, ma erano tutte cose di una certa difficoltà. Sarebbe stato
più semplice impedirgli di prendere la laurea o fargli avere un
incidente d'auto. Oppure Tim avrebbe potuto ucciderlo quando era
bambino: sarebbe sembrato un incidente. Avrebbe anche potuto
fregarsene e sparare un colpo alla madre quando era incinta, ma
Tim sentiva di avere ancora una sua morale. Non ce l'avrebbe mai
fatta. Così decise di appostarsi in quella stanza per scovare il
ficcanaso. Dopodiché si sarebbe fatto proiettare in un tempo in
cui il vigliacco era indifeso ed avrebbe provocato un incidente
che gli avrebbe fatto perdere la vista o l'uso delle braccia.
Comunque giurò a se stesso che non lo avrebbe ucciso. In fondo era
l'unica cosa da fare e Tim non aveva mai commesso nessun crimine
in vita sua: per una volta poteva soprassedere alla sua moralità.
Il giorno seguente Tim si appostò nel laboratorio e notò che il
suo capo - che in realtà era un suo subalterno! - aveva scoperto
la macchina. Ovviamente non ne aveva compreso l'utilizzo, ma per
precauzione, e per evitare che qualcun altro lo scoprisse, Tim
decise di agire subito, la notte stessa, e di nascondere in
seguito la macchina in modo che sembrasse solamente uno dei tanti
strumenti che si utilizzavano in quel laboratorio. Praticamente
nessuno lì dentro, tranne per l'appunto il direttore, conosceva il
funzionamento di ogni singolo macchinario e ciò, unito al fatto
che Tim avrebbe fatto in modo di diventare lui stesso il
direttore, era per lui di grande aiuto.
Tornò al laboratorio dopo cena, come al solito, e programmò la
macchina in modo che lo proiettasse all'epoca, e nel luogo, in cui
il suo "futuro" direttore aveva quattro anni. Una volta giunto a
destinazione fece delle indagini e riconobbe in un rachitico
secchione l'uomo che gli avrebbe procurato tutti quei problemi.
"Chissà perché sono sempre quelli più intelligentoni a metterti il
bastone fra le ruote!" pensava Tim mentre osservava il bimbo che
girava in tondo con la sua bicicletta. "Chissà perché poi devono
rompere le palle sempre a me!". L'espressione di quel bimbo
innocente provocava in Tim una sensazione ributtante di odio
profondo che gli saliva dal collo fino alla testa e poi scendeva
giù di colpo fin dentro lo stomaco. Quell'innocenza che sembrava
chiedergli pietà faceva crescere in lui un violento ribrezzo per
tutto ciò che non gli aveva permesso di vivere la vita a modo suo.
Ed adesso che finalmente ci era riuscito non avrebbe di certo
permesso a nessuno che gli fosse tolta l'unica possibilità di
essere felice. Sentì di colpo una forza strana che si impossessò
del suo corpo, una forte e decisa coscienza di sé e delle sue
possibilità. E di colpo l'anima di Tim si svuotò, così come quando
viaggiava nel tempo, ed il suo cervello iniziò a percepire il
mondo esterno senza poterlo controllare. Le sensazioni che Tim
provava, senza poterle in alcun modo fermare, erano le stesse che
sentiva quando, all'interno della sua macchina del tempo, stava
per fare il balzo che lo avrebbe portato in un altro luogo, in un
altro tempo. Il cervello cadde in uno stato catatonico dal quale
Tim non seppe, e non volle, uscire. Percepì il suo corpo in
movimento, ma non seppe indovinarne la direzione. Poteva vedere e
sentire ciò che gli stava attorno, ma non aveva la più pallida
idea di dove stesse andando. O di cosa stesse per fare. Tim
sentiva tutto, ma non capiva nulla. Poi il buio.
Una debole luce sveglio Tim dal suo sonno profondo. Cercò dentro
di sé tracce del suo recente passato e poté così constatare che
ricordava benissimo tutto ciò che gli era appena successo. Non
aveva potuto controllare il suo corpo che si dirigeva verso il
bambino guidato dal suo cervello che prendeva iniziative senza
preoccuparsi della reazione di Tim. Ricordava di aver afferrato il
bimbo con forza e di averlo stretto forte a sé fino a ché non si
era messo a piangere. "La mamma non c'é? Ora nessuno ti può
aiutare, sapientone! Siamo solo io e te ed io sono incredibilmente
più forte. E più intelligente, non credi?" ricordava di aver
pensato in quel momento. Poi, come in un lampo di genio, si
diresse verso la strada statale che passava a pochi passi da lì e
gettò il bambino sotto un TIR che stava transitando in quel
momento a grande velocità. Dopodiché non ricordava più nulla, solo
una debole luce che lo aveva svegliato. Cosa era successo? E dove
si trovava ora?
"La scienza non ci dice come comportarci nel caso in cui potessimo
viaggiare indietro nel tempo. Sappiamo solo che in teoria si può
fare, ma che tutte le piccole modifiche provocate dal nostro
essere in un luogo in cui non dovremmo essere tendono a far
prendere al destino vie completamente diverse da quelle che ci
aspettiamo. Tornando indietro nel tempo a cambiare le cose
potremmo trovarci al nostro ritorno in un mondo completamente
diverso da quello da cui siamo partiti. Quindi ogni nostra azione
è potenzialmente, in questo caso, una bomba ad orologeria che
rivoluziona nel tempo l'evoluzione del mondo". Queste parole
riecheggiavano nella mente di Tim che ricordava di averle lette in
qualche romanzo di serie B nella sua tormentata infanzia.
Ragionandoci sopra Tim capì di aver commesso un grave errore:
aveva apportato una grossa modifica nel passato - la morte di un
bambino che non avrebbe dovuto morire - e ciò significava che il
futuro sarebbe cambiato. Cosa ne era stato della sua macchina del
tempo? Probabilmente nel nuovo futuro, ridisegnato dalla sua
azione, non ci sarebbe stata nessuna macchina del tempo ed è per
questo motivo che Tim era scomparso all'istante alla morte del
bambino. Ma questo significava che allora poteva anche non essere
nemmeno stato un impiegato in un laboratorio fisico. E questo
poteva anche dire che in questo nuovo mondo la vita di Tim sarebbe
stata diversa. Avrebbe potuto vivere a modo suo, viaggiare e non
fare nulla per tutta la vita. Forse aveva ottenuto anche di più di
quello che sperava!
Seppe dal suo vicino di cella che erano trascorsi oramai sei anni
dal suo arresto: Tim aveva ucciso un altro barbone per prendergli
il suo unico tozzo di pane. "La sopravvivenza è difficile in
questa giungla" ripeteva il suo vicino "è logico che abbia la
meglio il più forte. Anch'io sono dentro per lo stesso motivo, ma
non ho ancora capito cosa ho fatto di male: se non lo facevo io,
lo avrebbe fatto quel maledetto in un altra situazione. Un tozzo
di pane è la vita. Se ce l'hai, altrimenti...".
Tim aveva trascorso sei anni in quella gelida cella rischiarata
dalla debole luce che lo aveva risvegliato pochi minuti fa. In
fondo poteva anche dirsi fortunato perché non ricordava nulla di
tutto ciò: era come se non avesse mai trascorso nemmeno un minuto
in quel lurido posto. "Ce ne rimangono solo altri sei Tim MacHine.
Coraggio ti vedo un po' giù oggi. Vuoi un tozzo di pane?"
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